Finora ho sempre scritto di libri che mi sono piaciuti, che
mi hanno entusiasmato o lasciato qualcosa dentro. Non mi sono ancora
concentrata sugli autori, solo per questione di tempo, e di risorse finora
limitate. In attesa di mettere in campo altre risorse più complicate, rifletto
a ruota libera, come sempre, su due autrici che ho avvicinato recentemente. Sono
entrambe prolifiche, anglosassoni, ed entrambe si sono riallacciate a Jane Austen
e ai suoi romanzi. Si tratta di P.D.James e Amanda Grange. Nel primo caso, Una
notte di luna per l’ispettore Dalgliesh e Mr Darcy, Vampyre, per il secondo.
Cos’hanno in comune questi due libri, da riunirli in un post unico? Mi hanno
lasciato perplessa. Non riesco ancora a capire se mi sono davvero piaciuti. Non
posso dire che mi abbiano fatto orrore. Ma non posso nemmeno dire di averli
amati, o che in futuro li rileggerò sicuramente. Quando rimango bloccata in
questa situazione di mezzo, cerco di capire un po’ meglio chi sono gli autori,
o le autrici, in questo caso, se non dispongo in casa di un altro titolo a loro
nome. Cominciando da P.D.James, Phyllis Dorothy
James, scrittrice e membro della Camera dei Lord, scopro che è prolifica, e
soprattutto di thriller. L’anno scorso era nominata continuamente per Morte a
Pemberley, una sorta di continuazione di Orgoglio e Pregiudizio, che inizia sei
anni dopo il sospirato matrimonio tra Darcy ed Elizabeth. Poiché il battage del
marketing funziona al contrario, con me, non ho cominciato subito a leggere
questo libro (che avrebbe potuto essere paragonato più facilmente a Mr Darcy, Vampyre,
vista la coincidenza dell’argomento), ma il thriller Una notte di luna per l’ispettore
Dalgliesh. Mi sembrava un’introduzione adatta al mondo della James, per cercare
di capire chi fosse l’autrice che osava costruire il seguito di una pietra
miliare della letteratura inglese. L’ispettore Dalgliesh, per P.D.James, è il
Poirot di Agatha Christie, sebbene più moderno, inglese nel midollo, e con uno
strano talento per scrivere poesie. E’ una caratteristica che indica già la
presenza di qualcosa di originale; per quanto siamo abituati a tutta una serie
di poliziotti dai romanzi e dalle serie televisive, inglesi, americani,
tedeschi, siciliani, pugliesi, belgi,ciascuno con un suo vezzo, non avevo
considerato che un essere umano di professione investigatore potesse coltivare
un canale così sensibile verso la vita. È la prima stranezza che fa capire che
questo libro non è la solita storia criminale. L’ispettore Dalgliesh deve
recarsi sul promontorio (immaginario) di Larksoken, lungo la costa
nord-orientale del Norfolk, in Gran Bretagna (reale), a prendere possesso di un
mulino ereditato da sua zia Jane. L’occasione è buona per poter fare una breve
vacanza, lontano da tutto e tutti, nel silenzio di una località pressoché
sconosciuta. Purtroppo non sarà affatto così. Il suo arrivo viene accolto da
una serie di crimini e intrighi: un serial killer, il Fischiatore, che prende
di mira donne e ragazze sole, una centrale nucleare che provoca scontenti all’interno
e all’esterno di sé, nel personale che la mantiene, causando un misterioso
suicidio, e nel villaggio circostante, dove abita un ambientalista deciso a
cancellarne la presenza. La località silenziosa e tranquilla delle aspirazioni
dell’ispettore non esiste affatto, nella realtà. Da questo momento, prende
avvio una vicenda piuttosto complessa. Non solo per le azioni che
effettivamente si svolgono, ma anche perché le persone coinvolte sembrano aver
tutte qualcosa da nascondere, e sono tante. Il Fischiatore verrà scoperto quasi
subito, e liquidato piuttosto in fretta: l’autrice non si sofferma sull’orrore
delle cause che lo hanno portato a far scempio delle donne che assaliva. Il
serial killer è una presenza preoccupante perché condiziona gli umori e le vite
del villaggio, ma non spadroneggia mai nel libro. Viene accantonato abbastanza
presto come un evento di secondaria importanza. C’è un’atmosfera di attesa e di
crescente tensione dovuta alla centrale nucleare, al suo staff, al suicidio
misterioso di un giovane ingegnere che vi lavorava, che ha provocato sussulti e
rivolgimenti anche gerarchici. Un’enigmatica coppia di fratelli, un uomo, il
direttore della centrale, e sua sorella, una scrittrice di libri di cucina, che
ha lo stesso agente letterario in comune con l’ispettore, attirano presto l’attenzione.
C’è un peso passato nelle vite di queste due persone, entrambe indipendenti,
sicure di sé, con buone realizzazioni esteriori, che le rende distruttive, ciascuna
a modo proprio. L’ambientalista deciso a cambiare il mondo vive isolato in una
roulotte, cercando accuratamente di nascondere ai genitori i veri motivi che
gli impediscono di metter a frutto la laurea conseguita e la creazione di una
vita più dignitosa di quella che sta vivendo nelle condizioni attuali. A questo
si aggiunge una misteriosa ragazza madre, arrivata dal nulla a installarsi con
lui nella sua roulotte, con un bambino di pochi mesi dall’altrettanto
misterioso padre. A prima vista sembrano elementi diversi, discordanti, cosa c’entreranno
mai l’uno con l’altro? Ciascuno ingarbuglierà con i fili della propria vita
quelli degli altri, fino a spezzare la finta facciata tranquilla, e risolvere
almeno una parte della complicata vicenda. Quello che mi rende perplessa è che
quando ho chiuso il libro, avevo più domande di quando l’ho aperto. Ci sono
personaggi su cui l’autrice ha sorvolato, facendoci solo scorgere un lampo di
orrore, prontamente richiuso sotto la superficie. Di altri, lei non chiarisce
mai la reale provenienza, e prima che possiamo fare domande indiscrete, li
elimina, o fornisce una spiegazione sbrigativa e perentoria. L’atmosfera
generale, che avvolge persino lo stesso ispettore Dalgliesh, è sostenuta da una
sorta di squallore di vita, da cui tutti distolgono lo sguardo, appena
possibile. L’idea di fondo è che la vita di per sé sia un fluire banale e senza
senso di condizioni che sballottano le persone qua e là, facendole incagliare
profondamente tra gli spuntoni di rocce nelle rive, impedendo loro di coltivare
la speranza e di conseguenza le forze, per liberarsene. Manca una reale
speranza di farcela, una reale gioia di vivere pura e semplice, in questo
libro.
P.D. James… avevo letto forse morte in seminario – o qualcosa del genere – lo scorso millennio. Il libro non è più nella mia collezione né nella mia memoria, segno che non avevo gradito.
RispondiEliminaHo letto recentemente “Morte a Pemberley” da te nominato e mi sono ricordata qual era il problema, anzi, più di uno.
Primo, il più “grave”: lo stile ed il linguaggio. Le frasi sono eccessivamente lunghe e contorte per i miei standard.
Poi i personaggi. Mi ha stravolto il colonnello Fitzwilliam, tanto per citarne uno. E lo stesso finale… insomma, preferisco altri scrittori.
...ah, addirittura? Uhm, scende la voglia di leggere questo libro. Però, conservo ancora qualche curiosità. Per essere britannica, scrive alla mediterranea, con troppi arzigogoli. E lascia troppe domande in sospeso, non mi è piaciuto molto. Per una cosa che risolve, due vengono lasciate lì...
Elimina…e la domanda torna: stelline, cuoricini e tutto l’ambaradan sarebbero “romanticismo”?
RispondiEliminaUn po’ di “peperoncino” grondante melassa sarebbe “romantico”?
…(censura)…
Comunque, sai che se la tua peristalsi dovesse indire uno sciopero per andare a spasso con la mia, conosci l’indirizzo: scaffali a tua disposizione!
Secondo alcune autrici, temo proprio di sì. Non ci sarebbe nulla di male nelle stelle e nei cuoricini...ma quello che non amo è l'insistenza su questo aspetto, che è innamoramento, più che amore. L'amore è oltre questo, e comprende qualcosa di più grande, fatto anche di quotidianità, di superamento di limiti, rabbie e incomprensioni, accettazione di lati oscuri. E quello che amo ancora meno è l'insistenza su frasi del tipo: non posso vivere senza di te. No, questo è attaccamento, e ritenendo che l'amore sia principalmente questo, si alimentano sofferenze inutili.
Eliminaquello di pd james l'ho letto anni fa ma non mi era dispiaciuto.. dovrei andare a rileggermi la recensione che avevo scritto ai tempi.. sicuramente non mi è rimasto impresso come uno dei più bei libri letti ma non lo "butterei via"
RispondiEliminaNo, nemmeno io. Penso, però, che non lo rileggerò...
EliminaAlmeno, non a breve: le cose cambiano. :-)