Guardando distrattamente i film in tv, ne ho visti un paio
tratti dai libri, per cui si è riacceso l’interesse per l’annosa diatriba
#libro o film. Uno era Shining, tratto dall’omonimo libro di Stephen King, il
primo che ho letto della sua inarrestabile produzione, e che mi ha impedito di
dormire serenamente per un paio di notti. Ho visto il film diversi anni fa, e
di nuovo ho ripetuto l’esperienza della notte agitata. Questa volta ho passato
il turno. Come si fa, del resto, a restare indifferente di fronte agli sguardi
allucinati di Jack Nicholson? Al pari di John Malkovich, quell’uomo riesce a
essere inquietante e scomodo anche quando è in pieno giorno e chiede che ore
sono.
L’altro film è Thor, trasmesso ieri sera. A questo punto si
scatena una ridda di pensieri sparsi e confusi. Thor, e la mitologia norrena,
sono uno di quegli argomenti che necessariamente devono entrare nella mia vita
di lettrice. Al pari dei vampiri (che ritorneranno molto presto su questi
schermi, liberi da qualunque costrizione futura), draghi/geishe/streghe/ciclo
arturiano/samurai/divinità di ogni pantheon/..., leggo qualunque cosa sia
pubblicata, per viverla, conoscerla, discuterla, confrontarla, ammirarla,
accettarla o respingerla. Così funziona il Furore con me. Sapevo che il film di
ieri sera non si sarebbe basato sul Thor mitologico dei carmi eddici, quanto
sul fumetto anni ’60
edito dalla Marvel. Qui rischiamo il primo forte deragliamento verso i
fumetti...li riprenderò, eccome se lo farò. Non sono immune nemmeno da quelli.
Tuttavia, quello che non sapevo, era che la regia era di Kenneth Branagh, un
signor attore shakespeariano.