Un libro che arriva direttamente dalla settimana di paura
Rosta-Buttigliera appena conclusa. Il suo autore, Davide Pappalardo, è stato
sabato scorso con noi a parlare di un collega nordico, Jo Nesbø, e del suo
libro, Il confessore. Abbiamo imparato a conoscere qualcosa di lui attraverso
la lettura, richiesta, di un romanzo altrui, mentre ora ci concentriamo sulla
sua scrittura e sul suo messaggio.
Mentre scrivo, Buonasera (Signorina) è finalista al premio
Garfagnana in giallo, per la categoria ebook: piuttosto emozionante, no? E tra
pochi giorni scopriremo il successo che ha questo libro interessante.
Il titolo prende le mosse proprio da uno dei più famosi
“Buonasera” pronunciati e cantati sul territorio nazionale, ovvero quello di
Fred Buscaglione, artista torinese di carattere originale, uno di quelli che si
ricorda a lungo. Il teatro delle operazioni, invece, è Milano, pieni anni ’70.
Per la precisione, iniziamo a vivere nel libro nella notte
del 23 dicembre 1970, quando in una palazzina non troppo appariscente di corso
Magenta, il braccio destro di un gangster dal nome esotico e le radici
napoletane, Jo Le Maire, viene trafitto da ventisette feroci coltellate, ad
opera di sicari silenziosi e spaventosamente efficaci, spietati. Un regolamento
di conti? Una vendetta? La conclusione un po’ drastica di un affare? Iniziano
le indagini pescando nel mondo torbido dalla facciata ripulita di una certa
malavita milanese. Non è solo la polizia ad essere impegnata sul campo, ma
anche un ex delle loro file: Libero Russo, che dopo essere uscito con ignominia
dalle Forze dell’ordine a causa di un avvenimento traumatico dell’anno prima,
sta cercando di riciclarsi come investigatore privato.
Senza troppo successo, a giudicare dal quadro che dipinge di
se stesso, della caricatura di casa in cui vive da solo in compagnia del suo
gatto, in condizioni a dir poco tragiche: frigo vuoto, mobili ridotti all’essenziale
e nemmeno troppo sani, squallore ovunque. L’unico tocco di colore e di
leggerezza proviene dalla musica di Fred Buscaglione, cui l’uomo ricorre molto
spesso. Clienti… beh, forse è meglio parlarne in un altro momento.
Davide Pappalardo a Buttigliera |
Libero viene tirato di peso nelle indagini, poiché qualcuno
lo ha indicato come l’esecutore del delitto; se non scopre al più presto la
verità, si troverà altrettanto presto a contraddire anche concretamente il suo
nome di battesimo.
Chi vuole incastrare Libero? E perché?
Non riscuote molto sostegno nella sua attività di
riscattarsi da un’accusa totalmente infondata, però. I suoi ex colleghi non
perdono occasione di riversargli addosso scherno, disprezzo e rabbia a causa di
quell’evento orrendo dell’anno prima, di cui lo ritengono principale
responsabile. E per questo assolutamente e irrimediabilmente indegno di
perdono, o di accettazione. Solo uno dei suoi vecchi compagni di squadra, l’ingombrante
Marione, è disposto a farsi vedere con lui e ad aiutarlo in questa situazione
da incubo.
Unica nota rosa e gentile, la prostituta Martina, che gli è
vicino a letto, ma anche in una piccola parte delle sue indagini per salvarsi
la vita, prima di sbiadire sullo sfondo.
Quello che salta agli occhi è che Libero non è un uomo
libero, se non nel nome. Inchiodato ad un trauma, quello del 3 giugno 1969, che
coinvolge anche la donna amata all’epoca, una combattiva Clelia dai lati oscuri
imprevedibili, sembra ostinarsi a volerlo ricordare ad ogni respiro, ad ogni
parola detta da sé o da altri, in ogni volto femminile incontrato. E a volerlo
mettere in pratica: ogni azione intrapresa nelle sue indagini procura
sofferenza alle pochissime persone che hanno ancora una parola o un pensiero
gentile per lui, oltre a farlo precipitare sempre un po’ più a fondo nella
melma malavitosa in cui si è ritrovato.
Una creatura tragica, auto-sabotatrice e un po’ portatrice
di iella, questo Libero, allora?
No, e lo si vede subito. Per quanto le condizioni esteriori
non prevedano ambientazioni da sogno, un ufficio lindo pieno di collaboratori
affaccendati dietro i clienti danarosi di Libero, rapporti interpersonali all’insegna
della fiducia, dell’allegria e dell’ottimismo, si intuisce in lui una certa
vena di disincanto leggero, una tendenza a sdrammatizzare anche la pennellata
più nera, l’evento più triste. E anche la riluttanza a credere nelle sue
capacità e nel suo intuito. Non sembra piacergli l’idea di essere davvero in
grado di fare qualcosa. Almeno apparentemente. Non dimentichiamo che siamo in
un thriller, dove tutti fanno del loro meglio per apparire diversi da come
sono, e di nascondere le loro azioni, fino alla fine.
Libero è molto occupato a tenere a bada i propri demoni
personali, in modo che non passino il confine, e lo fa con il suo senso dell’umorismo
anche tinto di nero. Non si arrende, nemmeno quando si vede circondato dal
disprezzo altrui, e intorno ha solo squallore. Il suo sguardo indugia sul gatto
che lo affianca nel suo appartamento da incubo, facendo salire un commento
spiritoso sull’atteggiamento del felino. Le sue mani infilano il disco di
Buscaglione sotto la puntina del giradischi in automatico, mentre la sua mente
ne prende la musica per rilassarsi e funzionare meglio.
Quando penso a questo thriller, mi viene in mente una
galleria di ritratti, che spiccano su una vicenda complessa e ben costruita di
azioni criminali. Tutti i personaggi sono caratterizzati nei particolari:
gergo, sguardi, abbigliamenti, gesti, sono accurati e nitidi, e per questo sono
vivi. Li sentiamo arrivare prima che Libero li veda o li ascolti davvero. Li
ascoltiamo parlare e riusciamo a capire dove vogliono arrivare, come se ci
sussurrassero all’orecchio. Per qualcuno proviamo davvero pena, come una coppia
di genitori anziani, angosciati dall’aver perso la figlia, inghiottita tra le
prostitute della Milano dei nightclub equivoci.
Questa vivacità in personaggi di carta (o bit, se vogliamo
considerare l’ebook) arriva diretta dalla forza espressiva e dall’accuratezza
della personalità di Davide Pappalardo. Se andate oltre il suo sorriso gentile
e ascoltate le sue parole, e il suo modo di comunicare, sentite la competenza
nella scrittura e nella ricerca documentaria, delle fonti, e la capacità di
collegarli in un modo nuovo per far nascere l’impianto di una storia nuova,
credibile e articolata come questa salutata da Fred Buscaglione.
Perciò, se volete tingere di giallo le vostre serate e
chiudere il libro sentendovi soddisfatti e “pieni”, di pensieri, immagini,
riflessioni, spunti, e anche di divertimento un po’ nero, qualche volta, è il
libro che fa per voi. E se lo accompagnate con il saluto cantato del Buscaglione,
la magia è completa.
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