lunedì 21 agosto 2017

Del Furore Di Leggere A Multipli o La Cintura di Orione.

LoreGasp

La Cintura di Orione in una simulazione al computer

La Cintura di Orione indica tre stelle particolarmente brillanti, all’interno della folta costellazione di Orione. Apparentemente non avrebbe niente a che fare con la questione della lettura, se non ne è argomento, ma è un’espressione che mi è venuta in mente un giorno mentre guardavo tutti i libri del mio tavolino di lettura, e quelli che ho impilato in zone diverse di casa mia. Scherzando, mi dissi che se li avessi messi uno dietro l’altro, avrei eguagliato la lunghezza della Cintura di Orione… e da allora uso il nomignolo ogni volta che parlo della mia lista di lettura.

Perciò, mi è venuta voglia di praticare buchi nella cintura stellato-libresca, andando avanti spedita con i libri che la compongono. Sono curiosa di vedere quanto ci impiego a smaltirli, e sono impaziente di fare spazio per altri volumi e argomenti nuovi, senza l’affanno degli arretrati. E per far questo, ho cominciato a leggere a multipli, selezionando gruppi di tre libri che, ad un primo sguardo e intuito, potrebbero andar bene insieme.

È iniziato come un gioco ed un esperimento.

In una tarda serata di caldaccio infernale insopportabile e persistente, mentre sedevo sul divano sotto il vento incrociato di due ventilatori, accanto a quattro pile di libri, ho cominciato a guardarli con insistenza per capire chi dovessi pescare. Ne ho preso uno (Verso domani, seconda uscita fresca fresca di Jolanda Pergreffi), pensando di essere a posto. Per i primi cinque minuti, almeno. E poi l’intuizione. Guardo di nuovo e ne tiro fuori altri due: Il giardino dell’orco, Leïla Slimani, e Il confine dell’ombra, di Gianluca Arrighi. Perché questa scelta?

Ho seguito quello che “segnalavano” i libri. Oltre all’annoso bisogno di smaltire la famosa Cintura di
Orione di Libri, ho voluto giocare con i loro titoli e con quello che mi ispiravano i loro titoli. Gli argomenti hanno poi mostrato qualche affinità, e lo si vedrà meglio nei post singoli che dedicherò a ciascuno di loro. In questo terzetto, sono i rapporti interpersonali e i sentimenti, l’incapacità di superare barriere. Barriere verso se stessi e verso il mondo. Adèle, nel suo giardino dell’Orco, è una moglie della buona società franco-parigina, sposata ad un medico apprezzato, con un lavoro stimolante, e un appartamento di buon gusto a Parigi, e un figlio bambino. Tutto bello, infiocchettato? Nemmeno un po’. Del marito apprezza forse solo la presenza, ma non il corpo o le maniere, del figlio si accorge ogni tanto, del suo lavoro non ha rispetto, così come dei suoi colleghi. È interessata a qualcosa, Adèle? Forse dei corpi degli uomini con cui entra in relazioni mordi e fuggi, da predatrice scocciata e mai sazia… ? No, in fondo nemmeno quello. È in cerca di una prova di essere in vita, Adèle. La trova?

Cinzia di Verso domani, è la bimba di nove anni più indifesa e più forte al mondo. Sballottata da una zia-madre dal Nord austero del secondo dopoguerra al Sud compassato della nobiltà siciliana, si convince subito di non poter essere amata, perché non lo merita. Ma questa è una bugia, e la sua fondamentale integrità di anima bella le fa oltrepassare giudizi, incomprensioni, rifiuti. L’amore che è in grado di provare, e di cui non si accorge, arricchisce lei e chi le sta intorno. Siamo su un altro pianeta, rispetto ad Adèle.

Il confine dell’ombra segna il momento in cui l’amore perde l’aura dorata e si tuffa nel nero più profondo del cuore umano. Si trasforma in un Orco… come l’assassino seriale che qui punisce con severità, e si diverte alle spalle delle Forze dell’Ordine. È un po’ più crudele e inesorabile di quello uscito dal giardino di cui parlavo poco fa.

Poiché l’esperimento mi è piaciuto una volta, l’ho ripetuto la seconda.

Marmellata rossa (Marco Ieva), Santa Ilde di Porta Palazzo (Giuseppe Giordano), e Vento e sabbia (Domenico Infante) si sono presentati. Questo avrebbe dovuto essere l’ordine di lettura del trio… che ad un certo punto è diventato un quartetto. E poi un quintetto. Tra uno spazio e l’altro dei volumi, si sono insinuati Le strane abitudini del caso di Giuseppe Pompameo e L’ospite di Stephenie Meyer. Del resto, perché fare sempre le cose come ci si aspetta? Variamole un po’.

In questo terzetto-quartetto-quintetto, il filo rosso diventa psichedelico. Lisergico sarebbe la parola più adatta, entrando nell’ambito delle allucinazioni. Non certo perché sono libri che parlano di stati allucinatori, ma esplorano quei lati in ombra della realtà cui siamo abituati, quei lati che di solito mettono a disagio, e che si etichettano velocemente come “fantasie”, “roba campata in aria”.

Marmellata rossa si spalma lungo tre vite di giovani uomini a Torino, intorno alla Mole Antonelliana. Senza tema di fare spoiler, posso dirvi che la Mole non è un portale per altri mondi. Almeno non in questo romanzo. Ma è la co-protagonista silenziosa che attira a sé Giacomo, Marco e Stefano, in tre periodi diversi (1985, 2015, 2040), e con vite diverse. In ognuna di queste, però, fa da catalizzatore per una vicenda straordinaria, senza precedenti. A tal punto che… se si conosce Torino e la sua fama, non si può fare a meno di pensare che non poteva essere ambientata altrove.

Vento e sabbia e Le strane abitudini del caso si assomigliano. Non solo perché condividono formato e casa editrice, Scrittura e Scritture. Sono racconti di pezzi di vite straordinarie, desolate, ricche, bizzarre, magiche, forse un po’ inquietanti, in cui la fantasia dei due autori si è divertita a sovvertire tutte le leggi fisiche e temporali di questa dimensione… anche se apparentemente non sembra.

Le strane abitudini del caso ha un ulteriore elemento in comune con un altro libro, L’ospite: sono entrambi gli “intrusi” nel terzetto, e proprio mentre ero già passata a Santa Ilde. Capitano quei momenti, nella vita di un Lettore, in cui invece di tornare ai libri già aperti e in attesa, si fa una “piccola” deviazione verso quello ancora chiuso, anche solo per capire com’è, per sapere se poi possiamo leggere subito quello, o dopo… insomma, le Giustificazioni del Lettore sono ultra note: pescate quella che vi piace di più.

Con L’ospite ho guarito in parte la mia insonnia da caldana agostana, e aumentato i valori glicemici. Ho notato che la Meyer ha la tendenza a voler creare mondi in cui tutti devono vivere felici e contenti, allacciati e attraversati da sentimenti e legami d’amicizia e amore sempiterni, inossidabili, infrangibili. Ingombranti, a mio modesto e unico parere.
Sono questi libri che fanno sentire me un alieno, talvolta… anche se gli alieni, e non più vampiri e licantropi, sono davvero i protagonisti del romanzo. Una razza aliena ha quasi sterminato gli umani, occupandone i corpi, a parte qualche sacca di resistenza qua e là. La solita storia di creature extraterrestri brutte e cattive? No, tutto il contrario. Gli ospiti sono gentili, refrattari alla violenza, animati dal desiderio di creare, aiutare, vivere in pace. Eh, ma allora perché non li lasciamo fare? A giudicare dalle ultime notizie, sarebbero da invocare, invitare, andare a prendere, PAGARE perché arrivino in massa e ci invadano, senza lasciare le solite sacche di resistenza che danno poi origine a ribelli quasi indomabili, che finiscono per scombinare tutto.

La Meyer non la pensa così. Lo scoprirete.

Mi sono piaciuti i risultati dell’esperimento di leggere a multipli… penso che continuerò ancora per un po’. Del resto, ho ancora Santa Ilde da finire, ed è lei che chiuderà il cerchio.


Come sarebbe se leggere fosse un gioco infinito?

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