L’immaginetta qui accanto mi dà lo spunto per parlare della
questione dei film tratti dai libri. Sono meglio, sono peggio, sono fedeli al
libro, sono all’altezza delle aspettative…? Difficile rispondere. Ieri sera è
stata anche trasmessa la seconda parte de “I doni della morte”, l’ultimo film
che “visualizza” l’ultimo libro della saga di Harry Potter. Un ulteriore spunto
per decidere cos’è meglio, il libro o il film. Di primo acchito, direi che il
libro è quasi sempre meglio, per quanto i film siano realizzati benissimo, gli
attori bravi, gli effetti speciali mirabolanti. E gli esempi abbondano, anche “solo”
negli ultimi dieci anni. Partiamo pure dall’ultimo che ho citato, Harry Potter.
Sette libri e sette film, con gli stessi attori, di cui è quasi divertente
vedere la “crescita”, che in questo caso è soprattutto fisica: i bambini Harry
Potter e i suoi amici maghi si trasformano da bambini paffuti e un po’ spaesati
in adolescenti tormentati, arrabbiati, preoccupati. Man mano, le luci e le
atmosfere dei film si abbassano e diventano sempre un po’ più cupe, la speranza
si affievolisce, aumentano le cospirazioni, i delitti, i tradimenti, macchiando
il mondo di magia di Hogwarts. All’inizio Harry Potter è travolto dalla
scoperta di essere quell’”Harry Potter”, il sopravvissuto all’attacco feroce
dell’innominabile mago cattivo, viene catapultato in Hogwarts, scuola di magia
nel bel mezzo della campagna inglese (J.K.Rowling deve amarla particolarmente),
cui si arriva tramite un treno preso al binario 9 ½ di King’s Cross, normalissima
e umanissima stazione inglese, che nasconde in un muro la banchina da cui
prendere il mezzo magico.
Harry si trova nel castello della magia, circondato
da fantasmi, grifoni, draghi, elfi, mandragole, creature magiche di ogni tipo,
e la meraviglia per la scoperta di questa dimensione è grande e coinvolgente.
Man mano che la sua vita prosegue su questi nuovi binari magici, la
spensieratezza e l’euforia di vivere in un ambiente e in un mondo così
straordinari lascia il posto a paura, angoscia, preoccupazione, senso di
solitudine. Non si deve dimenticare il personaggio scomodo, Lord Voldemort, che
vuole tornare a finire un lavoro interrotto anni fa (lo sterminio della famiglia
Potter) e a impossessarsi del mondo. Nei film, le luci e i filtri usati sono
sempre più scuri, fino a diventare “sporchi” nell’ultimo, I doni della morte,
per esprimere questo progressivo cambio di atmosfera, man mano che il pericolo
diventa reale, e comincia a colpire duro nella vita di Harry. I draghi del Calice
di Fuoco, quando Harry è impegnato nel Torneo dei Tre Maghi (in cui incrocia
una versione giovane di Edward Cullen), sono spettacolari. Le partite di
Quidditch con le virate sulle scope volanti dietro al velocissimo boccino d’oro
erano realistiche, ed emozionanti. Tuttavia…i film mancano di qualcosa. Gli
attori sono convincenti, le ambientazioni fanno sognare, gli effetti speciali
una gioia per gli occhi. Ma non hanno la profondità del pensiero. Quando si
legge un libro, si entra dentro e ci si affianca al personaggio. All’inizio,
almeno. Poi, entri dentro il personaggio, e la sua mente diventa la tua mente.
Tutto quello che lui pensa, lo pensi anche tu, in qualche caso anche qualche
secondo prima.Tutto quello che lui prova, lo provi anche tu. Tu diventi il
personaggio, lo indossi, lo vivi, e lo lasci riposare, a malincuore, quando sei
costretto a mollare il libro per questioni trascurabili come mangiare, dormire,
far vivere rapporti umani decenti con altri membri della famiglia che
condividono la tua casa. Ma sei tu che ascolti i suoi pensieri, le sue
preoccupazioni, le sue gioie e i suoi
sentimenti, mentre leggi. Nel pacchetto di carta che tieni tra le mani, vive il
suo cuore che tu ascolti e fai battere. In uno schermo, il personaggio diventa
troppo distante, non lo puoi toccare, non lo puoi ascoltare. Daniel Radcliffe è
convincente come Harry Potter, ed è anche espressivo, tormentato, e ha una
bella voce (il suo doppiatore italiano, almeno). Ma non è la stessa voce che
gli dai tu quando lo leggi, non è la stessa espressività che gli presti tu
quando lo tieni tra le mani. Harry Potter perde una dimensione, quando vive
nello schermo: gli manca quella calda e viva del lettore che lo fa vivere, con
tutte le sue sfumature, ben oltre cinquanta.
http://www.youtube.com/watch?v=9Ooq7WPqd5s
RispondiEliminaLibro, sempre libro, fortissimamente libro!
Il cinema è nella mia testa: posso cambiare tutto ogni volta, mantenendo la trama dello scritto.
Un esempio semplice: Harry Potter, da te citato. So che è bruno, occhialuto e ha gli occhi verdi. Non sono obbligata a vederlo con la faccia di Radcliffe – per quanto possa essere un fanciullo gradevole alla vista.
E così con tutto il suo mondo, babbano o magico che sia. Dal primo all’ultimo libro…che ho cominciato a leggere ormai mentre usciva in Italia “Harry Potter and the Deathly Hallows” su TUA istigazione! (tu sai che detesto quella traduzione di hallows, vero?)
Adesso divago. Ricordi la domanda “cos’è romantico?” Guarda il regalo di Ada (mi ha regalato una canzone che amo parecchio) ed hai appena una vaga idea di cosa sia il romanticismo per me: (ehm, sempre che io riesca a fare il collegamento).
In effetti, anch'io lo vedevo con un'altra faccia, e non sempre coincideva con quella di Daniel Radcliffe. Ed è vero, non sei obbligata a prendere come riferimento quei lineamenti: la visione interna del suo viso è personale, e varia a seconda di chi sono gli occhi.
EliminaPer quanto riguarda la canzone, è una di quelle che piacciono molto anche a me, perché sono particolarmente evocative. Il ritmo trascina e calma. E penso di aver colto almeno un'idea di cosa potrebbe essere per te il romanticismo. Per quanto riguarda la mia idea di romanticismo, ho scoperto di non averla. Credo di rifiutare l'idea, la parola romanticismo, perché mi fanno venire in mente concetti e immagini di svenevolezza, mancanza di nerbo, scollamento dalla realtà. E' una visione mia, ovviamente, di cui sono totalmente e personalmente responsabile. Credo che risalga alle figure estenuate dei poeti romantici che studiammo a scuola: alcuni di questi mi davano pesantemente sui nervi con lo sbandieramento insistito della loro particolare "sensibilità", e se aggiungiamo lo stravolgimento da marketing del romanticismo con tutto il battage su San Valentino e cuoricini svolazzanti dappertutto, ecco confezionata la mia non-opinione del termine.
Questo perché tu studiavi veramente, mentre io facevo finta di studiare :-D…soprattutto i poeti, brrrr!
EliminaI poeti mi hanno sempre messo tanto alla prova. All'inizio era il loro modo di scrivere...ma dei, non si riusciva a capire una beata lenticchia, senza qualcuno che traducesse, ANCHE dall'italiano. Pazienza Dante, che era un po' in là come tempi, ed era ancora così vicino al latino, ma qualcuno del XIX secolo si esprimeva volutamente in una lingua tutta sua, per non farsi capire, se non da pochi eletti! Poi, ho cominciato a sentirmi un po' inferiore perché la loro sensibilità era così sfumata rispetto alla mia, per cui ogni tanto mi sentivo un po' zotica, non in grado di capire. La prosa mi era molto, molto più vicina. Al terzo stadio, ho deciso che la poesia non faceva per me, per cui calavo il velo insensibile sulle orecchie ogni volta che sentivo le parole poesia, poema, poeta, rima, sonetto, carme. All'Università qualcosa è cambiato, per cui la poesia non mi è più sembrata così inarrivabile e al di là di ogni comprensione. Tuttavia, resto della mia idea: prosa prima di tutto. Tra un romanzo, di qualunque genere, e una raccolta di poesie, mi butto sul romanzo.
Eliminahttp://adabrunason.blogspot.it/2013/02/un-regalo-per-marzia.html
RispondiEliminascusami, sto facendo esperimenti... falliti, credo.
Be', prova a guardare!
a proposito del film di HP...
RispondiEliminaoggi sono in fase REM.
Cosa c'entra? Quei film mi fanno dormire!
Mi hai rammentato che esistono (ronf)
Allora abbiamo trovato un buon rimedio contro l'insonnia...:-D
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