Ho già sostenuto più volte che senza Facebook mi sentirei un
po’ persa. Questa piazza virtuale, se presa a piccole dosi, e con gli elementi
giusti, porta alla scoperta di piccole e grandi perle. Poiché il furore d’aver
libri è una caratteristica trasversale, che si manifesta negli esseri umani di
qualunque sesso, età, lingua, razza, è bello ogni tanto andare a scoprire come
si concretizza, e cosa offre il panorama del libro internazionale. La pagina Book
Riot su Facebook ha pubblicato qualche giorno fa una recensione su un genere apparentemente
nuovo, la cosiddetta Amish Fiction. Mi ha incuriosito subito perché gli Amish
sono uno dei misteri più affascinanti della nostra terra. Più o meno, abbiamo
sentito parlare tutti di questa comunità di persone, di fede protestante, che
si stabilì in Pennsylvania a partire dal Settecento per sfuggire alle
persecuzioni nel vecchio continente, e che da allora si è letteralmente
cristallizzata in quel secolo, rifiutando la modernità in tutti i suoi aspetti.
Uomini e donne vivono in comunità agricole, accuratamente isolati dal mondo, lavorando, amando, pregando come si usava fare duecento anni fa. Una
sorta di macchina del tempo in forma umana, e su ampia scala. Il loro
isolazionismo ha funzionato su vasta scala, e non ha ceduto quasi per nulla, a differenza di quello in cui si rinchiuse il
Giappone per lunghi secoli, venendo poi spazzato via dalle prime “infiltrazioni”
americane. Le concessioni fatte alla modernità rientrano comunque nell’ambito ristretto della tradizione: se questa
non va contro la loro cultura, e si rivela utile e di valore, è ben accetta. Tuttavia,
per quanto ci possano essere contatti, sempre molto controllati, tra Amish e mondo esterno, nessuno può dire di conoscerli davvero bene. Quando ho letto il
titolo dell’articolo, Amish Fiction, mi sono stupita e mi sono precipitata a
leggerlo, poiché credevo di assistere ad un’ulteriore piccola/grande
rivoluzione nel mondo conosciuto. Pensavo che gli Amish si fossero aperti
ulteriormente, parlando e scrivendo di se stessi e del loro modello di vita,
decidendo di immergersi nel flusso temporale del XXI secolo. Leggendo, ho
capito che il punto di partenza dell’autrice era molto diverso. Amanda Nelson, questo il suo nome, parte a
constatare la formazione di due tendenze distinte nel 2012: una che fa capo
alle 50 sfumature, e l’altra all’Amish Fiction.
Insomma, se ho capito bene, si torna a quel babbeo di Aristotele: “tertium non datur”…
RispondiEliminauna via di mezzo, no, eh?
...per il momento sembra di no. Ed è la stessa perplessità che esprime lei, nel suo articolo. La via di mezzo, che dovrebbe essere quella migliore sotto tanti aspetti, è sempre quella più difficile da adottare!
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