Ho sempre avuto un debole per i romanzi che avevano a che
fare con il tempo, soprattutto quando si tratta di andare indietro. O per una
regressione tramite ipnosi, oppure per un superpotere o per semplice
immortalità, come Highlander. (Ricordate il film, con Christopher Lambert?)
Quando ho letto il titolo e la sinossi, pensavo che si
trattasse dell’avventura di un ennesimo immortale, magari ispirata proprio al
film appena nominato.
Si è rivelato, invece, qualcosa di più originale. E anche la
lettura ha rivelato aspetti originali di un tema già affrontato in tante salse,
lingue e maniere.
È la storia in prima persona di Tom Hazard, nato Estienne
Thomas Ambroise Christophe Hazard, il 3 marzo 1581, in Francia, in un piccolo
castello di proprietà dei suoi genitori. A causa di scontri religiosi (è il
periodo controverso della repressione degli ugonotti), la famiglia ripara in
Inghilterra, nel villaggio di Edwardstone nel Suffolk. Fin qui nulla di
particolare. A parte il fatto che, ai giorni nostri, Tom è ancora vivo per
raccontarci la sua storia.
Christopher Lamber, Highlander |
Se siamo rimasti a bocca aperta, invidiandolo anche un po’,
dopo alcune pagine cominciamo a ritrattare il nostro senso di meraviglia e
ammirazione.
Se è affascinante l’idea di essere stato in piedi vicino a
William Shakespeare in carne e ossa e poterlo raccontare nell’era degli
smartphone (dimenticandosi che è meglio non farlo comunque, per evitare
ricoveri forzati), e di poter girare per Londra ricordando che al posto del
supermercatino all’angolo sorgeva uno dei teatri più frequentati dell’era
elisabettiana, non lo è tanto quando ci si ricorda che contemporaneamente al
genio letterario viveva un’intera società di uomini profondamente e
irremovibilmente convinti dell’esistenza delle streghe.
E che Tom Hazard fosse il figlio di una di loro, se non un
mago lui stesso.
Ricordiamo tutti com’era l’atteggiamento generale nei
confronti delle donne sospettate di stregoneria?
Tom perfettamente, e per esperienza diretta.
Conoscere William Shakespeare... |
Scampato per un pelo al rogo e ad altre misure cautelari
(per gli altri) del genere, Tom si trova nella necessità di imparare
velocemente a vivere in un mondo feroce e spietato per i diversi come lui.
Incontra una giovane donna della sua stessa età (almeno apparente), se ne
innamora profondamente ricambiato. È un amore già condannato, ma questo non
impedisce ai due di viverlo con un’intensità moltiplicata, e anche tinta di
affanno, e di angoscia. In un’epoca sospettosa come quella, le persone si
accorgono prima quando c’è qualcosa di appena fuori dell’ordinario, e l’aspetto
immutabile di adolescente di Tom attira sussurri. Non ha mai smesso, in realtà.
Anzi.
Per una persona come lui, fermare il tempo diventa la meta
più desiderabile. Ed è quella la ricerca vera e propria, che si nasconde sotto
un’altra missione che si è preso all’epoca del penny elisabettiano che si porta
ancora in tasca. E alla fine comprende come può fare… ma dovrete leggere le
ultime pagine.
Quelle parole rappresentano forse l’unico momento sereno e
pulito di una narrazione sempre molto intensa, pervasa di rimorso, un sottile
senso di pericolo e di spada incombente sulla testa. E anche un pizzico di
humour, che stempera e fa ricordare che nonostante tutto, la situazione può
avere i suoi lati divertenti, anche grotteschi.
È un libro che si fa ricordare, quando lo si ripone sullo
scaffale. Fa pensare al rapporto con il tempo e quanto lo si mitizza, o lo si
elegga a tiranno, padrone, elemento sfuggente. E se ci fosse una possibilità
diversa di vivere il tempo? O di viverlo senza caricarlo di importanza?
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