Qualche giorno fa ho pubblicato sulla pagina Facebook del Blog una variante della Cintura di Orione in Libri: quella che raccoglie tutti
i libri che ho letto recentemente e che attendono un passaggio scritto sul Blog. Uno di questi è Io sono Egea,
di Chiara Pilat, pubblicato da Edizioni Convalle. Ho potuto incontrare e conoscere Stefania Convalle, titolare e
scrittrice, all’ultimo Salone del Libro #salto18 (e rieccolo). Stefania è una
donna versatile e molto in gamba: potrete rendervene conto nel momento in cui guardate
il suo catalogo, la seguite nel suo gruppo Facebook (Le Lettrici e i Lettori di Stefania Convalle), e leggete il suo blog.
Se vogliamo catalogare Io sono Egea, di Chiara Pilat,
potremmo dire velocemente che si tratta di fantasy. Nel momento, però, in cui
entriamo dalla porta del libro, cogliamo che è molto di più.
Siamo sulla Terra, nello stato americano del Maine. Egea è
una ragazza giovane, di diciotto anni. La sua età fisica è molto bassa, ma non
quella interiore: una malattia cardiaca, che le limita di parecchio la vita sociale
che normalmente si avrebbe, la costringe a poche passeggiate nella natura,
pochi incontri con gli amici, e libri da leggere. Dopo infinite terapie, mille
rapporti con i medici, Egea non nutre tante illusioni sulla propria guarigione
e sul fatto di vedere ancora molti altri giorni davanti a sé.
Fino ad una notte.
Egea non riesce a dormire, si affaccia alla finestra della
sua stanza e vede sfrecciare un bagliore intenso nel cielo: un corpo celeste
avvolto dalle fiamme che si schianta tuonando nel bosco vicino! Una tentazione
irresistibile: il suo cuore malato passa in secondo piano, e la ragazza si
precipita, letteralmente, a cercare il luogo della caduta.
Un asteroide? Un pezzo di stella, di Luna letteralmente
piombato dal cielo quasi sulla sua testa? Aiutandosi con la torcia dello
smartphone, Egea arriva ad una scoperta incredibile: un oggetto ovoidale,
rosso, grande quanto la sua stanza, conficcato in un cratere, emanante uno
strano gelo. Oh, qui c’è molto di più. Non è un semplice asteroide. La sua
sorpresa cresce a dismisura quando l’oggetto si apre e lascia emergere una
figura. Altissima, dalle forme umanoidi, la pelle bianca come porcellana e gli
occhi d’oro pulsante, un’aliena esce allo scoperto davanti ad una terrorizzata
e ammutolita Egea. Non riesce ad accennare un movimento, i suoi occhi seguono attenti
e strabiliati le mosse della creatura che allunga una mano verso di lei e…
vertigini, risucchio, buio.
Dopo qualche minuto di spaesamento, Egea riapre gli occhi,
comincia a muoversi e… oddio, oddio. Qualcosa non va. Il suo campo visivo
inquadrano un paio di braccia lunghe e bianche quanto la porcellana, un paio di
gambe assolutamente chilometriche, uno strano abito fatto d’oro. Non lo
inquadrano solo. Gli occhi le stanno dicendo che quelle braccia, quel corpo
alieno sono suoi, adesso.
Alzando lo sguardo, Egea vede se stessa, quella che ha
sempre visto e riconosciuto come se stessa, guardarla con una strana
espressione sogghignante (no, quella non è tipica sua) e allontanarsi.
L’aliena ha scambiato i corpi! Egea è nel corpo dell’aliena,
e lei nel suo!
Ma non fa in tempo ad alzarsi, correrle dietro, tentare di riappropriarsi di sé. Qualcuno l’aggredisce alle spalle e le sussurra con odio che non le avrebbe permesso di allontanarsi impunemente e che il Tribunale non stava aspettando altro che l’occasione di punirla come meritava, “ […], maledetta Thilyshke?”
Thil… cosa? No, c’è un errore… !
Egea non riuscirà a spiegarsi. L’altro alieno, questa volta
di sembianze maschili, l’ha già tramortita e la sta trascinando via, gettandola
a bordo di una navicella che scompare lontano.
Letteralmente, sta iniziando una nuova vita su basi completamente
nuove, per la ragazza terrestre. Thilyshke è una potentissima imperatrice
dotata di un potere devastante e poco controllabile (almeno per la povera Egea
disorientata degli inizi) nel suo braccio destro, che può incenerire qualunque
cosa a comando. Il suo impero si estende su un altro pianeta, e da quello che
vede nei ricordi immagazzinati nel suo bellissimo corpo alieno inquietante, i
mezzi per costruirlo e arrivare in cima non sono sempre stati cristallini e
benevoli. Tutt’altro. Thilyshke è profondamente odiata e temuta. Lei è fuggita
da una guerra tra razze diverse sul suo pianeta, lasciando una situazione di
sfascio e angoscia totali, che la sua brama di conquista ha provocato.
Egea tenta inutilmente di dire che lei non è l’aliena, che è
anche lei una sua vittima… nessuno è disposto ad ascoltarla o a crederle,
soprattutto il cacciatore di taglie (che si fa chiamare letteralmente
Cacciatore) che l’ha inseguita fin sulla Terra spinto dall’odio per un evento terribile
nel suo passato di cui Thilyshke è responsabile.
Sola, in un corpo alieno dai poteri ancora sconosciuti, su
un pianeta di cui non sospettava nemmeno minimamente l’esistenza, in balia di
creature dall’aspetto e dai colori bizzarri che la odiano, Egea tira fuori
presto le qualità che il suo corpo terrestre piegato dalla malattia non le
aveva consentito di vedere. Vuole ritornare sulla Terra, dai suoi genitori, dai
suoi affetti, e per farlo dovrà restare in quell’ambiente del tutto alieno (è
il caso letterale di dirlo) e aspettare l’occasione propizia.
Nel frattempo, imparerà a usare i poteri di Thilyshke, a
combattere per la propria vita, oltre che in guerra, a conoscere le creature
che la circondano, a tirare fuori certe capacità di strategia e astuzia, il
desiderio di proteggere i più deboli, mostrerà gentilezza e accoglienza,
imparerà a farsi… amare e amare a sua volta.
Come si concluderà un’avventura iniziata nel peggiore dei
modi? Con una trasformazione inaspettata. Dovrete leggere fino alla fine, però,
per scoprire fino a che punto.
Quando l’ho chiuso, mi è rimasta dentro una certa dolcezza
venata di stupore. A me il fantasy piace tantissimo (Tolkien è il mio nume
tutelare) e appena posso, ne leggo a iosa. Questo fantasy mi ha lasciato spiazzata
perché non è consueto: invece di un Medioevo con punte steampunk già abbastanza
noto (come Dragonero), ci troviamo in un mondo di alieni altissimi colorati di
viola, verde, rosso e marrone. Con mutaforma più eclettici di quelli di Harry
Potter e animali ancora più “fantastici”. I sentimenti, però, sono universali,
e i dilemmi in cui si aggrovigliano altrettanto. Egea-Thilyshke si trova
davanti scelte complicate, laceranti. Il suo ambiente è ostile, e anche se ha
un corpo nuovo, potente e resistente, spesso rischia di perdere tutto, di
precipitare nel buio e nell’angoscia.
È un romanzo che consiglio a coloro che vogliono leggere una
storia di trasformazione apparentemente leggera e “tra le nuvole”, (perché si
svolge su un altro pianeta) con una veste gradevole. Chiara Pilat ha un bello
stile scorrevole di scrittura, sempre molto ritmata anche quando la narrazione
è calma e riporta eventi tranquilli. Se dovessi rappresentare questo stile, mi
verrebbe in mente un ruscello. Uno di quelli freschi, di lungo corso di
montagna, che scorrono su pietre, intorno agli alberi, magari s’infilano in
qualche depressione del terreno e poi ne escono fuori sussurrando leggeri, per
poi cascare rumorosi quando la pendenza si fa brusca.
Se avete la fortuna di vivere vicino a uno di questi,
risentirete l’eco nelle parole di Chiara. Se c’è anche un bosco… fate finta di
nulla se vedete grossi corpi luminosi che ci cascano dentro!
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