Mary è una cameriera alquanto singolare. Innanzitutto,
scrive. Non era così diffuso, all’epoca, che una persona della sua bassissima
estrazione sociale sapesse leggere o tantomeno scrivere. Le prime esperienze di
cui scrive sono ricordi angosciosi della sua infanzia infernale. La vediamo
trascinata in uno stanzino buio e sporco, in cui è costretta a rannicchiarsi
per poterci stare. Quando, poco dopo, la porta si riapre, non è per liberarla
dal suo castigo, ma per farla precipitare ancora di più

nell’inferno, se
possibile. Il suo carnefice, abbrutito e incattivito dall’alcool, le getta
beffardamente addosso un sacco di tela contenente un topo, furioso di paura. La
descrizione di quei momenti di follia è distaccata quanto un referto medico.
Mary si rivolge direttamente al suo Padrone (scritto proprio con la maiuscola)
per spiegargli l’origine delle cicatrici che le scavano le mani e le braccia.
Stranezza ancora maggiore: un esponente del ceto medio-alto dell’Inghilterra
vittoriana, come il Dr Jekyll, guarda talmente a lungo una cameriera della sua
servitù al punto di chiederle di raccontargli di sé, e di svelargli un
dettaglio così profondo e personale come l’origine delle sue cicatrici.
Stevenson ci ha già rivelato che il Dr Jekyll non è come i suoi pari: la sua
spinta alla ricerca lo conduce in territori che nessuno dei suoi colleghi si è
mai sforzato di sognare. Il suo interlocutore è altrettanto speciale: una
cameriera, una ragazza giovane ma già schiantata e temprata dal contatto con un
tipo particolarmente repellente di cattiveria, quella proveniente dal suo
stesso padre. Inizia un rapporto a distanza, fatto di curiosità intellettuale
da parte di Jekyll, e di ammirazione ritrosa venata d’affetto da parte di Mary.
Quando i due mondi di cui sono rappresentanti s’incontrano, si avverte
tensione. Jekyll si spinge anche con lei in una direzione impensata. Non cerca
un contatto sessuale, come sarebbe normale pensare. Uno dei filoni più
trasformati in cliché dalla letteratura è proprio il padrone cattivo e
libertino che attenta alla purezza virginale della sprovveduta cameriera,
proveniente dalla campagna o dai ceti più bassi e disprezzati della società.
Qui non c’è nulla di tutto questo. Jekyll cerca di conoscere, è uno scienziato.
Quando viene a sapere cosa successe a Mary per lasciarle quei segni, sulle
prime non dice nulla. Mary è un oggetto nuovo da esplorare, e un accessorio per
la teoria inquietante che si agita nella sua mente. Talmente inquietante da
spingerlo verso la trasgressione. Jekyll è un fuorilegge, per quanto
perfettamente inserito nella società e riverito come uno dei suoi pilastri.
Apparentemente conformista e vittoriano, volge lo sguardo verso l’ombra dell’animo
umano, tentando di portarlo alla luce, separandolo. Ma questo è un crimine, che
sarà costretto a pagare con un crescendo di violenza e angoscia contro di sé e
gli altri. Perché e cosa trasgredisce Jekyll? Si rivolge ad una cameriera, un
oggetto umano, tentando di conoscere la sua storia personale. La spinge a
scrivere, un’attività che dovrebbe essere lontana anni luce dalla routine
quotidiana di una cameriera. La spinge a mantenerla segreta, aggirando anche l’autorità
dell’ingombrante e petulante maggiordomo, mettendola quasi contro un altro
domestico.