Quando Ellen incontra Tom, se ne innamora, ma la sua natura libera
e forte non cambia di una virgola. Ad un certo punto della storia, rendendosi
conto che il suo uomo non ha la sua stessa forza di opporsi agli stereotipi
sociali, lo abbandona portandosi via il figlio, pur soffrendo profondamente per
lo strappo. E’ una donna di sentimenti e parole intensi, e nessun compromesso. Se
la società si fa avanti per schiacciarla nelle sue caselle ipocrite (lei e Tom
non sono sposati, e questo è un peccato mortale secondo un certo insegnamento),
lei reagisce con fermezza e se ne allontana, anche sanguinante. L’abbandono
sarà temporaneo…Tom riesce a capire che è molto più importante quella donna
bella e bizzarramente forte per se stesso, di tutti i precetti di una Chiesa
ipocrita e con lo sguardo rivolto al potere e al denaro.
Il filo della vita di Tom ed Ellen s’intreccia con altre
vite che ruotano in quei pochi chilometri di Inghilterra feudale. C’è la
giovane feudataria Aliena, quattordicenne bellissima, in boccio, e il suo fratellino
minore, Richard. Sono entrambi figli di Bartholomew conte di Shiring,
proprietario di un bel castello fortezza e di un villaggio annesso. La loro
vita sembra al riparo da qualunque problema: la giovane Aliena è dotata di
tutte le grazie, e non sembra essere altezzosa o sprezzante verso chi è meno
fortunato di lei. E’ corteggiata, e volitiva quanto basta per essere riuscita a
strappare al padre la promessa di sposare un uomo che le piace, piuttosto di un
uomo che le porti in dote castelli e ricchezze. Questa sua volontà di
indipendenza e di scelta, che l’avvicinano a Ellen, sarà la causa della perdita
del suo status.
Tra i suoi corteggiatori ne spunta uno particolarmente
insistente, William Hamleigh. E’ un giovanotto bello d’aspetto, ma crudele d’animo.
Succube di una madre deforme e di un padre assente e compiacente verso la
consorte, orrenda d’aspetto ma dotata di un’intelligenza politica molto
sviluppata, il giovane William impara subito a prendersi le sue rivincite
sopraffando i più deboli, stuprando le donne per vederle soffrire e punirle dei
loro rifiuti. Esasperato da un rifiuto particolarmente pungente di Aliena,
William attende la sua occasione e la violenta costringendo il giovane Richard
ad assistere. Non finirà bene, per il tronfio giovanotto, lo anticipo subito. Mi
ha talmente inviperito il suo attacco vergognoso ad Aliena, che sono andata
avanti nel libro cercando qualche punizione adatta, un momento in cui fosse debole
e qualcuno lo tormentasse. Ken Follett attende la fine del libro, e poi la
punizione di William scatta in tutto il suo contrappasso. Viene coinvolto nell’omicidio
di Thomas à Becket, catturato, giudicato colpevole e condannato alla forca. All’epoca
non andavano molto per il sottile. Le carceri erano terribili, e la pena di
morte la normalità: non si parlava di diritti del detenuto, o di condizioni
umane per la sua detenzione. E il modo in cui veniva portato (molto più spesso
trascinato) a morire assomigliava all’ultimo viaggio del bestiame verso il
macello, piuttosto che l’accostarsi in tristezza ad una punizione terribile. Il
modo in cui William Hamleigh, dapprima tronfio oppressore e stupratore dei più
deboli, si avvicina al patibolo, è altamente umiliante per un essere umano. Qui
rivela tutta la sua fibra sporca di debole e codardo, invaso dal terrore della
morte e consapevole di non poter fuggire. Aliena, che è vissuta tutta la vita
nel terrore e nell’esasperazione di trovarselo sempre davanti, lottando contro
di lui con tutte le sue forze per contrastarlo, assiste in silenzio e in
disparte a questa esibizione vergognosa della bassezza di spirito del suo
antico persecutore. Quando tutto finisce, si gira e in silenzio, senza più
voltarsi, chiude la porta metaforica di un capitolo logorante della sua vita.
Ken Follett è stato a dir poco magistrale, nel raccontare l’ultimo confronto
tra vittima e persecutore: cronista attento, non risparmia dettagli, ma non
indugia compiacente sullo spettacolo rivoltante dell’assenza di dignità di
William, e non attribuisce gioie maligne all’adulta e temprata Aliena, che si
limita a prendere atto e a sentirsi finalmente liberata da una tirannia
esasperante.
Non posso dire di non aver gongolato, e parecchio, di fronte
alla fine di William, almeno al primo impatto. Merito dell’autore che ha saputo
creare il personaggio talmente vivo, da farmelo odiare dal vivo. Tuttavia,
mentre leggevo la descrizione del suo terrore e lo confrontavo con altre
pagine, in cui la sua crudeltà e ignoranza lo avevano spinto ad azioni orrende
verso gli altri, non ho potuto fare a meno di sentire qualcosa di simile al “dispiacere”.
“ E ora, William of Hamleigh, dov’è tutto il tuo potere, la tua tracotanza, la
tua forza? Ora capisci che è stata tutta un’illusione, un inganno che ti ha
portato alla più brutta delle morti, da solo, deriso e insultato? L’inferno che
temevi ti avrebbe accolto dopo la morte, con i suoi diavoli sghignazzanti, è
qui, ora…nei tuoi occhi terrorizzati che fissano la corda. Valeva la pena di
uccidere, opprimere, tradire, stuprare? Piccolo semi-uomo, affronta la morte,
ora.”
Domanda esistenziale: dov’è la dignità di un uomo (?) che afferma la sua “virilità” e la sua “mascolinità” con la violenza? No, non è un discorso “femminista” – aggettivo che odio. Un uomo è un uomo e una donna è una donna. Posso dire tranquillamente che siamo uguali a livello ontologico, ma di fatto ci sono differenze. Non sulla malvagità e sulla perfidia, sulla brama di potere e la volontà di imporsi…anzi, forse nelle donne c’è un senso di rivalsa ancora più radicato.
RispondiEliminaMa è “potere”, quello? Un essere umano ha più ragione se invece di parlare, urla? Il suo cervello “vale di più” se usato per trovare modi di danneggiare chi ha di fronte?
Non siamo nel Medio Evo, eppure…
Vero che la “legge di Lynch” è nata altrove qualche secolo più tardi, ma forse “Iustinian non doveva raccorciare il freno, né preoccuparsi della sella vota”: doveva sfrondare abbondantemente il Corpus Juris Civilis!
(Fuori tema: oggi in teoria in Italia c’è ancora una sella sola, ma troppa gente sopra…a ben vedere, poca differenza dai tempi del libro: signori, signorotti, vassalli sotto-vassalli, valvassoriecc. ed il popolo stramazza)
Un uomo, in effetti, non ha dignità se si serve della violenza per imporre se stesso, e la sua virilità, su una donna. E' un discorso che è già emerso nel blog, e nella vita quotidiana si presenta in milioni di forme diverse, ogni giorno, in ogni luogo di questa terra. Fino a poco tempo fa credevo che si fosse verificata una recrudescenza nei rapporti tra uomo e donna. L'uomo, in qualche modo si sente più minacciato, ed essendo più facile per lui ricorrere alla violenza per imporsi, lo fa spesso e volentieri, anche con la sicurezza di essere "scusato" e giustificato, alla fine. Purtroppo mi rendo conto che è così. Un uomo che stupra e uccide, alla fine viene giustificato e perdonato molto più facilmente. Persino dalla sua stessa madre: in fondo è un bravo ragazzo. Ad una donna non viene mai perdonato lo scadere nella violenza, e viene condannata due volte. Inutile dire che non sono d'accordo con questa visione, nemmeno un po'.
EliminaNo, non è potere se un essere umano urla, picchia, intimorisce, uccide, fa violenza per farsi rispettare e ascoltare. E' timore, insicurezza, meschineria rivestite di arroganza, travestite da "forza". Oltre che cecità, perché quello che si ottiene con la violenza e la sopraffazione è solo una forma vuota di rispetto timoroso, e rancoroso, che attende la propria occasione per esplodere.
Non siamo più nel Medioevo, ma nemmeno l'avvento degli IPad o dei treni superveloci ci impediscono di vedere gli altri nello stesso modo crudele e oscurato di quei tempi.
E hai ragione: in Italia non è cambiato nulla, per la sella e chi la vuole cavalcare: forse solo l'abbigliamento e la lingua, mentre l'ignoranza avida e meschina è rimasta la stessa dell'epoca...