Il titolo del libro di Asimov potrebbe riassumere bene il
tipo di trama del Simbolo perduto. Dal momento in cui il professor Langdon
entra al Campidoglio, inizia un viaggio davvero allucinante, dal momento in cui
si scopre che il suo amico Peter Solomon non l’ha mai invitato a tenere una
conferenza e che non dà notizie di sé da qualche giorno. A coronare la leggera
ansia che comincia ad attanagliare il povero docente, è la scoperta di una mano
mozzata, con pollice e indice sistemati a indicare l’alto, nella cosiddetta
Rotonda del Campidoglio. E quella mano appartiene proprio a Peter Solomon…e qui
siamo solo alle prime battute. Langdon viene contattato al cellulare da
qualcuno che gli propone uno scambio: il resto (vivo) del suo amico in cambio
dell’apertura di un portale di accesso ad una conoscenza illimitata e
misteriosa. Da come si è comportato, e dal modo in cui si rivolge al
professore, si capisce che ci troviamo di fronte allo psicopatico di turno,
convinto di essere l’unico destinatario di quel sapere millenario, segreto e
potentissimo, deciso a governare il mondo, tenendo il resto dell’umanità nell’oscurità
dell’ignoranza e possibilmente schiacciata sotto il suo tallone amorevole.
Poco
per volta faremo conoscenza con lo psicopatico e i suoi mutevoli nomi e facce,
che usa per controllare e minacciare Langdon e Katherine Solomon (la sorella
scienziata di Peter Solomon), per dirigerli verso il suo obiettivo. Dan Brown
lo presenta sempre nell’ombra, dedito ai suoi riti di purificazione e di
tatuaggio: il giovane psicopatico è tutto teso a diventare degno della
conoscenza arcana di cui vuole impossessarsi, per cui scolpisce il proprio
corpo come un tempio e lo ricopre di tatuaggi propiziatori, derivanti da
tradizioni antiche. In questo libro, non mancano i simboli, a parte quell’unico
che il pazzo sta cercando spasmodicamente. Sono simboli massonici, sparsi nelle
strutture architettoniche della città di Washington, in alcuni dipinti dall’aria innocua e quasi “banale”,
addirittura sulla mano mozzata di Salomon, che diventa così una temibile Mano
dei Misteri. Sono anche simboli informatici e scientifici: Katherine Solomon è
diventata una luminare nel campo delle scienze “noetiche”, grazie ad alcuni
studi molto particolari e del tutto innovativi sugli effettivi poteri della
mente umana sulla materia circostante. Per quanto condotti con strumentazioni
scientifiche di alto livello e decisamente d’avanguardia, al limite della
fantascienza, questi studi fanno capo ad una serie di tradizioni
filosofico-esoteriche molto antiche che affermano il potere del pensiero di
plasmare la materia. Per me è stata una vera scoperta, perché non avevo mai
sentito parlare di un termine simile, “noetica”, e credevo che fosse davvero un’invenzione
dell’autore, che ama particolarmente i colpi di scena, i misteri oscuri e poco
decifrabili, il sensazionalismo delle vicende. Dato che avevo già notato una
certa tendenza di Dan Brown ad esagerare, e a ricercare il coup de théatre, sospettavo
che tutto quello di cui stava scrivendo fosse un’invenzione ai limiti della
fantascienza. Sono ricorsa al Santo Google, e dopo aver digitato “scienza
noetica” e schiacciato l’invio, mi sarei aspettata una sonora risata da parte
del browser e un suo messaggio privato del tipo: “fuma di meno. Anzi, fai che
smettere.” (io non fumo, però) Invece…sorpresa, la scienza noetica esiste sul serio, per quanto perduri un certo
scetticismo in Rete: wikipedia aggiunge un discreto pseudo-scienza
tra parentesi.
Dunque, dopo lunghi dibattiti e “amarcord” di trentennale amicizia, è emerso il fatto che la nostra prof di filosofia del liceo valeva poco (eufemismo). Ovviamente è un’opinione personale e discutibile.
RispondiEliminaMa poi ho studiato seriamente “filo” a teologia. E questa noetica… beh, ti ricordi il donabbondiano “Carneade, chi era costui?”. Ecco, il termine mi era noto – e neppure io fumo!
Conosci anche la mia avversione per il mondo virtuale e sono andata a scartabellare i miei appunti. Non ricordo più un tubo, ma il mio archivio cartaceo è efficiente: in illo tempore preparai schede di tutti i filosofi portati agli esami.
Sorpresa, sorpresa: già Platone ed Aristotele (chi erano costoro…?) si occupano di noetica, l’atto INTUITIVO dell’intelletto, contrapposto alla conoscenza discorsiva ed alla dialettica (vorrei citare le fonti, ma non ricordo se fosse il corso della prof.sa DeMaria o il propedeutico).
Per quell’illustre sconosciuto di nome Husserl la noesi, il percepire con la mente, indica l’aspetto soggettivo dell’esperienza vissuta…
Certamente, non è una “scienza” come la fisica nucleare o la chimica. Del resto, la filosofia stessa… insomma, chi prenderebbe seriamente uno che sproloquia di “monadi”? O quell’altro bell’esemplare che ha l’ardire di affermare “cogito, ergo sum”? Suvvia, siamo seri!
Che Dan Brown abbia quei “difettucci” da te espressi con molta eleganza (io mi limito al mio casereccio “cianfruglione”) è assodato.
Così come è assodato che il nostro cianfruglione sia specializzato in metamorfosi: un pulviscolo di verità diventa magicamente un’esperienza grottesca ai confini della realtà.
Allora Dumbledore c’entrava! :-D
Solo un dubbio: internet è “esperienza vissuta”?
Anche Giordano Bruno sosteneva qualcosa di questo genere, ovvero che il potere della mente è talmente ampio da poter influenzare la materia, e poiché non viveva in tempi facili per gli intelletti come il suo, è finito sul rogo. Non certo solo per quello, s'intende. E se non ricordo male, il benemerito professore (Dan Brown: sul retro della copertina del suo libro scopro che è stato professore universitario e storico dell'arte) trova il modo di infilare anche Bruno in mezzo ai personaggi del passato famosi per i loro interessi esoterici.
EliminaE' probabile che anche Internet sia esperienza vissuta, sì. Non mi stupirei.