Parlo di guida turistica, perché questo è l’effetto che mi
ha fatto, ad un certo punto, seguire il professor Langdon e Katherine Solomon
in giro per Washington, saltando dalla metropolitana al taxi, per sfuggire agli
agenti di polizia e alla Cia, interessati a metter le mani sul rapitore-aguzzino
di Peter Solomon, ma poco attenti a piegarsi alle sue richieste da ricatto.
Essendo creature pragmatiche, con un lavoro molto pragmatico e d’azione, si
occupano poco di sapere che c’è un segreto potentissimo che sta per cadere in
mani sbagliate: devono salvare una vita e acciuffare e neutralizzare un pazzo
amputatore. Ogni volta che i due personaggi in fuga toccano o entrano in un
edificio che potrebbe essere interessante per scoprire il segreto, Dan Brown ne
fa una piccola cronistoria, veloce, a dir la verità, ma con pochi tocchi riesce
a risvegliare l’interesse. Non ho mai provato un desiderio così forte di andare
a visitare Washington, come dopo aver letto il libro. Non credo che questo
fosse proprio il fine dell’autore, aumentare le visite turistiche nella
capitale, ma mi piacerebbe proprio andare a controllare di persona alcuni
simboli che descrive, che vanno innocentemente a decorare facciate e capitelli,
mentre in realtà sono elementi di un disegno molto più grande e visibile solo
agli “iniziati”. Se ben ricordo, tuttavia, l’autore provocò un effetto “marketing
turistico” con il primo libro del Codice da Vinci, spingendo folle di turisti
nel Louvre e in giro per Parigi con il tomo sottobraccio da consultare, invece
della classica guida turistica. I due fuggiaschi non hanno vita facile, mentre
cercano di scoprire il segreto arcano da comunicare all’oscuro e spietato
rapitore, un vero genio dei travestimenti.
Cadono nelle sue mani, e Robert
Langdon rischia di morire, imprigionato in una vascadi deprivazione sensoriale. La nomino perché anche questo elemento mi
sembrava un’invenzione da fantascienza, un’altra “grande americanata” nello
stile roboante di Dan Brown. Invece, ho scoperto che anche questa esiste, e se
da una parte ha applicazioni anche positive, dall’altra può essere usata come
strumento di tortura. Tant’è che il povero professor Langdon si convince di
essere in punto di morte, e finché non viene risvegliato (con calma),
continuerà a “non-pensare” di essere ancora in questo mondo. Riescono i due
eroi a scoprire il segreto? Sì. Riescono a salvare Peter Solomon e a scoprire
chi è questo demonio trasformista e delirante? Non rispondo perché è abbastanza
evidente…anche se non sempre nel libro è stato così scontato. Dan Brown ha
inserito nello svolgimento dei fatti diverse difficoltà senza apparente via d’uscita,
e per un attimo ho davvero pensato che volesse uccidere il brillante Langdon in
quella vasca infernale. In quanto all’identità dell’assassino (sì, uccide un
paio di personaggi nel corso della vicenda)…è anche interessante. Per quanto un
po’ stancata dallo stile da colpo di scena ogni piè sospinto, è un libro che mi
è piaciuto perché mi ha stimolato una serie di ricerche, per andare a
riscoprire anche personaggi, filosofi, filosofie, pittori e materie che per me
sono solitamente lontanissime, come la matematica e i numeri. Sempre il Codice
da Vinci (non mi ha lasciata indifferente, no) mi ha fatto scoprire il numero di Fibonacci, e
una serie di usi dei numeri e della matematica che sono un po’ diversi da
quelli freddi e per nulla coinvolgenti dei programmi scolastici. Forse il
nostro Dan Brown non è Kerouac, non è Shakespeare, non è Faulkner, però ha le
idee chiare su come attirare l’attenzione e l’interesse dei lettori che
potranno discutere sulla debolezza delle sue trame, in certi punti, ma che non
possono dire di non aver imparato proprio nulla dai suoi libri.
Sono il solito bastian contrario: "Il codice da Vinci" mi ha fatto detestare Parigi, il Louvre e perfino la Gioconda...
RispondiEliminae con "Angeli e demoni" avrei voluto essere Attila nei paraggi della Tomba di San Pietro
(ma questo ha anche un altro motivo: per un esame, dovetti studiare nei dettagli la suddetta tomba con tutte le stratificazioni)!
Vedi? Dan Brown può essere uno scrittore sensazionalista, un po' "cianfruglione" (nel XVIII secolo lo avrebbero chiamato pennivendolo da Fleet Street, a Londra...), ma non lascia indifferenti. In qualche modo, va a toccare qualche nervo scoperto, e stimola una reazione...
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