domenica 27 dicembre 2015

LGS Challenge 2016#2 - Il verso della rana – Il vuoto incolmabile di un Amore non visto

LoreGasp



…Ho appena finito questo libro, Il verso della rana, di Viola Scotto Di Santolo, che mi ha stirato cervello e spirito. Mi ha innervosito, fatto male, commosso e anche divertito. E insegnato molto.

Leggiamo la vita di una ragazza nel suo stesso racconto, una liceale come tante. Apparentemente. Non c’è nulla di uguale alle “tante”, già dall’attacco della prima pagina, dove descrive il suo amato antagonista, dispensatore gentile della materia con cui la ragazza tenta di uccidersi con crudeltà ad ogni istante delle sue giornate vissute da prigioniera sotto tortura. La protagonista, di cui non sapremo mai il nome, è obesa. Si è trasformata nella caricatura di se stessa in seguito alla pressione di delusioni troppo forti da sopportare in un colpo solo, cui si è unito un vuoto d’amore senza fine, nella sua anima e nella sua famiglia.


Con raffinata crudeltà da torturatore, la studentessa si riempie di cibo, ingurgitandolo con il solo scopo di riempire quel vuoto all’interno, dilatandosi a dismisura nel fisico, e attirandosi l’odio e lo scherno spregiativo degli altri: i suoi compagni di scuola, una madre completamente assente e in bilico sulla follia, le sue insegnanti.

E’ una partita a tennis, la sua: il mondo serve con sfottò, disprezzo, indifferenza, e lei risponde con odio, disprezzo, crudeltà, angoscia. Contro se stessa, però. La pallina della partita, che riceve i colpi più violenti e spietati proprio da lei, non è altri che lei stessa. E come quando si gioca a tennis contro un muro, questa situazione di odio e crudeltà rimbalzati, si trascina per anni, e non sembra risolversi.

Lei non vuole risolvere. Lei vuole soffrire. Soffrire. Soffrire ancora. Tratta se stessa come uno straccio sporco, trascurando la notevole intelligenza, l’indubbia capacità dialettica, l’ironia. Anzi. Talvolta calpesta il buono in sé con la stessa spietatezza di un bambino crudelmente capriccioso. Niente e nessuno riescono a penetrare in quella celletta di torture in cui lei si è rinchiusa con se stessa, per potersi uccidere e seviziare ogni giorno con il cibo.

Tuttavia, sepolto da strati di odio, angoscia e tristezza, c’è la speranza flebile e delicata come un fiore che buchi una coltre di neve, che qualcosa o qualcuno possa azionare la leva di salvataggio, un giorno.

La nonna paterna, un sergente istruttore sotto mentite spoglie, l’accoglie in casa sua e la costringe a sottoporsi ad un altro regime di vita. Prima la cura della casa, poi della scuola, e infine di se stessa. La ragazza esce dal liceo, finito volontariamente molto al di sotto delle sue capacità, e si iscrive ad ingegneria. Il primo giorno in facoltà, incontra, senza saperlo, un’altra delle leve di salvataggio della sua vita: uno studente che non è mosso da disgusto verso il suo aspetto, e che le offre un’amicizia insperata, che man mano si arricchisce e si tinge di qualcos’altro.

Mi fermo qui, con la narrazione dei fatti. Questo non è un libro di cui si può fare facilmente una sinossi, senza rischiare spoiler o senza rovinare qualcosa. Deve essere letto e gustato con attenzione, poiché è ricolmo di pensieri, sentimenti ed emozioni che non sono spesso facili da distillare e districare. A questo punto, tuttavia, non aspettatevi uno svolgimento consolatorio, quando finalmente va tutto bene, e tutte le ingiustizie si ricompongono. Qualche pezzo s’incastra, qualche vendetta viene finalmente riscossa, ma la vera trasformazione, qui, riguarda la voce narrante, e soprattutto la sua accresciuta capacità di fronteggiare il dolore.

Da adolescente, la voce soffre gli evidenti mali della sua età (non sapersi riconoscere, non sapere collocarsi nel mondo, che degenera in odio per se stessa tenuto vivo tramite il cibo, usato come arma di distruzione), soccombendo ogni volta, sprofondando sempre di più nel buio. Da ragazza giovane, questo allenamento la fornisce di una capacità lucidissima di analizzare i suoi sentimenti, riconoscerli, e di reagire alla paura che minaccia di travolgerla. In taluni casi, la trasforma.

Se dovessi cercare un’immagine simbolo per questo libro ricchissimo, parlerei di una bellissima rosa piena di spine fitte. Una di quelle che, per quanto si possano maneggiare, troverà sempre il modo di farci sanguinare, per quanto dimentichiamo il dolore non appena posiamo lo sguardo sul colore vellutato e profumato dei petali, che ci spingono a volerli possedere.

Leggetelo, se cercate spiegazioni sul perché voi stessi non riuscite a sopportarvi, talvolta, e prendete decisioni o pensate in modo severamente autolesionista. Non troverete la ricetta per uscirne, ma vedrete rispecchiati tutti i meccanismi, in modo che possiate intervenire e curare quei piccoli pezzi difettosi che non chiedono altro che Amore.

Amore senza perché e come, ma profuso a piene mani per dare modo al muscolo dell’Amore di funzionare, al pari di tutti gli altri, di cui non ci chiediamo mai il perché, quando li mettiamo in moto. Statene alla larga, se volete una “comune” storia di perdizione e salvazione: qui c’è un tesoro di più di una semplice storia di formazione.

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