giovedì 22 novembre 2018

Le Interviste Del Furore #7 - Stefano Di Marino a Paura sotto la Pelle2

LoreGasp

Rimaniamo nella paura, e soprattutto in quella sotto pelle… brrr!
Vi ricordate dell’appuntamento che avete giovedì 29 e venerdì 30 novembre alle ore 14,00 presso il Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica dell’Alma Mater Studiorum di Bologna?

Sì, quello con la Paura Sotto la Pelle 2… ?
Non vi ricordate?

Aspettate, vi faccio parlare con qualcuno che sarà presente e che sarà meglio che conosciate (se non lo conoscete già) e incontriate.

Oggi è con noi Stefano Di Marino!

Scrittore, traduttore, sceneggiatore di fumetti: una personalità eclettica, che interverrà alla rassegna bolognese sulla paura. Quale migliore occasione per parlargli?

Ciao Stefano, benvenuto nel Blog Del Furore Di Aver Libri!

Grazie Loredana e un saluto a tutti voi che ci leggete.

Ti tocca la domanda più banale di tutte, quella che avrai ripetuto milioni di volte, a voce e per iscritto, ma che continua sempre a incuriosire. Personalmente, adoro scoprire quale meccanismo scatta in certi momenti. Come nasce Di Marino scrittore? 

Io preferisco il termine ‘narratore’ perché mi pare meno pomposo. Io racconto storie d’intrattenimento, con tutto il cuore e la passione che ho. La mia è la storia di un ragazzino che è riuscito a trasformare un hobby in un lavoro, magari senza capire bene la complessità e le difficoltà del mondo editoriale. Quando ho capito veramente com’era questo mondo ormai c’ero dentro. Non sapevo fare altro, così ci sono rimasto pur con tutte le difficoltà che non riguardano il ‘mestiere’ di raccontare, ma i meccanismi e le persone che lo regolano.  Un po’ come il mio personaggio più famoso, Il Professionista, che da ragazzo sognava l’avventura e poi quando si è trovato a viverla e ha capito che non era un universo idealizzato come aveva immaginato ci è rimasto intrappolato dentro. Ma è andata meglio a me che a Lui. Quantomeno quando mi alzo la mattina so che non devo fare a pistolettate tutto il giorno…



Scrivere per te ha molte facce: non solo libri, ma attraverso traduzioni e sceneggiatura di fumetti. Come mai scegliere così tante forme? Come sei passato dall’una all’altra? Cosa ti danno, ciascuna di queste modalità? 

Le ragioni sono due e legate tra loro. La prima è che di editoria (in Italia) non si vive con una sola attività. Anche se negli ultimi anni ho concentrato il mio lavoro sulla scrittura, per moltissimo tempo ha tradotto, scelto e curato libri e pubblicazioni audiovisive. La situazione editoriale attuale è piuttosto difficile e i compensi sono diminuiti in ogni settore, tanto vale concentrarsi su quello preferito. Che poi per me è piuttosto vasto. Io mi interesso soprattutto di Cultura Popolare in tutte le sue forme dalla narrativa in prosa, al cinema, ai fumetti, la televisione. Per cui fa un po’ tutto parte dello stesso campo d’indagine, anzi ogni interesse sostiene gli altri. Scrivere le Guide al cinema di genere (Western, Bellico, Spionaggio e tra poco in libreria Noir) per Odoya mi ha  permesso di scoprire e rivedere un gran numero di film, di assorbire modi diversi di raccontare, di conoscere storie diverse e questo, assieme ad atri interessi (fotografia, viaggi, sport da combattimento) accresce la mia capacità di raccontare.

Cosa emerge di te scrivendo libri, e cosa scrivendo sceneggiature?

Molte cose del mio carattere, delle mie passioni. Ma sempre trasfigurate. Scrivere narrativa Pulp significa seguire e interpretare il gusto del pubblico e questo non esclude che uno ci possa mettere dentro del suo. Ma deve adattarlo, renderlo piacevole, dipingerlo con i colori della fantasia, perché non stai scrivendo un libro sulla tua vita (che non interesserebbe nessuno), stai creando un sogno. E i sogni per essere graditi devono avere qualcosa di te, ma anche molto di ciò che piace a chi li segue. Questa è la Narrativa Popolare, un mix di mestiere e autorialità, non un semplice esercizio meccanico. Insomma un po’ ti deve piacere, altrimenti il pubblico lo capisce.

Hai avuto maestri di riferimento nella tua attività di scrittore/traduttore/sceneggiatore? Cosa ti ha portato a scegliere loro, piuttosto che altri?

Guarda il mio primo maestro è stato il mio professore di lettere al liceo, Giovanni Pacchiano che è autore Bompiani ed è stato critico di numerosi quotidiani nonché attivissimo in editoria. Faceva lezioni fuori dalle righe incoraggiando la creatività. Soprattutto a mescolare quella cosiddetta letteratura ‘alta’ con quella popolare consapevoli che in realtà non v’è differenza. Esistono libri buoni e cattivi in ogni categoria. Nel mio campo specifico ho avuto moltissimi modelli ma se devo dire il mio Maestro ispiratore è stato Ian Van Hamme che è noto soprattutto per i fumetti (XIII e Largo Winch) ma è stato anche sceneggiatore e grade romanziere (Largo Winch nacque come serie di romanzi e anche i Maestri dell’orzo ha avuto diverse vite, a fumetti, in un romanzo e in tv). Da Vam Hamme ho imparato a muovere i personaggi, a creare situazioni intriganti. Certo poi ho fatto un corso di scrittura con ED McBain ma ho imparato soprattutto leggendo i suoi libri. Però di ispiratori che ho smontato per capire bene come lavoravano ce ne son ostati tantissimi. Fleming, Forsyth, De Villiers, Aarons… e recentemente i francesi Grangè, Thilliez, Miner. Sono un lettore onnivoro e cerco di imparare da dove posso…

Se guardo la lista dei libri che hai scritto, sono TANTISSIMI. Ed è una gioia, perché sapere che c’è tanto da leggere è una rassicurazione granitica per un lettore, in un mondo pieno di incertezze. :-D Molti fanno parte della collana Segretissimo, edita da Mondadori. Come fai a scrivere così tanto, e a ritmi così forti?

Non riesco a farne a meno! È una delle attività che più mi gratificano, credo che continuerò a raccontare storie anche quando non mi pubblicheranno più. In realtà è un lavoro totalizzante. Io mi alzo la mattina e scrivo. Di solito narrativa alla mattina e saggistica al pomeriggio. Non scrivo mai due romanzi insieme (qualche volta dei racconti quando sono preso.) perché con una storia per quelle cinque sei settimane della prima stesura ci stai continuamente. Poi li lascio decantare un po’ e li rivedo anche quattro o cinque volte con dei cambiamenti anche sostanziali. Lavoro con circa un anno di anticipo. Considerata la situazione editoriale è uno sforzo di fiducia, che sino a ora mi ha sempre pagato. Diamine, un po’ di ottimismo ci vuole sempre!

Avere tante cose da dire e messaggi da trasmettere deve far parte del tuo DNA. Oltre a scrivere alla velocità della luce, curi la tua pagina Facebook riempiendola di post sulla letteratura gialla, noir, thriller, americana e non, e spesso le tue sono vere e proprie chicche da intenditori. È una missione, la tua? (se è così, per favore CONTINUA.)

E’ come sempre una passione. Vedi, io credo che se uno vuol tenersi il suo pubblico non debba limitarsi a proporre le cose sue. Deve stabilire un ponte, far vedere che ha gli stessi interessi di chi lo legge. Funziona! Facebook lo uso un po’ come se fosse un giornale. Recensioni di libri, di fumetti e di film sono cose che mi piacerebbe pubblicare. Mi servono come esercizio ma anche per suggerire spunti ai miei lettori. Se sviluppiamo un gusto comune siamo in contatto più stretto.

Sempre tra le eliche del tuo DNA, vediamo una fortissima predilezione per il genere noir, e horror. E questo non poteva non farti scegliere per intervenire a Paura sotto la Pelle, la rassegna dedicata che inizierà a Bologna tra poco: cos’è la paura, per te? Sempre che tu possa dircelo senza svelare nulla del tuo intervento… 

La paura è la spina dorsale dell’emozione, nella vita come nei racconti. In narrativa è quella zona d’ombra fisica ma soprattutto psicologica che definisce i personaggi e li spinge a comportarsi per quello che sono. Anche in una storia d’azione un eroe che non ha paura, che non trasmette il suo senso d’angoscia al pubblico, non risulta simpatico. Le sensazioni sono, a mio modo di vedere, sempre la struttura del racconto, il legame con il pubblico.

La paura si combatte, si reprime, si lascia esprimere, secondo te? 

La paura si combatte, a volte vince lei a volte no. Si esprime, soprattutto in un racconto. è, alla fine, il personaggio principale, che un po’ infesta tutti. Il pubblico vuole essere spaventato anche perché così esorcizza la propria, di paura che magari è legata a fattori più prosaici. La famosa ‘catarsi’ è proprio questo. Mi metto nei panni di qualcuno che prova una vera paura e attraverso il suo agire (ci riesca o meno) allontano o meglio sfogo la mia di paura, che magari ha tutto un altro modo di manifestarsi ma a livello emozionale è uguale. L’Uomo Nero è l’Ignoto, il timore di perdersi e non trovare la strada di casa, di reagire troppo tardi… Più diventa fantastico e surreale più questo meccanismo funziona.

Qualcuno eclettico come te non poteva lasciar perdere le arti marziali: ho letto che ne sei appassionato, e hai anche scritto saggi dedicati. Da dove nasce questa passione? 

Nasce da Salgari, la passione per le Tigri della Malesia e l’Oriente. In quegli anni (i Settanta) praticare un’arte marziale era qualcosa di esotico. Poi approfondendo ho conosciuto un mondo interessantissimo, una cultura e da lì è nata la passione per i viaggi in Asia, la fotografia e tutto rientra nel mio lavoro che poi è la mia vita.

Progetti per il futuro: quanti libri tuoi possiamo aspettarci nei prossimi due mesi? Dobbiamo organizzare le spese… 

Progetti tantissimi. Sono un po’ scaramantico per cui ti parlo solo delle cose certe. A brevissimo, forse addirittura per PAURA SOTTO LA PELLE, La guida al cinema Noir che poi è anche una guida alla letteratura del filone, poi a dicembre esce BLACK SAND che è la nuova avventura del Professionista. Quelle dell’anno prossimo sono praticamente già scritte ma ne parliamo a tempo debito. Anche il terzo Bas Salieri è lì, spero in attesa di pubblicazione, L’AMANTE DI PIETRA, un giallo italiano più … thrilling… e dovrebbe esserci nel prossimo anno anche la ristampa di un testo sul cinema delle arti marziali. E poi… vedremo ho delle cose ancora un po’ segrete. Dimenticavo per Dbooks.it è uscito KALIMANTAN, IL FIUME DEI DIAMANTI che è un’avventura fantastica che un po’ è un noir, un po’è una caccia al tesoro e… un po’ è quasi un horror. Dbooks.it è un piccolo editore. Stampiamo per le presentazioni e vendiamo su Amazon sia in cartaceo che in ebook. Libri un po’ fuori dal genere inquadrato. Purtroppo un editore grosso se una cosa non assomiglia a un grosso successo del momento non la legge neanche. Ma questo è il nostro lavoro. Come diceva Oliver Stone, che si vinca o si perda si gioca ogni maledetta domenica. E si comincia daccapo.

Preso nota di tutti i titoli citati, e di tutto quello che ci aspetta, seguendo un narratore come Stefano Di Marino? Facciamo la lista e andiamo a colmare eventuali lacune.
Nel frattempo, grazie Stefano e buon proseguimento!

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