martedì 27 novembre 2018

Le Interviste Del Furore #8 - Giusy Giulianini a Paura sotto la Pelle2


LoreGasp

Siamo sempre più decisi a conoscere tutto della paura. Soprattutto della #paura2, come quella di Paura sotto la pelle2, la rassegna di Bologna in partenza giovedì 29 e venerdì 30 novembre alle ore 15,00 e 14,30 rispettivamente.

Oggi è con noi Giusy Giulianini, l’ideatrice della rassegna e organizzatrice con Giovanni Modica e Fabio Mundadori.

Scrittrice, lettrice forte (direi anche parecchio forte), critico letterario e organizzatrice di eventi culturali: una personalità eclettica così non poteva stare ferma e non dare alla vita a qualcosa di unico e originale come la struttura della rassegna. E l’amore per i libri e le storie si innesta in una formazione e una preparazione professionali di stampo scientifico: una laurea in Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali, e una seguente specializzazione in Tecnologie Biomediche della Facoltà di Medicina e Chirurgia.
Un gran bel connubio tra scienza e letteratura!

Buongiorno Giusy, benvenuta nel Blog Del Furore Di Aver Libri! 

Quando mi avvicino ad uno scrittore o scrittrice, non posso fare a meno di iniziare con la domanda più banale in assoluto, ma che non manca mai di attirarmi, soprattutto quando mi trovo davanti a personalità così eclettiche. Non mi stancherei mai di ascoltare la risposta. Come nasce la Giusy Giulianini scrittrice, da questo passato di scienziata? 
Eh, il motivo c’è…Prima di diventare “scienziata” sono stata “umanista”, al glorioso Liceo classico Luigi Galvani di Bologna: la passione per la letteratura, là, era quasi un requisito d’iscrizione. Scrivevo anche prima, diari fittissimi e nuovi finali di romanzi che mi avevano lasciato insoddisfatta. Al liceo però la scrittura ha preso una piega più organizzata e ho fatto parte anche della redazione del giornale studentesco. Per molti anni poi, l’università e un lavoro molto “tecnologico”, mi hanno ingabbiata nella mera redazione di pubblicazioni scientifiche. La passione è scoppiata di nuovo qualche anno fa: i social avvicinano molto agli scrittori, nei confronti dei quali mi sono sempre sentita un’autentica groupie. Molti di loro sono diventati amici veri, una grande fortuna! Potrei quasi dire che ho realizzato il sogno de Il giovane Holden di Salinger: “Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che, quando li hai finiti di leggere e tutto quello che segue, vorresti che l'autore fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira. Non succede spesso, però.” A me, invece, è successo.
   
E questo è un evento da festeggiare tutti i giorni, quando succede! :-D Dando un’occhiata alla Sua produzione narrativa, vedo che ha scelto con maggior frequenza la forma del racconto, per poi passare al romanzo. Quali sono i motivi di questa preferenza?
La motivazione è tra le più banali. Il romanzo ho iniziato a scriverlo da un po’, frutto del furore di un’estate in cui d’un fiato ho messo sulla carta diciassette capitoli. Poi mi sono interrotta, non per mancanza di idee - la storia è con me da sempre ed è nata proprio tra i corridoi ospedalieri del mio lavoro tecnologico – ma perché, nel frattempo, la mia amicizia con tanti scrittori mi ha portato verso attività editoriali e organizzative. I racconti sono pause di riflessione in cui, senza nessuna sollecitazione esterna, le storie prendono una piega più da memoir. Alcune amiche e amici poi, curatrici e curatori di antologie, mi hanno invitato a farne parte e così i miei raccontini sono anche stati pubblicati.

Oltre ai racconti, scrive recensioni, si occupa di interviste, soprattutto agli scrittori di gialli-noir, genere che l’appassiona moltissimo. Cosa emerge di Lei, in queste forme diverse di scrittura?  
Da piccola volevo disperatamente fare la giornalista, in aspro contrasto con mio padre al quale non garbava l’idea di una professione in qualche modo girovaga. L’ho accontentato, ma le passioni non vogliono saperne di tacere per sempre. Oggi faccio parte della redazione di alcune testate giornalistiche online, nelle quali posso dar corpo a quel sogno.

Meno male che queste passioni non se ne stanno zitte… Quali di questi ruoli, scrittrice, intervistatrice, critico letterario, sente di calzare meglio? Cosa le dà ciascuno di essi?
Credo in realtà di portarmi addosso, e da sempre, un insanabile contrasto: liceo classico e laurea scientifica, scrittura creativa e scrittura oggettiva, libertà espressiva e rigore organizzativo. Penso che le due metà del mio cervello non troveranno mai un equilibrio, ma questo comporta forse qualche vantaggio, per esempio m’impedisce di annoiarmi.

Senza dubbio! La noia è anche pericolosa, a volte… Quali sono i suoi maestri, nella scrittura e nella lettura? Qualcuno che l’ha influenzata maggiormente nel suo stile di scrittura e nelle sue preferenze di lettrice?
Temo di essere ancora troppo acerba per poter dire di avere uno stile. Quel che posso affermare è che amo molto la rotondità della scrittura e la sua musicalità. Leggo e rileggo quel che scrivo, alla ricerca di un’eufonia che mi soddisfi. La strada è lunga e difficile, e non so nemmeno se avrò la costanza di percorrerla. Quanto ai miei maestri, quelli che porterei sulla classica isola deserta, sono molto diversi tra loro ma accomunati – e qui potrei scandalizzare i più - dall’insuperabile resa elegiaca di stagioni formative della vita: l’infanzia e la prima giovinezza. Pamela Travers - sì, proprio lei, la creatrice della mitica tata Mary Poppins - evocatrice di un momento prescolare e perfetto, in cui i piccoli, non ancora condizionati da rigidi schemi educativi e nozioni inflessibili, sono in grado di comprendere il linguaggio del vento, della pioggia e di tutti gli animali; Marcel Proust e il titolo che avrebbe dovuto portare la sua Ricerca, Les intermittences du coeur, allusivo di quel fluire alternato di ricordi ed emozioni legati alla stagione irripetibile della giovinezza; Giorgio Bassani, ancora per il tema del ricordo o meglio di “quel poco che il cuore ha saputo ricordare”. Mi sono lasciata prendere, mi scuso.

Assolutamente no, anzi! Magari organizziamo un’altra intervista, in cui ci racconta anche nei particolari, su questo argomento… Veniamo a Paura sotto la pelle2. È la seconda edizione che sta per partire, in collaborazione con Giovanni Modica e Fabio Mundadori. Da dove arriva la scelta di dedicare una rassegna così articolata alla paura?
Senza dubbio dalla passione per il romanzo e il cinema crime, che mi tiene prigioniera fin da bambina. A me piace aver paura, alla fine me ne sono convinta. Non di un pericolo reale certamente, ma della suggestione che pagine e immagini sanno evocare, altrettanto reali per un momento ma innocue. Anzi, quasi piacevoli perché rendono più attraente il ritorno alla quotidianità. Mi attraeva dare alla mia città una rassegna diversa, non la solita carrellata di presentazioni delle ultime opere di autori noti, ma un confronto tra i differenti attori che partecipano alla creazione della paura – scrittori, sceneggiatori, registi – sulla “ricetta” di ognuno. 

Qual è il messaggio che vuole fare arrivare a chi frequenterà la rassegna?
In primo luogo che si può diffondere cultura in modo diverso, come dicevo prima. Poi che Bologna non è solo la capitale enogastronomica che tutti conoscono, ma la sede di una delle più accreditate scuole italiane di narrativa crime. E a ricordarlo basterebbe la presenza alla rassegna di Loriano Macchiavelli, iniziatore della scuola bolognese di noir con Carlo Lucarelli. Aggiungerei infine che il patrocinio dell’Ateneo bolognese, la più antica università, conferisce alla manifestazione un carattere distintivo.
    
Cos’è la paura, per Lei? Qualcosa da combattere, reprimere, esorcizzare, o lasciar fluire?
Paura per me è l’impossibilità di controllare gli eventi negativi: malattia, accidente, minaccia sociale che sia. Nella finzione quindi, ciò che mi atterrisce è l’incursione dell’elemento soprannaturale. Da lettore o spettatore, come dicevo prima, mi piace aver paura: il picco adrenalinico che ne deriva mi consente di apprezzare il successivo ritorno alla mia magari piatta quotidianità. 

Ci può parlare del suo ruolo di organizzatrice di eventi culturali? Se sappiamo che uno scrittore scrive, crea, corregge e riscrive, cosa fa un organizzatore di eventi culturali, nello specifico? 
Io organizzo gli eventi ai quali vorrei assistere da spettatore, quelli che mi regalano l’emozione di una bambina chiusa per caso in un negozio di giocattoli. Dietro le quinte dell’organizzazione di un evento che riunisce quasi una trentina di protagonisti di spicco della narrativa, del cinema e della critica c’è fatica, tanta: oltre a individuare i contenuti artistici e di conseguenza gli ospiti da invitare, occorre curare tutti gli aspetti della macchina organizzativa, reperire la location, curare i dettagli del soggiorno degli ospiti, spingersi fino alla promozione dell’evento. La cultura in Italia fatica a trovare sovvenzioni e, dunque, è difficile poter delegare ciascun ruolo a professionisti specifici. Occorre più spesso arrangiarsi e occuparsi un po’ di tutto. E non soltanto dei compiti di un direttore artistico, come invece sarebbe auspicabile attendersi.

Se dovesse scegliere una parola per descrivere ciascuno dei suoi ruoli, scrittrice, critico letterario e organizzatrice di eventi culturali, indicando una parola per ciascuno, quali sarebbero? 
Scrittura creativa: altrove. Critica letteraria: condivisione. Organizzazione di eventi: spettacolo. 

Che bella scelta! Quali sono i Suoi progetti per il futuro, oltre alla terza edizione di Paura sotto la pelle?
Vorrei completare il mio romanzo e aggiungere una trentina di capitoli a quelli già scritti, soprattutto per capire se sono in grado di affrontare la sfida più ardua per chiunque si cimenti con la scrittura: dare forma coerente a un’idea che vive con noi. 
La terza edizione di Paura sotto la pelle dipenderà soprattutto dal risultato della seconda. Un primo evento può essere messo in cantiere sull’onda dell’incoscienza, il secondo sulle ali dell’entusiasmo. Per affrontare il terzo occorre un rigore assoluto e una macchina organizzativa a regime. Soprattutto, poi, quando le idee per una prossima edizione sono ancor più ambiziose di quelle messe in campo finora. 
In tema di eventi posso dirle però che coltivo un altro sogno, dedicare una rassegna al giallo deduttivo, quello per intenderci che coinvolge il lettore nella risposta alle tre classiche domande: chi è l’assassino, come ha compiuto il crimine, quale il suo movente. E in una manifestazione del genere non dovrebbe mancare il dovuto omaggio alla grande Agatha, mia prima e indimenticata passione.

Temo di essermi dilungata troppo e di aver approfittato delle sue intriganti domande, di cui la ringrazio davvero. Un’occasione troppo ghiotta, per chi di solito intervista gli altri.

Io sono davvero felicissima che abbia risposto in modo così esauriente, vivace e originale, e non vedo l'ora di avere altre occasioni per poterLa intervistare. Nel frattempo, andrò a recuperare i suoi scritti... grazie di averci dedicato il suo tempo e buon lavoro!


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