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mercoledì 2 aprile 2014

Accabadora – L’ultima madre

La tappa della Sardegna del Giro Letterario d’Italia si è concretizzata in un libro che ho amato moltissimo, dal volto misterioso e liscio come una maschera levigata che non lascia appigli, e offre la stessa espressione decisa e svuotata di emozione, da qualunque angolo la si guardi. Basta scrutare un po’ meglio nel buio degli incavi per gli occhi per notare le ombre infinite e le passioni che scalciano impedite dalle catene della riservatezza, dei riti da rispettare, dal rifiuto di lasciarsi intimidire dal giudizio altrui. L’accabadora del titolo è una figura mitica, misteriosa e inquietante, il cui nome non viene pronunciato se proprio non si è costretti, e in quel caso si fa a occhi e voci bassissimi. E’ l’ultima madre, colei che accompagna i moribondi stremati da una vita che non vuole finire, che viene chiamata con discrezione dalla famiglia altrettanto moribonda per compiere un atto di terribile compassione difficile per liberare tutti. Entra ombra nera di notte, nella casa lasciata opportunamente aperta, mentre tutti si chiudono nelle loro stanze e nel silenzio più assoluto, e officia il suo terribile rito liberatorio. Per questo, e l’estrema riservatezza che la caratterizza, l’accabadora è temuta, amata e rispettata. Guai a chiamarla prima del tempo giusto, o spinti dall’avidità piuttosto che dallo strazio: è una donna accorta, usa a studiare i suoi simili vivi e morti, e capisce bene i sentimenti dietro gli occhi umani, per quanto addestrati a nasconderli. Non s’inganna la morte, e non la si piega ai propri fini. Se non è il momento, e non c’è compassione vera, l’accabadora lascia la casa senza esitazione, con uno strascico di maledizioni per chi ha creduto di sminuire il suo ruolo e il suo operato delicato. Queste sono le caratteristiche di Bonaria Urrai, ricca e anziana sarta di Soreni, nella Sardegna degli anni ’50. All’inizio del romanzo, compie un atto di vita: prende a vivere con sé, come “fillus de anima”, l’ultima figlia di Anna Teresa Listru, Maria, di soli sei anni, alleviando le condizioni economiche già molto povere della prima e spalancando le porte di un’altra vita e un’altra casa alla seconda. Maria è una bimba sveglia, silenziosa, intelligente e piena di iniziativa. “Quando la vecchia si era fermata sotto la pianta del limone a parlare con sua madre Anna Teresa Listru, Maria aveva sei anni ed era l’errore dopo tre cose giuste. Le sue sorelle erano già signorine e lei giocava da sola per terra a fare una torta di fango impastata di formiche vive, con la cura di una piccola donna. Muovevano le zampe rossastre nell’impasto, morendo lente sotto i decori di fiori di campo e lo zucchero di sabbia. Nel sole violento di luglio il dolce le cresceva in mano, bello come lo sono a volte le cose cattive.” (Michela Murgia, Accabadora, pag.3, Einaudi) 

giovedì 20 febbraio 2014

Cristo si è fermato a Eboli – L’odio triste e antico

LoreGasp

Il titolo di questo libro, terza tappa del Giro Letterario d'Italia, mi ha sempre incuriosito. Spesso l’ho sentito citare, anche in qualche film, con scherno e disprezzo verso il cosiddetto “problema meridionale”, chiamato anche il Mezzogiorno e in altri modi molto meno aulici, soprattutto da quando è emersa una certa corrente di pensiero politico (chiamiamola così, manteniamo un certo decoro nel blog). Alla spiegazione del titolo Carlo Levi dedica due pagine dense iniziali, ma la vera comprensione di queste sue parole si raggiunge spingendosi all’interno di questo romanzo, che io ho considerato agevole e difficile, attraente e noioso, magico e piatto, ottuso e intelligente, leggero e severo, ricco e desolante.  “Noi non siamo cristiani, - essi dicono [i contadini lucani], - Cristo si è fermato a Eboli - . Cristiano vuol dire, nel loro linguaggio, uomo: e la frase proverbiale che ho sentito tante volte ripetere, nelle loro bocche non è forse nulla più che l’espressione di uno sconsolato complesso di inferiorità. Noi non siamo cristiani, non siamo uomini, non siamo considerati come uomini, ma bestie, bestie da soma, e ancora meno che le bestie, i fruschi, i frusculicchi, che vivono la loro vita diabolica o angelica, perché noi dobbiamo invece subire il mondo dei cristiani, che sono al di là dall’orizzonte, e sopportarne il peso e il confronto. Ma la frase ha un senso molto più profondo , che, come sempre, nei modi simbolici, è quello letterale. Cristo si è davvero fermato a Eboli, dove la strada e il treno abbandonano la costa di Salerno e il mare, e si addentrano nelle desolate terre di Lucania. Cristo non è mai arrivato qui, né vi è arrivato il tempo, né l’anima individuale, né la speranza, né il legame tra le cause e gli effetti, la ragione e la Storia. [...] Cristo è sceso nell’inferno sotterraneo del moralismo ebraico per romperne le porte nel tempo e sigillarle nell’eternità. Ma in questa terra oscura, senza peccato e senza redenzione, dove il male non è morale, ma è un dolore  terrestre, che sta per sempre nelle cose, Cristo non è disceso. Cristo si è fermato a Eboli. “ (Cristo si è fermato a Eboli, pagg.3-4, Einaudi). Questa è la traccia e la mappa per addentrarsi nel mondo di questo romanzo, vera e propria esplorazione, fisica e umana. Carlo Levi è un laureato in medicina, torinese, che si trova a vivere in quel tempo difficoltoso e protervo che era il fascismo e in particolare gli anni della Guerra d’Africa.

domenica 2 febbraio 2014

Il ragazzo selvatico – Poesia pura

Inizio a dire che non amo molto la poesia. I libri di raccolte di poesie sono le ultime cose che leggo, e solo quando sono costretta. Ritengo di non essere lirica d’animo a sufficienza per apprezzarle, nonostante mi lasci colpire spesso e volentieri dalle emozioni. Questo libro, che rappresenta la seconda tappa del Giro d’Italia Letterario, mi sta insegnando una nuova definizione di poesia. E’ una poesia che percepisco nello stile semplice e suggestivo e nel soggetto principale del libro, la montagna. Il sottotitolo racchiude già l’essenza dello scritto: Quaderno di montagna. La voce narrante, che con tutta probabilità appartiene allo stesso Paolo Cognetti, parte a raccontare di un momento in cui anche lui, come un illustre compatriota vissuto secoli prima, si ritrovò nel mezzo di cammin di sua vita, ché la diritta via era smarrita. Trent’anni o poco più, sfibrato da una vita in corsa sempre uguale, con voglia di progetti rasente lo zero, con troppe zavorre alle caviglie, Paolo decide di ascoltare un’antica passione, un’antica voce che urla rauca nel suo essere, che lo spinge fuori dalla città per piombarlo in un amore provato da sempre, quello per la montagna e la sua vita. Ha una discreta somma di risparmi, tanti libri da leggere, un desiderio lancinante di ritrovare la voglia di scrivere andata persa sotto pensieri e preoccupazioni da logorio della vita moderna. Apre la porta di una baita chiusa da diverso tempo, ed entra in una nuova dimensione, fatta di silenzio innaturale di notte, innumerevoli rumori e fruscii di vita durante il giorno, altri ritmi, apparentemente lenti e misurati, rapporti umani stringati ma molto intensi con i suoi occasionali vicini di casa (per modo di dire: non ci sono vie lastricate di marciapiedi, palazzi combacianti e appiccicati l’uno all’altro, ma valli e vallette, piccoli boschi o crinali a separarli), e rapporti sui generis persino con gli animali che ogni tanto si fanno vivi nei suoi dintorni: una lepre occasionale, i cani pastore delle mandrie, qualche cerbiatto predatore di erba fresca.  Ho letto questo libro in silenzio. E non mi riferisco solo al silenzio esterno (niente radio, televisione o brusio umano da pullmann/treno), ma anche a quello interno. Capita, ogni tanto, che il libro che si sta leggendo faciliti altre riflessioni in sottofondo, poiché la nostra mente fantastica è in grado di ospitare milioni di pensieri, immagini e ricordi tutti in una volta. In questo caso, mi sono disposta ad ascoltare e basta. Tutte le domande o le riflessioni che nascevano, venivano zittite e rimandate ad altro momento: durante la lettura era importante per me, cogliere lo spirito di quelle parole semplici e rotonde, di quei sentimenti calmi e corroboranti al tempo stesso. L’autore parla di un tormento, di un blocco nella sua vita, che riesce a sciogliere piano piano, pur sentendosi sconfitto, immergendosi in un’altra vita e nel mettersi continuamente alla prova sullo sfondo di un ambiente che non fornisce tanti aiuti, che è meraviglioso ma esige una conoscenza approfondita ed elastica per poterci sopravvivere e per poterne godere. Se amate la montagna, e ogni volta che potete vi immergete nei suoi silenzi, troverete un fratello in questo libro. Altrimenti, potrebbe essere un po’ difficile apprezzarne la mancanza di azione (spericolata, almeno) e le descrizioni profonde e molto sentite di paesaggi, animali e piccola vita apparentemente semplice. 

domenica 26 gennaio 2014

La paga del sabato – Un incompiuto di razza

Questo libro rappresenta la prima tappa del Giro d’Italia Letterario, sponsorizzato e organizzato da Paola di Se una notte d’inverno un lettore. Cominciamo dal Piemonte con Fenoglio, un nome importante e di peso dalle parti di Alba e delle Langhe, e per la letteratura italiana novecentesca. Di solito, nei programmi scolastici arriva a far parte di quegli autori che si studiano all’ultimo anno, in quinta, magari un paio di settimane prima dell’inizio dell’esame di maturità, quando le menti studentesche sono concentrate sullo spauracchio e sullo sforzo di ricordare eventi e libri scritti secoli prima, e si interessano poco di chi è venuto dopo il 1910. Personalmente, almeno, ho constatato che è così, e ho scoperto con questo libro di essermi persa un pezzo del nostro tesoro. E’ un libriccino piccolo, svelto, carico di un mondo poco conosciuto, per quanto si apra a pochi chilometri da Torino. Fenoglio lo scrive insieme ad un’altra opera, Ventitre giorni della città di Alba, ma viene pubblicato postumo solo nel 1969. Il personaggio principale è Ettore, un giovane partigiano che, con la fine della guerra, si ritrova a fare i conti con una realtà pacificata e da ricostruire che non sente sua. Il suo elemento è la guerra, la durezza, l’esibizione dei muscoli e della forza per intimidire, schiacciare, piegare alla propria volontà. In casa si scontra quotidianamente con una madre che lo copre di disprezzo per non essere riuscito a trovare la sua strada, e per non sapersi piegare alle nuove necessità di trovarsi un lavoro, una moglie, costruire casa e famiglia, come il resto della società si dedica a fare faticosamente, per archiviare il periodo spaventoso della guerra. Ettore, però, appartiene a quella schiera di persone che prosperano nei conflitti grazie ai propri lati distruttivi che tirano fuori per prevaricare gli altri. Suo padre è quasi inesistente: un uomo medio, preso dal lavoro e dalla responsabilità di occuparsi della famiglia, che non si accorge (o non vuole accorgersi) del disagio e del rifiuto del figlio di fare finalmente il bravo ragazzo. Conformarsi alle regole della buona convivenza e della società normale (la bella confezione trova-lavoro-sposati-fai-figli-e-sii-normale) lo spaventa talmente tanto, che il primo giorno di lavoro “regolare” in fabbrica, non riesce nemmeno ad entrare.

domenica 29 dicembre 2013

Ritorno alla vita...digitale. Con un Giro d’Italia letterario, un GdL, una rivista online, un premio.

E’ passato diverso tempo dal mio ultimo post. Talmente tanto che mi sembra di essere stata via un anno intero...immergersi in altri progetti, di tutt’altro tenore, fa questo effetto, quando si ripensa alle occupazioni di prima. In ogni caso, rieccomi tornata in vita digitale, con una serie di segnalazioni da fare e qualche breve riflessione. Breve perché questo è un periodo di bilanci, di sguardi indietro per vedere cos’è capitato, la strada percorsa, o i libri letti, nel caso dei book blog in Rete. Io non mi soffermo molto sui bilanci, perché poi mi coglie una specie di nostalgia per il tempo passato, che poi si rivela nociva. Almeno, nel mio caso. Per quel che riguarda la prima segnalazione, abbiamo niente di meno che un Giro d’Italia Letterario. Paola del blog Se una notte d’inverno un lettore ha avuto la splendida idea di leggere la nostra letteratura regione per regione, in un vero e proprio percorso. Al posto delle bici, usiamo i libri dei nostri autori più significativi, e i nostri account Facebook, partecipando all’evento qui, a partire da Domenica 5 gennaio 2014. L’estrazione a sorte ha decretato che iniziassimo con il Piemonte, e più precisamente con La paga del sabato di Beppe Fenoglio (titolo scelto dopo proposte e votazioni da parte dei partecipanti).  Volete ulteriori informazioni? Tuffatevi in questo link.

La seconda segnalazione riguarda un bellissimo gruppo di lettura, un GDL ospitato su Facebook: Gruppo di
lettura scratch-made: leggiamo Neil Gaiman. Maria del bellissimo Start from Scratch Blog, ha avuto la splendida idea di creare un gruppo di lettura dedicato a Neil Gaiman, un autore che mi gira intorno da anni, ma che non ho mai afferrato completamente, essendo io perennemente distratta da altri scrittori, altri libri, altri argomenti. Finché non si è deciso ad entrare in casa mia portato di peso da Marzia (non tanto Neil Gaiman in persona, quanto due suoi titoli, che presto compariranno su queste pagine), e infilato nel mio pc da Maria. Lunedì 6 gennaio 2014 iniziamo con Buona Apocalisse a tutti, scritto a quattro mani con Terry Pratchett. Volete partecipare, e avete un account Facebook? Correte alla pagina segnalata sopra. Volete partecipare, e non avete un account Facebook? Su queste pagine furiose comparirà la mia recensione, per cui potete comunque inondare di commenti. In questi giorni di relativa calma pubblicherò anche il mio articolo su Follie di Brooklyn, di Paul Auster, che ho letto grazie ad un altro GdL, promosso sempre da Maria su Facebook. Anche per Auster valgono le stesse parole che ho scritto per Gaiman. Ormai è chiaro che, per farmi leggere autori che desidero da anni senza mai toccare, è necessario infilarmi in un gruppo di lettura. In quel caso, non si scappa: o leggo l’autore, o leggo l’autore. E finalmente, aggiunge il mio innato Furore Libresco.

La terza segnalazione riguarda Eclettica, la rivista-blog online che raggruppa diversi blogger, tra cui la Furiosa Scrivente, che condividono la loro passione per libri e cultura. Siamo al secondo numero, che è veramente ripieno di grandissimi articoli, uno più bello dell’altro. Per il volto dell’orrore, ho scelto di parlare di Chiara Palazzolo e della sua meravigliosa trilogia di Mirta-Luna, mentre per la biblioteca inglese, mi sono lanciata su uno dei miei miti di sempre, la regina Elisabetta I, rivissuta nella bellissima biografia romanzata di Margaret George.









Pur lontana dagli schermi digitali, Chiara di Paroledi Cioccolato mi ha tributato un altro premio, il Liebster
Award qui accanto, evento che mi fa sempre un enorme piacere e che mi convince, tutto sommato, di essere riuscita a trasmettere qualcosa di me e della mia passione libresca al di là del mio monitor. Come da regolamento, dovrei rispondere alle domande di Chiara, proporne altre e segnalare altri blog da premiare. Per mancanza di concentrazione non riesco a farlo ora, ma riuscirò a ricambiare!! Uno dei miei buoni propositi per il 2014 è proprio quello di migliorare decisamente l’organizzazione del tempo e del lavoro da fare. Vedremo alla fine cosa sarà capitato...
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