Probabilmente perché gli autori sono docenti di materie
scientifiche, lo stesso libro ha un approccio scientifico ma non freddo all’argomento.
Mette in risalto alcune caratteristiche passate in secondo piano o
completamente ignorate da altri giornali e scrittori che si sono occupati del
misterioso decesso. Marilyn fu trovata morta nella sua villa di Los Angeles,
che aveva acquistato mesi prima. Nel pavimento dell’ingresso, alcune mattonelle
riportavano una citazione di San Paolo: “Cursum Perficio”, “ho terminato la mia
corsa”, che suona piuttosto sinistro, come se fosse una premonizione della fine del suo corso di vita. Leggendo
anche le vicende di quei mesi, e la trascrizione di alcuni dei colloqui con uno
dei suoi analisti, Marilyn stava finendo anche il corso stesso della sua
analisi. Dopo essere stata in cura da diversi terapeuti, tra cui la stessa
figlia di Sigmund Freud, l’attrice arriva alla conclusione di non averne più
bisogno. Dopo mesi, anni, passati a scavare nelle lacune e nelle ferite della
sua anima, a rivedere, rimescolare e a piangere sul rapporto nero con una madre
inesistente e troppo lontana, a cercare di vivere nonostante tutte le angosce e
le solitudini che questo le causava, Marilyn vede con lucidità che ha
terminato. E non perché è guarita. Non si può andare oltre. Non si può risanare
qualcosa che non è mai stato sano. E’ la conclusione che aleggia da alcune
frasi dell’attrice, una consapevolezza lucida e sinistra che l’ha accolta e
accompagnata fino alla morte. Se si segue questo filone di pensiero, è facile
pensare che Marilyn davvero si sia suicidata perché sconvolta dal non poter più
fare nulla per se stessa, e tutto questo avrebbe una sua logica. Eppure, gli
autori mettono l’accento sulle mille stranezze della notte in cui l’attrice
viene trovata morta.
Insospettita dal silenzio e dalla luce che filtra sotto la
sua camera a tarda notte, la sua governante chiama l’analista della Monroe
chiedendogli di intervenire. Il terapista, dopo aver provato a entrare nella
sua stanza, chiusa a chiave dall’interno, rompe il vetro della finestra. La
governante chiama immediatamente un suo nipote per far riparare il vetro.
Quando viene chiamata la polizia (Marilyn è riversa sul letto, senza vita), la
stessa governante è impegnata a fare il bucato: sta lavando le lenzuola del
letto dell’attrice, e quando viene interrogata, è evasiva, agitata, si
contraddice, fornisce almeno tre versioni sull’orario del ritrovamento del
cadavere. Non sembra spaventata dall’accaduto, ma da quello che deve dire affinché
la polizia non la interroghi troppo. I numerosi testimoni, come i barellieri
dell’ambulanza, l’addetta stampa di Marilyn, il detective che ha eseguito le
prime indagini, danno tutti versioni diverse, sulla posizione del corpo, sull’orario
in cui l’hanno vista, addirittura sul luogo in cui l’hanno ritrovata. Le stesse
contraddizioni e diversità di versioni si riscontra anche nei referti di
autopsia. Il corpo della Monroe è intossicato letteralmente delle sostanze
calmanti che prendeva per riuscire ad affrontare i suoi mostri, interni ed
esterni. Tuttavia, le quantità trovate nei suoi organi al momento del decesso
non sono compatibili con le quantità di farmaci ritrovate nella villa. Avrebbero
dovuto essere molti di più. E’ una conclusione molto precisa e attendibile, cui
gli autori del libro arrivano confrontando i risultati dell’autopsia con le
caratteristiche e le azioni delle sostanze nel corpo umano. Verso gli ultimi
capitoli, ci si immerge in una ricostruzione-indagine degna dei telefilm
dedicati alla polizia scientifica, come CSI, con numeri, statistiche,
parametri, e definizioni. Per quanto le serie televisive menzionate sopra
abbiano contribuito a sdoganare molto la criminologia e il suo modus operandi,
alcuni termini, come Coroner, non suonano così familiari e comprensibili, per
cui gli autori del libro, attenti nei confronti di lettori privi della loro
formazione di base, forniscono brevi spiegazioni chiare ed efficaci dei termini e delle procedure del settore. Seguendo le “prove” (ammetto che è molto da
telefilm, questa frase. Questo rivela un po’ quanto mi faccia influenzare, a
volte…), e considerando gli ultimi giorni dell’attrice, da lei passati in
compagnia di una nipote di Joe DiMaggio, gli autori arrivano alla conclusione
che l’archiviazione della morte della Monroe come suicidio è stata davvero
frettolosa, e in aperto contrasto con gli eventi e l’atteggiamento dell’attrice
in quei giorni. Ma, se è stato un omicidio, chi è stato?
Certi enigmi tali resteranno per sempre.:)
RispondiElimina...purtroppo è vero: l'arte dell'insabbiamento è una delle poche che rimane insuperata, in qualunque epoca e campo.
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