Non mi dilungherò oltre sulla trama, perché, da questo
momento in poi, si dispiega una catena di azioni e reazioni, che porterà a due
lutti, di cui un suicidio. Ho detto già troppo. Ogni azione e parola dei
personaggi corrisponde ad una reazione emotiva quasi sempre negativa, che
sfocia in una contromossa di perfidia. E non parlo solo degli adulti, presi nei
loro giochi di potere politico, di seduzione o di prevaricazione. Tra i
consiglieri colleghi di Fairbrother, compresi quelli all’opposizione, si
scatena una guerra sotterranea fatta di sorrisi accomodanti, ed estenuanti
strategie elaborate da soli o con altri di cui si cerca disperatamente l’alleanza.
La seduzione coinvolge soprattutto la moglie di Miles Mollison, Samantha, che
tenta di sentirsi nuovamente viva e ventenne, per sfuggire alla prigionia della
vita asfissiante in un posto piccolo e compresso come Pagford. Fallito il
tentativo di attirare l’attenzione del bellissimo marito della dottoressa
Jawanda, Samantha tenta di consolarsi guardando un dvd musicale della figlia
adolescente. La visione distratta viene improvvisamente risvegliata e
calamitata da uno dei componenti della boy-band del momento, un bel giovanotto
palestrato, poco vestito, e prodigo di sguardi languidi.
L’atmosfera creatasi
trasporta la donna al tempo in cui aveva l’età della figlia, e il suo corpo
florido attirava sguardi affamati e la sua generosità le regalava momenti di
esaltazione ormai frantumati e calpestati dagli anni di matrimonio. Questa sua
improvvisa ossessione per la boy-band preferita della figlia, che lei coltiva
in segreto, quasi fosse una relazione extraconiugale, culminerà in un gesto
avventato, frutto della frustrazione del momento, che la farà diventare
improvvisamente la mantide della cittadina. Questo è solo uno degli esempi di
comportamento sempre più deviante e bizzarro che si verifica nella comunità
degli adulti “responsabili” di Pagford. Gli adolescenti, i loro figli, non sono
da meno. Alle piccole e grandi guerre intestine tipiche dell’adolescenza, condotte
contro i coetanei brutali, e contro se stessi, rei di essere cambiati e non più
riconoscibili ai loro stessi occhi, si aggiungono quelle condotte contro il mondo
adulto dei genitori, visto come prevaricatore, ostile, malvagio, ipocrita. Sono
tutte caratteristiche che vanno a risvegliare il guerriero dormiente di ogni
adolescente, che sembra avere come missione riempirsi di rabbia verso il mondo
esterno, e lanciarsi contro di esso con tutta la forza e l’avventatezza dei
quindici-sedici anni. E qui non si tratta di reagire e rispondere alle prese in
giro e alle frecciatine dei compagni di scuola, veloci a individuare i difetti
più dolenti di quelli più deboli e più silenziosi e ad esagerarli per
sbandierarli al vento e a farne gogna. Si tratta di tramare la rovina di un
padre violento, arrogante e pieno di disprezzo per tutti tranne che se stesso,
che non risparmia occasione per coprire di insulti infamanti e vergognosi i
suoi stessi figli. Si tratta di smascherare e colpire un padre assente in
amore, che nasconde il proprio rifiuto sotto un’apparenza di severità, e solo portato
all’esasperazione riesce ad ammettere che non avrebbe mai voluto il figlio che
si è ritrovato in casa, e che lo ha fatto solo perché costretto dalla moglie. È
un uomo lacerato e distrutto tra i pezzi sparsi della sua corazza, preda della
vergogna di non aver superato il suo limite, quello che ammette di non essere
riuscito ad amare senza condizioni. Dopo essere passato dalla nudità di questi
sentimenti graffianti, che la Rowling gli impone, riesce a ripartire, perché
scopre che il figlio rifiutato, nonostante la corazza di indifferenza e di
crudeltà verso il prossimo che si è costruito per ripararsi, ha davvero bisogno
di essere amato e di capire che c’è bisogno di lui in questo mondo, per non essere forzato ad abbandonarlo
con un gesto autolesionista. Si tratta, ancora, di reagire alla rivoltante
violenza sessuale di un uomo sordido e violento, uno spacciatore di mezza tacca
capace di farsi valere solo con donne spezzate dall’eroina o da adolescenti
sbruffone e fragili. Parte tra i merletti, il verde sfolgorante delle colline
al tramonto e le casette ordinate di Pagford, il romanzo del seggio vacante,
per poi precipitare in un’ampia cloaca, coperta di marmo bianco piacevole, ma
ribollente del peggior fango melmoso possibile. Quando qualcosa viene gettato in quel fango,
come la pietrolina di un infarto che porta via un coraggioso consigliere
impegnato a rivalutare una periferia degradata, tutto in quel fango schizza in
alto e si riversa al di là delle piastrelle di marmo. Ci vuole dell’acqua, come
quella veloce del fiume Orr che scorre in Pagford, che si porta via una vita, a
spargere il fango e diluirlo, per poi azzerare alcune situazioni e favorire la
partenza nuova verso rapporti migliori, su basi più solide e con meno rabbia e
incomprensione.
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