Il 2012 era l’anno del drago. Questo sarà l’anno delle donne…e
io personalmente ho voluto iniziare da una figura particolare di donna, la geisha. Come dice molto bene una
delle prime righe della definizione
offerta da Wikipedia, le geishe sono ERRONEAMENTE assimilate a prostitute,
soprattutto in Occidente. Sembra che noi Occidentali abbiamo una particolare
predisposizione per commettere errori di questo genere…soprattutto quando si
tratta di cose complesse e sfumate, difficili da inquadrare con un’etichetta
sola, e possibilmente piccola e veloce. La geisha è una figura di donna molto
raffinata, l’incarnazione della bellezza e delle arti, la padronanza del bello
nell’aspetto, nelle forme e nei movimenti. Le foto che vediamo comunemente di
geishe mostrano donne esili, dai volti bianchissimi da bambola come lineamenti
e colori, coronate da acconciature spesse, pesanti, decorate e avvolte in
kimono strettissimi e fantasiosi. Non
sembrano appartenere al nostro stesso mondo.
Come fanno a camminare, con i
cinque cm di spazio che il kimono stretto sembra lasciare alle loro gambe? Non
hanno scarpe normali. I “geta”,
gli zoccoli che portano, sembrano tutto tranne che comodi e caldi. Le
acconciature sono grandi, ampie, e i kimono da soli pesano svariati kg. Come
fanno a muoversi, a danzare, ad essere graziose ed emanare grazia e fascino
quando devono sopportare di essere fasciate come salami, in bilico sotto
decorazioni e chili di seta pesante? Mi sono sempre sembrate irreali, una razza
a parte. Ed è la sensazione che si ricava da questo libro, già dalle prime
pagine. E’ il racconto della vita da geisha dall’interno, da una geisha che
rompe il silenzio e il mistero che proteggono da sempre queste artiste dall’aspetto
“alieno”. E non una geisha qualunque, ma una che è stata a lungo considerata la
migliore, la più bella, la più aggraziata, la più richiesta, una leggenda
vivente. Qui la conosciamo con il suo nome artistico, Mineko Iwasaki, che
veniva attribuito tenendo conto dei complessi rapporti che si instaurano tra
geishe e le loro “madri”. Non si parla
di madri naturali, in questo caso, ma delle madri d’arte, le proprietarie delle
case da the, in cui le geishe vivevano, studiavano, crescevano e si esibivano.
Quando una donna diventa geisha, abbandona la sua famiglia e tutta la struttura
di rapporti cui era abituata, per entrare in un mondo completamente diverso,
fatto solo da donne. Gli uomini che vivono qui sono ai margini, e sono di due
grandi categorie, generalmente: i fornitori e gli aiutanti delle geishe (ci
vuole aiuto per indossare abiti che arrivano a pesare tutti assieme fino a 15
kg), e i clienti.
Non ho letto questo, che adesso è un altro titolo sulla mia “lista nera”.
RispondiEliminaIn compenso ho letto il libro di una giornalista britannica, affascinata da questo mondo complesso, chiamato anche “il mondo fluttuante” o “il mondo dei salici e dei fiori”.
Dal nome (…ma va?) a tutta una serie di gesti che diventano riti per la complessità ed i simboli, la vita di una “gei-ko” è una vita di addestramenti durissimi. La loro arte: cristallizzare gli attimi in modo da renderli eterni, un vero paradosso.
Una curiosità: Mineko è di Tokyo o di Kyoto?
Mineko è di Kyoto, la città delle geiko per eccellenza. Correlato a Storia proibita di una geisha c'è quello diventato molto famoso, grazie al film che ne è stato tratto, Memorie di una Geisha, di Arthur Golden, che è stato anche criticato e accusato di plagio.
EliminaIo ho letto il libro di Liza Dalby, La mia vita da geisha, un'antropologa americana che è riuscita a vivere e ad addestrarsi come una geisha. http://www.ibs.it/code/9788860613349/dalby-liza/mia-vita-geisha.html
Ne parlerò più avanti...nel frattempo mi segno anche gli altri libri che ho trovato sull'argomento, così quadriamo il cerchio!
Un paradosso la loro arte, vero. Molte forme artistiche nascono proprio così, dai paradossi...
Finalmente "è tornato" il libro serio che ho letto io:
RispondiElimina"Geisha" di Lesley Downer
giornalista e scrittrice britannica (dettaglio che fa la differenza, già), che ha vissuto a Kyoto - per questo ho posto la domanda sulla città di Mineko: una geiko "aristocratica", allora!
(ops: il singolare è gei-ko o gei-ki? Mai studiato il giapponese di Kyoto!)
Bene, un altro titolo da ospitare presto, allora...il singolare è geiko.
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