lunedì 25 gennaio 2016

Le perle di Loredana#2 - 1934 - Alberto Moravia

LoreGasp

La mia caccia alle perle WeekendOut mi ha riportato di nuovo sull’isola di Capri, dove siamo andati per conoscere l’amore segreto di Neruda qualche settimana fa. Stasera ci torniamo, andando anche a ritroso nel tempo, fino all’anno 1934, che dà il titolo ad un fortissimo romanzo di Alberto Moravia.

Il protagonista è un giovane intellettuale italiano di nome Lucio, che sta passando un periodo di profonda e scomoda introspezione. Tutto nasce da una domanda che rivolge a se stesso: «È possibile vivere nella disperazione e non desiderare la morte?» cui tenta di dare una risposta guardandosi attorno, cercando un rapporto con gli altri e la natura. E’ una domanda che non nasce in Lucio di per sé, ma arriva da molto lontano, e da un grande nome: Goethe, che la fa balenare ne Le affinità elettive.

La risposta arriva quasi subito, o almeno una parte, sul traghetto che lo porta da Napoli a Capri, dove incrocia lo sguardo profondamente triste di una bella turista straniera. Lucio ne rimane colpito, la segue al momento dello sbarco, per scoprire che è sposata e che alloggia nel suo stesso albergo.

Riesce a scoprire che è tedesca e si chiama Beate: da quel momento inizia un rapporto-inseguimento tra i due (o meglio tre, perché il marito di lei è sempre presente, vigile geloso ma trascurato) fatto soprattutto di sguardi, di silenzi e di tentativi di comunicazione con quei silenzi. Lucio è sempre più intrigato ed attirato, soprattutto nella sua parte intellettuale, dall’idea di dare una risposta concreta alla domanda di Goethe. La sua fantasia si spinge addirittura a chiamare in causa un esempio tragico e nobile, nel doppio suicidio di Heinrich von Kleist e della sua amica Henriette Vogel.

Non è la prima volta che nella narrativa campana si insinua lo spirito germanico: tra le terre campane (soprattutto quelle cariche di energia dirompente come il Cumano, o le isole) e quelle boschive e gelide della Germania, si crea spesso un legame forte, spesso.

Le cose, tuttavia, non vanno come sperato: Beate torna in Germania all’improvviso, lasciando il posto ad una gemella, Trude, completamente diversa da lei. Una personalità opposta: tanto era silenziosa e disperata Beate, tanto è vulcanica, piena di vita e di sberleffi Trude. Lucio viene nuovamente coinvolto in un rapporto a tre, con la presenza della madre ambigua delle due, con risvolti anche molto amari.

Niente è come sembra, in questo libro. E’ un gioco perenne di parole, facciate, recitazioni; è più un dramma teatrale, che non un romanzo vero e proprio. Non è un romanzo facile, di sentimenti e sensazioni facili: il potere intellettuale, qui, è lasciato libero, e come spesso accade, trae conclusioni molto amare, trancia giudizi. L’amore qui è un gioco, un gioco amaro.


Non è un libro per tutti. Moravia è un autore duro di descrizioni e sentimenti, per lui niente è lineare, e c’è poca solarità, poca speranza e una certa amarezza di vivere, inclusi in una forte complessità. Lo consiglio ai lettori più equilibrati, quelli che riescono a mettere un filtro di ottimismo soprattutto di fronte alle considerazioni più amare degli scrittori. E’ buono prendere atto che esistono alcune cose negative, ma il pessimismo spesso risulta fuorviante.

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