Sto per battere tutti i record di ritardo… Il tempo dei
papaveri, di Jolanda Pergreffi, edito da Spunto Edizioni, è stato uno dei libri
presentati al Salone del Libro di maggio, e io riesco a scriverne solo ora. Decisamente,
è ora di rivedere e programmare una serie di priorità. :-)
Posso dire, però, che è uno di quei libri che, una volta
entrati, rimangono dentro. Si presentano sobri e con descrizione, raccontano la
loro storia con tono gentile e misurato, senza mancare di espressività ed
energia. Ti ringraziano per averli ascoltati e se ne vanno leggeri come sono
arrivati. E mentre il lettore si gira per far entrare il prossimo, la loro
magia inizia ad agire, proprio mentre la si lascia decantare.
L’amore è al centro di questa storia ambientata in Italia
negli anni ’50, durante l’abbondante flusso migratorio che spostò grandi masse
dal Nord al Sud, alla ricerca di una situazione stabile e dignitosa. L’Italia
era appena uscita a pezzi da un conflitto mondiale iniziato con baldanza e
finito nell'ignominia dell’alleanza scelta male, e abbandonata anche peggio. Nell'intento
di ricostruirla, e di incollare insieme i pezzi di un presente quasi totalmente
privo di tutto, due mondi s’incontrano, e non di rado si scontrano. Anzi, forse
sarebbe meglio dire che si scontrano all'ordine del giorno.
Saverio e Giulia sono i loro principali rappresentanti. Si
conoscono da bambini; Saverio viene sradicato insieme alla sua famiglia dal suo
paese al Sud e trapiantato di peso nel cortile, letteralmente, della grande
casa padronale in cui si trova Giulia, biondissima dea bambina, fortunata
componente della ricca famiglia del Nord che ha bisogno di lavoranti per le sue
tenute.
Jolanda Pergreffi |
Da quel momento in avanti, Saverio dedica ogni respiro dei
suoi polmoni, ogni movimento, ogni battito del suo cuore impetuoso e pensiero
della sua mente alla bellissima Giulia, consacrandosi a lei, totalmente. Cresce,
familiarizza con il mondo nuovo intorno a lui, si fa amici e nemici, si
avvicina al suo idolo che si è trasformata, nel tempo, in una giovane dea,
splendente di capricci e di bellezza. Giulia non è totalmente indifferente a
Saverio, ma non riesce a vincere completamente le barriere sociali e di
educazione imposte dalla sua famiglia, soprattutto la ferocissima nonna, che le
difende strenuamente. Disprezza quella massa di persone, sia che vengano dal
suo stesso paese, sia che arrivino dal Sud, che pensano di poter valere al
punto di osare alzare gli occhi su di lei e la sua famiglia.
Saverio non desidera provocare traumi alla sua dea
personale, e quasi si convince di non essere davvero abbastanza per lei. Sotto il
cuore impetuoso e l’impulsività, ogni tanto affiora qualche grammo di buon
senso, e non manca mai, in ogni caso, il rispetto. Qualcun altro, nell’ombra,
decide che sarebbe bene allontanare il ragazzo da qualunque idea di familiarità
con Giulia, e dà il via ad una macchinazione che porta Saverio in carcere.
Inizia un periodo lungo, lunghissimo e sofferto. Principalmente
per il giovane, sradicato un’ennesima volta, accusato ingiustamente, e
impigliato in meccanismi elefantiaci di giustizia che sembrano attivarsi solo
per non rendergliela. Immobilizzato in uno scorrere del tempo sempre uguale,
Saverio sviluppa se stesso, la sua interiorità e il suo talento per la pittura.
Per una di quelle cosiddette ironie della sorte, che tanto spesso assomigliano
a veri e propri lazzi sarcastici, se fosse stato un uomo libero, forse non
avrebbe avuto il tempo materiale per scoprirlo e svilupparlo, occupato com’era
ad aiutare la propria famiglia a vivere e sopravvivere.
E Giulia? All’inizio, crede all’immagine criminale che le
dipingono di Saverio, e si allontana. Anche lei finisce in carcere, anche se
non si tratta affatto di un istituto di correzione vero e proprio; lei mantiene
la propria libertà di camminare al sole, e recarsi dovunque voglia, frequentare
chiunque. Si sposa, Giulia, con un partito eccellente, all’altezza della sua
famiglia, con tutti i requisiti giusti, persino l’aspetto giusto. L’unico
particolare minuscolo, del tutto trascurabile, è che Giulia non lo ama. È attratta
e affascinata, e forse convinta di uscire dalla stretta soffocante delle
convinzioni della sua famiglia, ma non si accorge del laccio nascosto sotto l’aspetto
luccicante e tutto lustrini di quel matrimonio.
Lo sperimenterà in pieno. Saranno anni difficili e
tormentosi, e mentre Saverio salda il suo debito con la società e cerca di
guarire e recuperare la sua vita (sempre tenendo nel cuore l’immagine della sua
dea), Giulia entra in manicomio. La lotta contro la pressione sociale l’ha
sfiancata.
Sono due anime prigioniere, quelle che vivono insieme e poi
finiscono strappate l’una dall’altra, in questo libro. In tempi diversi, in
modi diversi, sotto carcerieri diversi. Non si arrendono mai, in realtà. Saverio
non si lamenta, Giulia piange ma recupera una forza insospettabile sotto quei
lineamenti di bambola delicata. Tutti e due escono rinnovati, con le ferite
chiuse e visibili, dai roghi in cui sono stati sistemati dalla società e dalla
famiglia.
Non anticipo il finale. Rovinerei la magia e la brezza
fresca dell’ultima frase, che dovete leggere e ripetere. È il coronamento
ideale dell’intera vicenda e dello stile sempre nuovo, gentile e articolato
dell’autrice. Con apparente semplicità, Jolanda Pergreffi racconta un’epica.
Niente spade o principesse minacciate da draghi, solo anime umane alla scoperta
della propria grandezza nei sentimenti.
Questo libretto mi parla da maggio, già dai post del Salone del Libro…
RispondiEliminaGiusto per curiosità e per rimanere in tema col post che segue: in questo libro c’è una donna che cerca di uscire dal ruolo “angelo del focolare” (a dimostrazione che, alla fine, tutto il mondo è paese)?
Più o meno, sì. Giulia non è un angelo del focolare, e sa bene di non esserlo. S'imprigiona in un matrimonio di convenienza, soprattutto di convinzione sua di volerlo e di essere innamorata dell'uomo che va bene alla sua famiglia. All'inizio subisce, e poi si ribella, e questo le costa caro. Lo leggerai, e poi mi dirai.
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