Storia di un’insonnia inaspettata. Non capita praticamente
mai che io non riesca a dormire. Luci accese, radio e televisione accesi, folle
schiamazzanti, vicini rumorosi, problemi lavorativi o di cuore, esami
incombenti, niente di tutto questo è mai riuscito a impedirmi di dormire, se
avevo deciso di farlo.
Fino ad un paio di notti fa.
Di fronte ad una delle pochissime volte in cui il sonno mi è
venuto a mancare, ho trovato presto la cura: leggere, e cercare in questo modo
di far calare la pila dei “da leggere”. La scelta è caduta su L’ubbidienza, di
Massimo Cacciapuoti, che cercava di farsi notare da un po’.
Sono entrata di colpo all’inferno, quando ho aperto il
libro. La storia, in breve: Leonardo è un giovane napoletano che insegue il suo
sogno di libertà. Per farlo, cade a piedi uniti in un incubo, perché si affida
ad un boss orribile, Don Ferdinando Salemme, che gli affitta uno squallido
bilocale in uno dei rioni più malfamati della città per pochi euro al mese. In cambio,
lo arruola nei suoi squallidi traffici, facendogli fare il corriere della droga
suo malgrado, costringendolo a uscire di casa quando lui ha, per così dire…movimenti.
Leonardo tenta di svincolarsi da questo cappio orrendo che gli si stringe al
collo giorno dopo giorno, cercando di fuggire insieme ad una donna di cui si è
innamorato, a suo modo, che ha incontrato a causa delle attività di
strozzinaggio del boss. Non gli servirà.
E’ difficile parlare di questo libro nei termini consueti.
Posso dire che mi è piaciuto? No. L’ho odiato dalla prima
all’ultima pagina.
Posso dire che non mi è piaciuto? No. Guardare quel lato
dell’inferno mi impedisce di chiudere gli occhi di fronte alla bruttezza, e di
capire che non è un attentato alla mia integrità, ma è semplicemente un’opzione
nel pacchetto di scelte che abbiamo a disposizione. La puoi accettare, oppure
rifiutare prendendo atto, però, della sua esistenza. Se la neghi, farà di tutto
per saltarti davanti agli occhi.
È un libro costruito perfettamente; è un incubo delirante perfettamente credibile. I personaggi sono dipinti con i colori e gli odori dello squallore.
Leonardo stesso, una vittima di se stesso assolutamente incapace di reagire,
dovrebbe essere preso a schiaffi da mattina a sera, per togliergli tutte le
catene in cui si è imprigionato volontariamente, pur di non agire. Non funziona
così, però. Sarebbe un’altra forma di ubbidienza, altrettanto orrenda di quella
che si è auto-imposto di subire. E' l'ubbidienza del titolo, che soggioga Leonardo, e centinaia di altre persone come lui.
Don Ferdinando Salemme…è un orrore fatto
persona. Niente, in lui, fa pensare che sopravviva qualcosa di umano, se non l’aspetto.
Che non è nemmeno dei migliori. Gelido, prevaricatore sfruttatore per DNA,
odioso, stupratore pedofilo. Una di quelle creature viscide dedite al Male, a
uccidere e non solo fisicamente, chi sente diverso o che pensa anche solo di
mettersi sulla sua strada, in grado di tirare fuori gli istinti peggiori anche
dagli altri. Non si può essere benevoli, o buonisti, verso Don Ferdinando.
Non c’è speranza, o la minima luce, in questo libro. E’ una
storia horror, in cui il cacciatore di vampiri è troppo impegnato da un’altra
parte, per accorrere in salvataggio. L’acqua santa non funziona, e non ci
ricordiamo più le parole magiche per salvarci dal precipizio. Assistiamo
impotenti e rabbiosi, mentre il ripugnante boss si vanta di come si comporta
con le bambine che padri e madri inariditi dalla lotta per la sopravvivenza gli
portano in cambio di pochi euro. Leonardo assiste schifato di tutto e di se
stesso, ma ancora, sceglie di non reagire. Sceglie anche di non rispondere, per
quanto divorato dalla rabbia, alle provocazioni del boss tronfio e superbo, che
sa benissimo di poterne fare uno zerbino, perché sa di essere UBBIDITO da
tutti. Da tutti. Sempre. In ogni occasione.
Pazienza se chi è costretto all’obbedienza
schiuma di rabbia impotente…lui si fa ubbidire.
Lo stile dialettale è superbamente adatto a raccontare quest’abisso
disumano senza uscita. Del resto, non c’è altro linguaggio più adatto per
descrivere la depravazione, di quello in cui viene commessa. Qualcuno si
aspetta un fluente italiano da attore teatrale da Montalbano e i suoi
concittadini? No, sarebbe una contraddizione stridente, e un inutile abbellimento di
qualcosa che non è nato per essere bello e non potrà mai esserlo.
State lontani, se volete leggere una storia d’orrore
quotidiano e gustarvi un bel lieto fine. Qui discendete nell’incubo, e non ne
uscite. Un articolo di cronaca nera ricco di dettagli squallidi, con poco
spargimento di sangue, in cui l’oggettività del giornalista è tinta di
impotenza. Riprendo il discorso che facevo poco prima: non posso dire che non
mi è piaciuto il libro. Non posso dire che mi è piaciuto. Di sicuro, non posso
dimenticarlo. E non posso prendermela con il contenitore o la scrittura, se il
soggetto riguarda la mostruosità reale di una certa umanità che vive proprio
sullo stesso pianeta, al nostro fianco.
E non lo farò. Prendo atto del messaggio, o meglio, di uno
dei messaggi al di sotto del libro: accettare il buio e la deformità
(spirituale, naturalmente) non vuol dire automaticamente SUBIRLI, e alzare le
spalle impotenti. Se lo si fa…ci si trova davanti ad un vicolo cieco, nessuna uscita.
"Don Ferdinando Salemme…è un orrore fatto persona. Niente, in lui, fa pensare che sopravviva qualcosa di umano, se non l’aspetto."
RispondiEliminaOh sì, che è umano! Purtroppo solo l'essere umano può cadere così in basso...
Pure troppo, quindi. In effetti, non hai tutti i torti. Un animale non può essere, dato che i loro istinti non li spingono ad agire per crudeltà. Quando dico che non sono umani, parlo di mostri...che non sono altro che esseri umani spinti all'estremo della loro parte senza luce.
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