giovedì 28 luglio 2016

Polverone sul Salone del Libro – Dove sono le visioni, ora?

LoreGasp

Tanto non ci credo.
La storia si ripete. Mi riferisco ad una delle telenovelas tormentoni di questa estate. Oltre alla tragedia di attentatori che vogliono precipitare tutti quanti nel terrore e nell’ansia, assistiamo alla caccia virtuale del Pokemon Go, in cui persone dall’intelligenza smarrita si aggirano per i luoghi di città e campagne alla ricerca di piccole creature digitali (i Pokemon) da catturare. Non ho idea cosa si vinca alla fine della caccia, ma se ne sentono già di belle, di persone talmente immerse nei loro smartphone da sbattere contro muri e altre persone, o da rischiare incidenti. Probabilmente è stato un Pokemon a far perdere il senso della realtà al giovanotto con zainetto, che ieri sera stava per tuffarsi sotto una macchina in transito a semaforo VERDE per i veicoli. Risulta vivo e cammina con le sue gambe su questa terra, ma se continua a trascurare i colori del traffico non sarà ancora per molto tempo.


Un altro tormentone si sta facendo strada, tuttavia, ed è tutto in casa nostra. Riguarda il Salone del Libro. Poche settimane fa, alcuni titoli di giornale davano per sicuro il trasferimento del Salone del Libro da Torino a Milano. Poiché la notizia rischiava di passare in secondo piano, rispetto a tutto il resto, e forse perché ormai siamo anestetizzati da tutta la negatività e la rabbia che i media e alcuni post dei social network fanno circolare, abbiamo pensato che fosse la solita sparata per attirare attenzione. Pare che non sia così. Sono scesi in campo tutti, da Chiamparino, al nuovo sindaco di Torino (non m’interessa che sia una donna: non userò mai il termine femminile, che MI FA VOMITARE a dir poco), ai vari editori, all’associazione degli Editori. Certo, mancano ancora il Premier, il Papa, Maurizio Costanzo e altri autorevoli opinionisti, e poi abbiamo concluso la Tavola Rotonda.

Sono scesi in campo, dicevamo. Cos’hanno detto? Cos’hanno deciso? Da quel che mi sembra di aver capito, in questo marasma mirabile di egocentrismo all’ennesima potenza, politichese profuso a piene mani, l’Associazione degli Editori andrà a creare un percorso fieristico alternativo a Torino, abbandonando il Salone di Torino che rimane senza attori principali, o quasi. E’ un modo elegante di dire che si sono stufati di Torino e che si dirigono a Milano, in nome di altri motivi che non mi pare si siano degnati di esternare. Quelli veri, intendo. E ora? Davvero il Salone si sposta a Milano? E a Torino, cosa resta?

Per dirla come Giuseppe Culicchia, Torino si è lasciata scippare le cose che crea un’ennesima volta, quasi obbedendo ad una specie di maledizione, o al karma brutto e cattivo. Aggiornamento: le maledizioni si possono rovesciare, e il karma si cambia. Agendo, naturalmente, andando contro i soliti meccanismi, spargendo un bel po’ di fatica all’inizio, ma se si tende ad un risultato importante, è difficile farlo raggiungendolo sdraiati sul divano. Persino per la caccia virtuale più ridicola di tutti i tempi del Pokemon Go, le persone devono costringersi a correre di qua e di là come galline spaventate dalla volpe, se vogliono catturare le creaturine digitali.

Ma noi a Torino non lo facciamo, vero? Sudiamo. Poi ci ammaliamo. E magari moriamo. Non entro nel merito della discussione perché mi sembra ridicola e inutile, un’ulteriore dimostrazione di come noi Italiani riusciamo a creare cose belle e meravigliose e le gestiamo al modo degli impianti di scarico dei bagni. (Cercavo un modo elegante per dire di mmm, perché non mi piace sporcare il Blog, ma credo di essere rimasta aggrovigliata nella mia ricerca.) Questo post non è un post di analisi o di esame in ottica socio-politico-economico-etnografico-astrologico-antropologica perché non ne sono capace. Ci sono fiumi di inchiostro di giornali, e di bit digitali sui social network che illustrano con dovizia di particolari l'intera vicenda. Il mio scritto sconclusionato è uno sfogo semplice da Lettrice Furiosa, nel senso, qui, di Colei-che-Si-Stanca-Delle-Str...-Altrui-E-Che-Minacciano-La-Tranquillità-Della-Lettura.

A proposito. Di Lettura.

In tutto questo, la lettura, il piacere di leggere, i libri, il loro ruolo e il loro significato non sono minimamente inclusi. Restano al di fuori del pacchetto. E’ come processare qualcuno e togliergli la parola per difendersi. Ho impressione che lo facessero già qualche anno fa, vero? Prima che radio, televisioni, Pokemon e smartphone prendessero il sopravvento e ci piallassero a dovere i neuroni e le capacità critiche.

Qui parlano solo numeri e fatturati. Ed è un lato sacrosanto della questione, visto che nessuno di noi vive d’aria e lavora per hobby. Come al solito, però, si considera solo quello, e non il fatto che attirare chi vive nel mondo dei libri, leggendoli e scrivendoli, può rimpinguare anche fatturati, ma è necessario farlo in modo nuovo, creativo, affascinante. La fantasia non ci manca, ma preferiamo usarla per altro, e non per la lettura, che è ancora vista spesso come un’attività per disadattati o Nerds, Geeks o Nerd-Geeks, e via di questo passo.


Se ripenso alle Visioni cui era dedicato il Salone di maggio, mi viene da chiedere: dove sono finite, ora? E di quali visioni stiamo davvero parlando?

4 commenti:

  1. Auuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu!
    L'Amanita ulula inferocita. E sono sull'orlo della bestemmia.
    Che l'italia non è un paese, una nazione o che altro vuoi, ormai l'avevo capito.
    Torino inventa, propone, fa... poi va a ramengo.

    Ok, Loredana. Io stavo cercando un eremo, vero?
    Lo cerco all'estero!

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    1. Sì, lo stavi cercando e penso che partiremo insieme per la ricerca. Non ho voglia di restare qui nemmeno io, e i tempi stanno maturando per andarsene. Le premesse lo dicono.
      Sai che Aramengo è una località in provincia di Asti, e di origine romana? Una specie di piccola capitale del restauro, arroccata su un "bricco" e quindi poco facile da raggiungere. Ci sono diverse spiegazioni per il nome in -engo, di origine germanica, probabilmente un nome di persona. O un eremo. Io ho anche letto che era una località dedicata ad un'Ara particolare, quindi una sorta di santuario. E poi, dal latino medievale in avanti, si è sviluppata la locuzione ad ramingum, andare ramingo, perché era un posto difficile da raggiungere, in cui era facile essere esiliati o confinati. Uff.
      E così l'abbiamo fatto diventare un modo di dire per indicare fallimento, rovina, bancarotta. Qualcosa di maggiormente positivo no, eh?

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  2. Post interessante, discussione interessante, a cui posso contribuire con alcune informazioni, che spero possano essere utili. Il caso "Salone del libro" non è scoppiato come una ineluttabile e imprevedibile calamità naturale. L'AIE, l'associazione italiana editori, ha dapprima lamentato il fatto che, caso unico al mondo, la principale fiera del libro del nostro Paese non è organizzata direttamente dagli editori (il presidente dell'AIE, Motta, si era dimesso policamene dalla Fondazione che organizza Il Salone del libro già diversi mesi fa) e successivamente ha valutato alcune proposte alternative, scegliendo infine un progetto con Fiera Milano che prevede la costituzione di una società, partecipata al 49% dall'AIE, a cui spetta l'organizzazione di un nuovo Salone nel quartiere fieristico di Rho-Pero. Su questo tema sono davvero scesi in campo tutti? Sulla buona fede del sindaco Appendino (anche io sono allergico alle innovazioni linguistiche cui vorrebbe abituraci il nostro presidente della Camera) credo si possa scommettere. Ma sul Governo? Nonostante l'appoggio verbale, siamo davvero sicuri che il Governo abbia scoraggiato questa operazione? Con tutte le sovvenzioni di cui gode l'eidtoria, in primis quella scolastica, siamo davvero certi che la c.d. "moral suasion" sia stata esercitata pienamente?
    A Milano si farà un'operaizone artiriciale, puramentte commerciale? Non so, però riflettiamo sul fatto che il Salone del Libro era (ed è ancora, perchè a Torino non hanno la minima intenzione di arrendersi) un evento fantastico per chi LETTORE LO E' GIA'. Un'operazione che si proponga di allargarre la cerchia dei lettori è insieme operazione commerciale (le case editrici devono necessariamente stare attente al fatturato) ma anche di cultura. Tutto sta a vedere come sarà organizzato il nuovo evento e come si rapporterà con Il Salone di Torino, ma anche con Bookcity, altra maifestazione interessantissima e palpitante che già avviene nel capoluogo lombardo. Insomma, aspetterei a giudicare. Tutta la vicenda non è certamente nata dalle più nobili intenzioni, a Torino hanno anche parecchio motivi per recitare il "mea culpa", ma non è detto che l'esito non possa essere alla fine positivo per ama leggere e soprattutto per chi potrà accostarsi al piacere della lettura.

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    1. Grazie per la risposta e il contributo, molto equilibrati e anche rassicuranti. Sul lato politico, ho le tue stesse perplessità. Non sono minimamente sicura che il Governo non abbia fatto finta di niente o non abbia fatto pendere le sue preferenze da una parte piuttosto che dall'altra. Ed è vero che le case editrici devono stare attente al fatturato e meno male, altrimenti fallirebbero e chi pubblica, poi? I lettori cosa leggono, poi? Però è anche vero che ci sono state spaccature e schieramenti tra di loro, che hanno confuso le visioni e le acque. Io ne sono stata disturbata, almeno. Va benissimo che Milano organizzi per Rho un evento libresco, e tanto ci sarebbe già Book City, come a Torino esiste anche Portici di Carta. Ma da come hanno presentato la cosa, sembrava che fosse stato perpetrato un furto ai danni della città, quando in realtà si poteva tranquillamente accogliere la nascita di un altro evento fieristico nell'editoria. Perché non fare due Saloni, magari in tempi diversi dell'anno, con specializzazioni? Invece si è buttata di nuovo la questione sul fronte noi-contro-tutti, tant'è che ne sono rimasta influenzata pesantemente in quel senso. E sull'allargare la cerchia dei lettori a chi non lo è ancora, sono più che d'accordo. Qui si dovrebbero anche cercare e mettere in pratica nuovi metodi per attirare alla lettura...vedo ancora tanta chiusura e tanto atteggiamento da torre d'avorio nell'editoria e nella cultura. Beh, tanto vale iniziare noi. Possiamo dire che non è ancora finito tutto, e vediamo come si sviluppa? Nel frattempo...leggiamo. :-)

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