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domenica 10 giugno 2012

Imparare l’ottimismo – Scontro di stili


Quello che mi colpisce, e molto positivamente, è che l’autore ha un approccio talmente pratico alla materia che parte a raccontare molto spesso di sé e delle sue stesse reazioni di fronte agli avvenimenti.  Seligman è attualmente uno psicologo stimato,  il fondatore di una “corrente” nuova, la psicologia positiva, autore di libri diventati best sellers, Presidente dell’APA (American Psychological Association) per diverso tempo in passato.  Ma non è nato in queste cariche alte, e non si è trovato coperto di onori per caso o in modo semplice. Essendo un innovatore, e un rivoluzionario da un certo punto di vista, ha avuto il coraggio e la forza di contrastare quelli che erano gli dei del momento nell’ambito della psicologia in America negli anni ’70, i comportamentisti. Secondo questa corrente di pensiero, gli esseri umani dovevano il loro comportamento unicamente a fattori esterni, e in modo più specifico, alle ricompense e alle punizioni ricevute nel corso della loro vita. La coscienza, il pensiero, la capacità di progettare, elaborare, creare, non contava nulla. In questo caso, il comportamento dell’individuo varia al variare dell’ambiente: se l’ambiente cambia e diventa positivo, allora anche l’essere umano diventerà positivo. E gli esempi sono anche molto semplici: la povertà diventa la vera causa della criminalità, secondo questo approccio. Una volta eliminata la povertà, anche i crimini scompariranno. La stupidità deriva dall’ignoranza: con l’aumento della scolarizzazione, anche questa verrà “curata” e scomparirà. Sono idee  che assomigliano pericolosamente a luoghi comuni e portano via una parte considerevole dell’interazione della vita. Dov’è la responsabilità individuale? Dov’è la capacità di reagire, di elaborare un evento e di trasformarlo, se necessario?

lunedì 28 maggio 2012

Imparare l’ottimismo – Un apprendimento


Questo è un libro da leggere piano e applicare una pagina al giorno. Seligman, dopo aver introdotto l’ottimismo, parla subito del grande antagonista, il pessimismo. Anche il pessimismo s’impara. E come si può imparare, si può anche disimparare.
Ottimisti e pessimisti: li studio da venticinque anni. La caratteristica che definisce i pessimisti è che essi tendono a credere che gli eventi negativi durino molto tempo, distruggano tutto e siano la conseguenza di colpe proprie. Gli ottimisti, quando devono confrontarsi con le avversità di questo mondo, si comportano in maniera opposta. Tendono a credere che la sconfitta sia solo temporanea e che le sue cause siano circoscritte ad uno specifico evento. Gli ottimisti credono che il fallimento non sia conseguenza di errori propri, ma delle circostanze, della sfortuna o delle azioni di qualcun altro. Gli ottimisti non si scoraggiano dopo una sconfitta. Percepiscono  una situazione negativa come una sfida da sostenere strenuamente.”
(Martin Seligman,“Imparare l’ottimismo” –  Giunti, pag.7)
Questo paragrafo, da solo, vale un intero manuale di istruzioni. Pochi tocchi, ed ecco i ritratti accurati degli eterni antagonisti.  E quanto è preciso e corrispondente a verità! Ho riletto queste righe più volte, riconoscendomi in diversi punti dello schieramento, sia da una parte sia dall’altra. E’ vero che sono un’ottimista di natura, ma ho attraversato e ogni tanto mi capita tutt’ora,  di attraversare diversi momenti bui in cui ritengo che gli eventi negativi dureranno per sempre e che siano sempre e solo colpa mia. L’età, gli eventi, una  conversione, hanno fatto in modo che vedessi piuttosto chiaramente questo meccanismo di pessimismo che scattava subito dopo un evento negativo. Porvi rimedio e cambiargli segno non è facilissimo, e nemmeno immediato. Non basta dirsi che andrà tutto bene o fischiettare un motivetto allegro come dice Seligman qualche pagina dopo…è il pensiero alla base di queste affermazioni che DEVE cambiare di segno, per portare al CAMBIAMENTO DI ATTEGGIAMENTO NELLA PRATICA.

lunedì 30 aprile 2012

Imparare l’ottimismo – Insospettabile…


Sembra una scelta modellata sui tempi attuali, che non hanno niente o quasi di positivo o di incoraggiante. I libri, solitamente, svolgono il ruolo di “incoraggiatori” al meglio, dato che aprono sempre la mente spingendola a guardare e riflettere oltre la situazione del momento. Il titolo mi ha colpito subito, perché ho sempre pensato che ottimismo e pessimismo fossero caratteristiche intrinseche e quasi immutabili della persona, quasi come il colore degli occhi o dei capelli. Nonostante si possa intervenire abbastanza facilmente su questi, cambiandoli con lenti a contatto e tinture, è difficile che occhi azzurri diventino verdi o neri  nelle iridi, senza qualche intervento soprannaturale o fantascientifico (tipo quello che capita nel film Face Off). O sei pessimista, o sei ottimista, ecco cos’ho sempre pensato. In questo libro, però, la questione non è così bianco-nero, luce-ombra. Esiste una tendenza a pensare positivamente o negativamente, nell’individuo, determinandone così l’atteggiamento ottimista o pessimista, ma non si tratta di nulla di immutabile o su cui non si possa intervenire. Infatti, il sottotitolo è piuttosto chiaro, oltre che molto allettante:  Come cambiare la vita cambiando il pensiero.  A questo punto sono decisamente affascinata e il libro mi riaccompagna a casa. E’ un libro intenso sin dalle prime pagine: l’argomento è abbastanza complesso e l’approccio che sceglie Martin Seligman è facile, ma non facilone; semplifica ma non sminuisce la materia. Usa moltissimi esempi tratti dalla vita quotidiana, in cui ci troviamo tutti, in ogni secondo del nostro tempo, ad ogni latitudine, con qualunque temperatura e qualunque sia la lingua che usiamo per esprimerci. Il primo aneddoto che usa per esemplificare i due modi principali per porsi nella vita riguarda una giovane famiglia: padre, madre, bimba neonata. Il padre la guarda orgoglioso e felice nella culla, la bimba si risveglia dal suo sonno, il genitore le sorride e tenta di attrarre la sua attenzione chiamandola, non ottenendo risposta. La chiama di nuovo, ma nessuna reazione dalla bimba, che ha gli occhi aperti e si muove, ma non lo guarda. Il padre inizia ad angosciarsi. Quasi di sicuro c’è qualcosa che non va. Batte le mani più forte per attirare l’attenzione della bambina, ma ancora nulla. Ecco. Lo sapeva. La bambina è di sicuro sorda.
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