mercoledì 28 agosto 2013

Il Signore degli Anelli – Il lato dolceamaro della trasformazione

Ed ecco finito Il Signore degli Anelli. Nel mezzo sono passati altri libri, una vacanza intera, e tanti pensieri che attendono disordinati di essere messi su carta. È stata un’emozione arrivare alla battuta finale di Sam Gangee “Sono tornato”. Un groppo in gola che non pensavo si sarebbe verificato di nuovo. Cosa mi ha lasciato questa ennesima rilettura de Il Signore degli Anelli? Una consapevolezza maggiore di quanti  livelli la compongano. Da una parte ci sono i grandi personaggi, come Gandalf, Aragorn, la Dama Galadriel, Elrond, i Signori del Mark e i Sovrintendenti di Gondor. Assomigliano alle figure bidimensionali protagoniste delle grandi epopee e dei carmi eddici del passato letterario scandinavo e anglosassone, tanto caro a Tolkien. Tra di loro non avrebbe sfigurato Sigurdhr, l’alter ego norreno di Sigfrido, Beowulf e il suo orrido antagonista Grendel, con il loro coraggio ultraterreno, la volontà di combattere e di coprirsi di gloria affrontando sfide impossibili. Sono grandi figure, ammantate di potere anche quando vestono di stracci, hanno spade forgiate da elfi antichi, fabbri sconosciuti ma immensamente savi. Le loro parole sono sempre importanti, gravi, vedono lontano, sanno prendere decisioni gravi, e quando sbagliano, ammettono le loro responsabilità con serietà. Sono affascinanti, ma…sono figure. Spesso è il loro ruolo che parla e cammina, e la loro umanità viene in secondo piano. Il ritmo cambia decisamente quando abbassiamo lo sguardo sugli Hobbit. Sono loro la vera chiave della vicenda. Sono loro che si trasformano, crescono, cambiano e diventano forti, in grado di resistere agli orrori e di difendersi da soli. Al pari degli anelli, battuti dai fabbri per essere forgiati e infusi di poteri immensi, gli Hobbit sono quelli che passano le prove più dure per diventare esseri umani (oppure Hobbit, visto che ci siamo) a tutto tondo. I re rimangono re, anche se vestiti di stracci, mentre i piccoli Hobbit, da creature dedite alle passeggiate e alle grandi convivialità, crescono e si trasformano in persone capaci di prendere in mano le situazioni e trasformarle. Il senso di tristezza introdotto dalle parole di Gandalf, per cui tutto sarebbe cambiato e niente sarebbe rimasto uguale a prima, dopo la sconfitta di Sauron, si ritrova soprattutto nelle vicende dei piccoli.

martedì 20 agosto 2013

Buffy & Angel – L’antagonista del vampiro nella sua incarnazione femminile.

Finora, ho riempito il blog di sufficienti figure di vampiro per darne un’ampia scelta: creature antiche come Lord Ruthven e Dracula, anticipatrici come Vespertilia della più attiva Carmilla, luccicanti e contro corrente come i Cullen. Tutti considerati nemici del genere umano, considerato come succulento e necessario cibo per alimentare l’altrettanto contro corrente vita eterna. Non è sempre così, tuttavia. Se nasce una minaccia, sorge anche chi la combatte e la contrasta. Nel nostro caso, emergono i cacciatori di vampiri. Antenato della figura combattente è lo scettico inglese Robert, che rimanda al riposo eterno la terribile “vamp” (vampira e seduttrice) Vespertilia tramite un paletto di legno nel cuore immobile. Troppo razionale e legato a ciò che può sperimentare nella realtà, Robert non si lascia minimamente spaventare da quelle che considera sciocche superstizioni e passa all’azione. Stoker, più tardi, perfeziona il personaggio con il suo Van Helsing. Grazie allo scrittore irlandese, il vampiro scopre di avere  un antagonista, un umano che non ha paura di lui e che, anzi, prende le armi per annientarlo. Nel corso del tempo e dei romanzi scritti, capita che il cacciatore diventi cacciatrice. Una delle più famose cacciatrici di vampiri è il personaggio televisivo di Buffy Sommers, protagonista della serie Buffy The Vampire Slayer. Il fulcro della vicenda ruota intorno ad una liceale americana di sedici anni, che scopre di essere la prescelta per lottare contro le forze delle tenebre incarnate dai vampiri, aiutata e affiancata da una serie di altri personaggi suoi amici. Il libro di Elena Romanello, scoperto al Salone del Libro di quest’anno, offre una rapida sintesi delle sette stagioni televisive della serie, e prende in esame la figura di questa cacciatrice, andando anche a rintracciarne le origini nel folklore letterario mondiale. Buffy Sommers, che ha l’aspetto nella realtà catodica dell’attrice Sarah Michelle Gellar, è una bionda fanciulla dall’aspetto ingannevolmente dolce e minuto.

domenica 11 agosto 2013

La lettrice bugiarda – La vita nel pizzo

Quando guardo i libri negli scaffali di una libreria, cercando il prossimo “da adottare”, mi ritrovo spesso a far correre la fantasia, pungolata dal titolo, per cercare di indovinarne la trama. Trama che di solito diventa del tutto personale, lontana da quella oggettiva, che poi evapora nel momento in cui leggo la presentazione nella copertina. Mi incuriosiva questa lettrice, e per di più bugiarda. Sono molto attirata dalla parola “lettrice”, perché mi sento tirata in causa per prima e poi, perché cresce l’aspettativa di essere presentata ad un’altra come me. Capita che questa parola sia seguita da altri termini, che la definiscono con maggior precisione. Una lettrice può essere molte cose, Irriverente o Rampante, come le proprietarie dei rispettivi blog, oppure di tarocchi, di fondi di caffè, di un certo tipo di libri, ecc., ma “bugiarda” ...? E’ una lettrice che mente su quello che sta leggendo? O è una persona che legge, abituata a mentire per abitudine? Per scoprire di più sulla trama, e mettere a tacere altre domande insensate come queste, mi sono decisa a leggerne il riassunto. Scopro che al centro di questo libro c’è una famiglia di donne strane e bizzarre, tutte dotate di un potere particolare, la capacità di leggere il pizzo, che vive a Salem, che custodiscono un segreto pesante, hanno subito perdite e ferite copiose, e due di esse sono gemelle. Un’occhiata, come di consueto, al titolo originale, The Lace Reader, e via verso la cassa. E’ un’abitudine che ho da sempre, per sentire come suona il titolo nella sua lingua madre. Un altro forte elemento di richiamo di questo libro, è l’ambientazione a Salem, città americana diventata tristemente famosa per una cruenta caccia alle streghe nel XVII secolo, che ha colpito la fantasia di diversi scrittori, come Nathaniel Hawthorne, nato lì, autore de La letterascarlatta, e come Stephen King, che vi ha infilato una spaventosa bocca dell’inferno, e Melissa La Cruz, che la rievoca nei ricordi delle sue dee in incognito.  Brunonia Barry, l’autrice di questo libro, ci invita nella Salem del 1996: una città moderna, che vive grazie al mare e al suo indotto, fatto di pesca, ma anche di barche a vela e regate, e di una particolare branca di turismo, quello dell’occulto. Quest’ultimo affonda le sue radici nell’immaginario collettivo, secondo cui Salem è diventata, grazie a quell’evento sanguinario, la città delle streghe. Ai giorni nostri, esistono congreghe di streghe che allestiscono negozi in cui vendono incensi, pozioni e filtri, rimedi naturali, e che talvolta partecipano alle rievocazioni delle cacce spietate di qualche secolo prima, per attirare e impressionare i turisti. La voce narrante del libro è Sophya Whitney, che si presenta in modo del tutto singolare: “Il mio nome è Towner Whitney. No, non è esatto. Il mio vero nome di battesimo è Sophya. Non dovete credermi. Mento continuamente. Sono pazza…questo è vero. Mio fratello minore,  Beezer, più gentile di me, dice la mia è una pazzia genetica. ‘Siamo pazzi da cinque generazioni’, afferma, come se fosse un distintivo da portare con orgoglio, sebbene ammetta che io potrei aver alzato il livello della nostra pazzia.” (Brunonia Barry, La lettrice bugiarda, Garzanti, pag.11)

mercoledì 7 agosto 2013

Il Vampiro e Un mistero della campagna romana – I veri protagonisti si nascondono

Continuano le letture “rinfrescanti”. Dopo i mostri reali, avevo bisogno di ritornare a quelli letterari, o anche solo “metaforici”. Saruman ha appena ricevuto schiaffoni in piena faccia dagli Ent, che gli hanno letteralmente distrutto casa da sotto i piedi, e fatto fare una fine misteriosa e terribile ad una buona parte dei suoi eserciti contro natura, e ora sta affrontando Gandalf e Aragorn, decisi a tenere le orecchie chiuse ai suoi toni mellifui da incantatore di serpenti. E, per contrastare il caldo, e rituffarmi nell’amata letteratura inglese, ecco un altro vampiro letterario, che fu un piccolo caso, a suo modo. Anche John William Polidori, il suo creatore, fu un esempio singolare di uomo. Di origine italiana, fu medico, scrittore e segretario nonché dottore personale di Lord Byron. Dev’essere stato un temperamento particolarmente brillante e sanguigno, allo stesso tempo, di quelli che sentono le emozioni espandersi in tutte le fibre fino ad impadronirsi della mente e zittirla con impeto. Si laureò a vent’anni a Edimburgo, e costruì un rapporto difficile e tormentato con il suo datore di lavoro e amico, nonché nemico e principale antagonista, Lord Byron. Un rapporto in cui odio e amore erano talmente intrecciati da confondersi e sconfinare nella morbosità e nello scontro continuo. Dopo una rottura particolarmente esasperata con il poeta inglese, e aver passato un brutto periodo di ristrettezze economiche, trovandosi nell’impossibilità di saldare un debito, Polidori compose per se stesso un veleno, con cui si tolse la vita nel 1821. Una fine “romantico-gotica”, potremmo dire, perfettamente allineata con quella parte della tarda letteratura Settecentesca, che virava verso il terrore e il fantastico, che aveva in Horace Walpole e Anne Radcliffe i suoi massimi esponenti. Bram Stoker sarebbe arrivato da lì a poco a rafforzare questo flusso, con il suo Dracula (1897), e a trasformarla in qualcosa di più, di una semplice corrente letteraria. Ottantuno anni prima, nel 1816, Polidori creò il suo Vampiro, in un’occasione particolare, diventata poi celebre nella storia della letteratura.

domenica 4 agosto 2013

Il bambino indaco – Una discesa nell'oscurità.

Ho comprato questo libro un paio di mesi fa, e contrariamente alle mie abitudini, e alla mia lista infinita, ho deciso di farlo passare davanti a tutti gli altri, incuriosita anche dalle parole di Laura del blog La Libridinosa che l’aveva appena letto, e ne aveva l’amaro in bocca. Cosa ho trovato io, in questo libro? Una storia horror. Di quelle in grado di tenerti sveglio e terrorizzato anche in pieno giorno. Di farti avere attacchi d’ansia e ripensamenti quando fai bilanci nella tua vita, o guardi le persone che vivono con te, nella tua stessa casa, e ti chiedi improvvisamente se le conosci, se ne vedrai mai il mostro ottuso, se cambieranno mai, se ti parleranno e ti considereranno sempre senza odio. Nessun vampiro, nessun Freddy Kruger, nessun Jason da Venerdì 13, nessuna creatura aliena dai mondi paralleli di Lovecraft. I mostri di questa storia che ho definito impropriamente horror, sono quelli che dormono nei nostri corpi di esseri umani, di cui dubitiamo persino l’esistenza, e ci rallegriamo quando non ne vediamo traccia allo specchio, e tendiamo a considerarli per questo alla stessa stregua dell’Uomo Nero con cui ci spaventavano da bambini per farci dormire. Spauracchi che non esistono, non sono reali. E chissà poi cosa ci vuole, per farli uscire, sempre che esistano...grandi tragedie, grandi lutti. Oppure, come in questo caso, un evento del tutto umano, normale, quasi banale, ma sempre straordinario ogni volta che si verifica, a tutte le latitudini del mondo.  Carlo e Isabel sono una coppia di giovani uguali a molte altre, che si dividono tra Padova e Treviso, in una relazione gioiosa e pacifica, prima di unire le vite in un matrimonio molto desiderato e visto come il punto di partenza per una vita intera di progetti magnifici. Carlo è un piccolo imprenditore, con i piedi per terra, con precedenti esperienze sentimentali poco felici, e molto coinvolto nell’atmosfera di intimità e di pace in cui Isabel, bella ragazza svizzera dall’atteggiamento consapevole e spirituale, ha saputo accompagnarlo. Quando lei scopre di essere incinta, la perfezione di quel mondo a due è consolidata e cristallizzata. Apparentemente. Una notte, Carlo è convinto di sentire Isabel piangere in bagno, ma alle sue richieste di spiegazione, la moglie non risponde se non veloci rassicurazioni. Da quel momento in avanti, il porto intimo della vita di queste due persone si sbriciola pezzo per pezzo, inesorabilmente. Non c’è verso di fermare la corsa verso la distruzione finale, nonostante tutti i disperati  e tardivi tentativi almeno di deviarla. Non anticipo nulla degli avvenimenti, che si possono anche intuire piuttosto facilmente. L’autore ha saputo raccontarli trasformando la morbidezza delle parole che descrivevano il rapporto prematrimoniale dei due protagonisti, nella successiva incredulità, durezza, odio, cospirazione, dolore, estraniamento che man mano hanno fatto irruzione nelle tre vite coinvolte. Attraverso gli occhi di Carlo, vediamo Isabel trasformarsi in un autentico mostro: non esiste più la ragazza bella, morbida, innamorata dell’arte, studiosa di spiritualità, creatrice di oggetti belli per sé e la propria casa. Muore lacerata dagli artigli del gelido ideale di madre superiore, perfetta accuditrice di un figlio sano e forte, che la porta a isolarsi cieca nella sua fortezza di consapevolezza e a considerare gli altri e il mondo oscure minacce mortali da tenere a bada, a colpi di diete, incensi, meditazioni, rimedi naturali, alimentazione sana e povera. Spinta dal suo desiderio abnorme di essere una madre totale, Isabel diventa cieca e sorda. L’unica cosa che concepisce è che lei, e il marito, devono sforzarsi. Devono dare il massimo, insieme, devono sforzarsi, sforzarsi, sforzarsi. In alcune pagine che raccontano i primi inizi della corrosione della natura umana di Isabel, questa è la parola più usata, e ricorre come un’arma scagliata ad ogni piè sospinto, per soffocare ogni tentativo di comprensione, e di richiesta. Il marito diventa un problema, un aguzzino che non la capisce, che non vuole accompagnarla nella sua missione di proteggere suo figlio dall’inquinamento mortale del mondo, che ha smarrito se stesso e i ritmi della vita. Il figlio diventa un problema, ha bisogno di troppe attenzioni, troppe cose per crescere, spinto da una preponderante fame primordiale. Mentre accusa il mondo di essersi smarrito, Isabel smarrisce se stessa sempre più, fino a prendere decisioni terribili e disumane per il suo stesso bambino. In tutto questo, Carlo assiste quasi cieco e paralizzato. Probabilmente è difficile capire, per un uomo, perché l’istinto di una madre, di solito volto alla vita, segua la direzione totalmente contraria, pur mantenendo la convinzione di agire per il bene.  Pur sforzandosi di aiutare sua moglie e suo figlio, Carlo sembra sempre arrivare in ritardo, e agire sempre troppo lentamente, come se vivesse in un sogno brutto e malsano, dove i movimenti sono appannati e rallentati. Si rifiuta di credere che l’inferno faccia parte della sua realtà, e ci vorrà molto tempo perché lo guardi in faccia, ben oltre il tempo scandito dalle pagine stesse. L’azione definitiva, per una parte della storia, verrà compiuta da un’altra donna, la madre di Carlo, che accetta senza vacillamenti di esporsi ad un danno irreversibile per fermare il cammino impazzito della locomotiva Isabel, senza più controllo.  

Come ho detto, questa mi è sembrata una storia horror, una di quelle che mi terrà sveglia, a riflettere. E’ uno dei lati dell’Estate al Femminile, quelli che stanno più volentieri tra le ombre. Non essendo madre, non so capire perché e che cosa, nell’alchimia che trasforma una donna in madre, sia andato storto e si sia pervertito. Posso solo presumere che la terribile “ansia da prestazione” di cui sono generalmente afflitti gli uomini in certi campi delle loro azioni, tenda a colpire in questo modo le donne, soprattutto quelle più esposte e insicure, trasformandole in nutrici cieche e mortali. Mi vengono in mente i centinaia di casi di cronaca, in cui le madri non reggono le pressioni cui loro stesse si sottopongono con crudeltà, e distruggono se stesse e le famiglie che hanno creato. Isabel capisce bene che i ritmi di vita seguiti nell’Occidente non seguono più quelli della vita universale, ma questa sua consapevolezza finisce per alimentare le sue ansie, piuttosto che spronarla a rafforzarsi e a cercare e mantenere un equilibrio spirituale sano. Le viene detto che il suo bambino sarebbe stato una creatura speciale, di qualità superiore, un bambino indaco, e Isabel, nel tentativo di essere all'altezza di questo dono, perde completamente di vista la sua capacità di costruire per proteggere, e si isola, allontanando tutto e tutti. Nel libro, la questione della superiorità del bambino non viene mai affrontata apertamente, né viene smentita, affermando che si tratta di un “normale” essere umano. Tuttavia, non posso fare a meno di domandarmi se, per ogni madre, il proprio bambino non sia in fondo un “indaco”, un essere speciale, a prescindere dal fatto che lo sia sul serio! 

venerdì 2 agosto 2013

Gli Archetipi - Un ottimo modo per conoscerli

Un post velocissimo sugli Archetipi, di cui ho parlato qualche giorno fa, a proposito de Il Signore degli Anelli.
In Rete, e più precisamente nel Blog di Visione Alchemica, ho trovato un lungo ed esauriente articolo su cosa sono gli Archetipi, da dove derivano.
Cito solo la definizione che ne hanno dato Socrate e Platone, considerandoli i mattoni dell'universo, su cui costruire la vita umana.
Seguite il link, tuffatevi all'origine di tutto:

Il segreto della libreria sempre aperta – Quasi un fantasy.

Probabilmente l’autore mi riderebbe in faccia, e anche di gusto, se leggesse questa mia definizione. Tuttavia, mentre ragiono su questo libro, che mi ha interessato e divertito molto, mi viene da pensare che sia riuscito a trovare il modo per scrivere un fantasy sotto mentite spoglie, intrecciando a perfezione elementi molto moderni, tra cui la presenza augusta e monumentale di Google. Sì, QUEL Google. La società fondata da Sergey Brin e Larry Page, due brillanti studenti innovatori che iniziarono a creare un motore di ricerca, per la catalogazione e il reperimento delle pagine, fotografie e materiale più interessante e meritevole della Rete, e finirono per dare vita AL motore di ricerca per eccellenza e ad una serie molteplice di servizi web come Blogger, che ospita anche le mie elucubrazioni da furia libresca. Perché parlo di fantasy? Il libro preferito del giovane protagonista, Claymore Jannon, ha un titolo che ha attirato anche la mia attenzione: Le cronache del canto del drago. Al punto da pensare se cercarlo o meno, in Google...Ritorniamo un momento al libro. Claymore Jannon, conosciuto più facilmente come Clay, è un giovane webmaster sveglio e dotato di senso di umorismo, che vive a San Francisco, dove porta avanti con entusiasmo il lavoro che ama, occuparsi del web marketing di un’azienda specializzata in bagel, focacce di pane molto apprezzate. La crisi mondiale scoppiata nel 2008 mieterà vittime nell’automotive, ma anche nel settore del fast food, costringendo l’azienda di bagel a chiudere dopo una breve e furiosa lotta per resistere, e rimettendo di colpo il giovane Clay sul mercato del lavoro, insieme a milioni di concorrenti. Dopo lo stordimento iniziale, diversi tentativi di ritornare a svolgere un lavoro digitale, Clay si arrende e si dispone a cercare, e accettare, un lavoro anche “fisico”, che gli permetta di sostentarsi e continuare a vivere in appartamento con i suoi due coinquilini, Matthew Mittelbrand, brillante tecnico di effetti speciali piuttosto strambo, e Ashley Adams, perfetta padrona di casa e imprenditrice modello. Dopo diversi tentativi a vuoto e un inizio strisciante di pessimismo disperato, Clay trova lavoro, al turno di notte, presso La libreria sempre aperta del Sig. Penumbra. Un negozio bizzarro, un titolare bizzarro, e anche un orario bizzarro. Ma così allettante...e verosimile, al punto che ho provato la tentazione di capire se esistevano davvero librerie di quel tipo, per mandarvi un curriculum. Inizia quello che sembra un banalissimo lavoro di commesso in una libreria, per quanto di notte: presentare e vendere i libri richiesti agli scarsissimi acquirenti che varcano la porta del negozio dopo le 20.00, fino alle 6.00 del mattino, circa. Poco dopo, iniziano le stranezze: esiste un settore della libreria, situato molto in alto lungo le pareti e raggiungibile solo tramite lunghe e pericolanti scale, che contiene libri da prestare, mai da vendere, e soprattutto, mai da sbirciare, a determinate persone munite di una determinata tessera, che ne fanno altrettanto determinata richiesta. Oltre ad annotare il giorno del prestito e il codice del libro, Clay riceve l’espressa istruzione di prendere nota dell’abbigliamento, dell’atteggiamento  e dell’umore dell’utente. Un circolo di lettori, quindi, che non acquistano i libri (almeno, non quelli) e che forse fanno parte di un esclusivo club di lettura, e sempre rigorosamente di notte. Si tratta soprattutto di lettori anziani, esigenti, compresi in qualche compito importante, che ogni tanto si fanno sfuggire frasi criptiche, che sanno di mistero iniziatico. La curiosità di Clay viene stuzzicata progressivamente, finché arriverà a violare la regola principale della libreria, ovvero mai sbirciare nei libri della sezione in alto che vengono concessi in prestito, e scoprirà la presenza delle tracce dell’autore del suo libro preferito, Le cronache del canto del drago. Non racconterò altro della trama, che vede iniziare una sorta di “ricerca” secondo i rigorosi criteri del fantasy, che deve condurre alla scoperta del segreto custodito da questa bizzarra libreria e dal suo sorridente e misterioso titolare, il sig. Penumbra. Come nella migliore tradizione di fantasy, il protagonista scopre alcuni indizi di questo segreto e chiede aiuto a validi aiutanti per portare a termine la sua missione, che si svolgerà tra librerie sotterranee e laboratori di Mountain View, la sede di Google. Viene costituita anche qui una Compagnia, che non protegge un anello, ma cerca un Libro in particolare, e i suoi componenti ricalcano le caratteristiche del condottiero (un amico di infanzia di Clay, gran giocatore di giochi di ruolo, e ora imprenditore digitale di successo), del mago (un tecnico informatico di Google, una graziosa ragazza sveglia e ambiziosa, per breve periodo fidanzata di Clay), e del guerriero senza paura (Matthew, “Mat” Mittelbrand, il creatore di effetti speciali non solo al pc). La ricerca è arricchita di una buona  dose di suspense sdrammatizzata dalle battute ironiche di Clay, e da colpi di scena per così dire “ridimensionati”: niente assassinii, furti, gesti eclatanti o sentimenti sopra le righe, ma il continuo intervento della logica e del buon senso che stempera tute le situazioni. Molti lettori vedranno anche qualche luogo comune che normalmente fiorisce nel settore: l’irrigidimento nella distinzione tra semplice lettore e “vero” lettore, la tendenza al settarismo, all’esclusione del nuovo ad appannaggio di un vecchio ritenuto più puro e significativo, il libro di carta contro quello digitale. Tendenze molto, molto umane, applicate ad un campo e ad una situazione che sono molto lontani dall’essere pericolosi o portatori di danni, e in questo si avverte anche il filo ironico che contraddistingue l’autore, e non solo il suo personaggio portavoce, Clay. La ricerca ha un risvolto serio, da missione, ma viene condotta con molto sorriso e buon senso, tant’è che darà frutti positivi per tutti coloro che sono coinvolti, senza perdite, né umane, né di alcun genere. Ho letto questo libro come la dimostrazione, in chiave divertente e rilassata, di come gli esseri umani riescano a fare di un gesto semplice, o di un’intenzione aperta, qualcosa che assomigli ad una tragedia. E un semplice invito, in sottofondo: viviamo più sereni!
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