venerdì 28 febbraio 2014

L'Amanita#12 - Il monaco

Il monaco
Matthew Gregory Lewis

Par condicio: dopo un vecchio francese, ho ripescato un inglese ancora più vecchio: The Monk. Il Fantasma dell’Opera mi ha ricordato quest’altro libro.
“Accolto con scandalizzato entusiasmo al tempo della sua pubblicazione nel 1796, in larga misura ignorato nell’Ottocento, riscoperto nel Novecento, “Il Monaco” di M.G. Lewis è forse l’esempio più notevole del romanzo gotico inglese, il più estremo.
Tutti i clichés del romanzo gotico vi si ritrovano moltiplicati ed esasperati: castelli, abbazie, fantasmi, violenze, stupri, incesti, orrori innominabili, presenze demoniache. (…) Si distingue per il consapevole e drammatico senso di morte di una civiltà che veniva travolta dalle rivoluzioni della fine del secolo, e insieme per quella carica erotica e trasgressiva che doveva scandalizzare ed affascinare.”
Lo lessi praticamente il millennio scorso e mi colpì proprio per l’esasperazione succitata.
Anni ed esperienze (tra cui un periodo di noviziato, che mi indirizzò anche agli studi teologici; portai a termine soltanto i secondi) dopo, ho scoperto una ricchezza profonda tra le esagerazioni. Devo dire che l’ho riletto con piacere.
La “carica erotica” non mi ha scandalizzato, né affascinato. Mi ha dato da pensare su secoli di morale altrui e anni di studio più esami di morale miei; sì, nei seminari è una materia ben ordinata: teologia morale fondamentale e t.m. sistematica, che “regola” la vita sociale, la sessualità, la salute e non ricordo più che altro. Quintali di carta, alberi innocenti sacrificati inutilmente.
Per farla breve: ho odiato Ambrosio. La sua presunta “perfezione”. La sua falsità arrogante e presuntuosa. Anche nei rari slanci di “pietà” o di consapevolezza dell’errore: il centro è la sua immagine di santo che gli altri hanno.
E ho odiato la sua “collega” badessa di Santa Chiara. Ho gongolato parecchio quando è morta (sempre la funzione catartica dell’arte).
In nome di chi giudicate, punite, uccidete?
Dov’è la vostra “santità”? In cosa consiste? Cos’avete di diverso o di più rispetto ai “comuni mortali”?
Chi siete voi per sopprimere un’altra vita?
Chi siete per decidere anche dell’anima?
Al rogo, subito, senza passare dal via!


I personaggi, non il libro: qualora il post di Loredana non si veda bene mai, mai, MAI BRUCIARE UN LIBRO! 

lunedì 24 febbraio 2014

L'Amanita#11 - Il fantasma dell'opera

Il fantasma dell’opera
Gaston Leroux


A volte capita di avere una musica in testa. È lì, in sordina.
Un sottofondo piacevole, ancora non identificato, ma sai che è legato a ricordi belli.
Poi esplode:
In sleep he sang to me, in dreams he came
That voice that comes to me and speaks again
And though I dream again, for now I know
The Phantom of the Opera is there, inside my mind.

The Phantom of the Opera! Ho anche il libro, perché non rileggerlo?
E perché a volte mi pongo queste domande! Dopo i primi capitoli ho ricordato parecchi motivi per non rileggerlo.
Riavvolgo la bobina: “galeotto fu il musical e chi lo scrisse”. Il mio primo contatto col fantasma avvenne negli anni ’90. All’epoca insegnavo e la mia collega di inglese portò da un suo viaggio un souvenir strepitoso: la videocassetta del musical di Andrew Lloyd Webber (non un film, ma lo spettacolo teatrale) che usava “a scopo didattico”.
E quel personaggio drammatico, quella solitudine, quelle musiche mi sono rimaste impresse nell’anima. Non ricordo i dettagli, ma un fatto mi aveva colpito: “è così tragico da non avere neanche un nome”. Per tutta la durata dell’opera, quel personaggio geniale e folle, assassino e poeta, resta un fantasma. Un’ombra, spesso nefasta e maligna, destinata al nulla.
Lessi il libro dopo aver visto la versione teatrale.
Delusione.
Leroux ha il pregio di aver creato un personaggio eccezionale. Grande nel bene e nel male.
Erik (a differenza del musical il fantasma sceglie per sé un nome) è un genio ed è un uomo solo. Mentre leggevo, percepivo la sua solitudine e ne soffrivo. Perfino quando arrivava ad uccidere.
Ama la bellezza ed è prigioniero di un corpo fatiscente.
È luce e tenebra insieme.
È “La musica della notte” di un angelo caduto che riesce a riscattarsi.
Questa magnifica gemma quasi si perde in una montatura eccessiva, come un rubino nella melma; la narrazione è un gioco di “storia nelle storie”, che rimbalza da un narratore all’altro in una prosa pomposa, pletorica e stancante.
Ripetizioni e troppi dettagli inutili la zavorrano.
Confesso: detesto il francese; ogni volta che penso agli anni trascorsi a studiare i romanzieri d’oltralpe (en français, naturellement) sento gracidare le rane. Ed anche la prosa: la struttura delle frasi non mi è congeniale.
Il “remake” di A. Lloyd Webber conferma un mio vecchio pregiudizio: il romanzo “parla inglese”!

Adesso cerco il dvd, così raglio a squarciagola: in sleep he sang to me…

domenica 23 febbraio 2014

L'ultimo incantesimo - Mary Stewart

Confesso: ho preso il terzo libro con un vago senso di nausea. Non ricordavo bene i dettagli e temevo di ritrovarmi anche Lancillotto fra i piedi.
Ho sempre odiato il tizio e tutte le manfrine da “amor cortese” a cui lo collego.
Mirabilia: Lancillotto non c’è! Sì, va be’, Artù è cornuto e contento anche qua, ma sua maestà è felice: l’amico d’infanzia consola l’adorata moglie, mentre è in “altre faccende affaccendato”… chi sono io per intromettermi? E poi a me interessa Merlino, che ha appena incoronato Artù.
<<Questa non è una profezia.>>
<<Te ne dispiace, Merlino?>>
Era il re che me lo chiedeva, un uomo saggio quanto me; un uomo che sapeva guardare oltre i problemi che lo assediavano e indovinare che cosa potesse significare per me aggirarmi nell’aria morta laddove il mondo era stato un tempo un giardino colmo del dio.
Riflettei un poco prima di rispondergli. <<Non ne sono sicuro. Ci sono stati tempi come questo prima d’ora, tempi passivi, il riflusso della marea; ma mai quando ci trovavamo ancora prima di grandi avvenimenti. Non sono abituato a sentirmi impotente e riconosco che non può piacermi. Ma se una cosa ho imparato negli anni in cui il dio è stato con me, è di fidare in lui. Adesso sono abbastanza vecchio per camminare tranquillamente, e quando ti guardo so di esser stato esaudito. Me ne starò in cima ai monti e ti guarderò compiere l’opera per me. È questa la ricompensa della vecchiaia.>>
<<Vecchiaia? Parli come fossi canuto! Quanti anni hai?>>
<<Sono abbastanza vecchio. Quasi quaranta.>> (scusate, ma qua Amanita Marzia si sveglia: io sono ultra “quarampana”…a Merli’, aripijate, eh!)
<<Ma allora, per amor di Dio?...>> (appunto! E non mi citate il famoso “nel mezzo del cammin di nostra vita” e relativo salmo a cui s’ispira.)
Così, ridendo, superammo quel momento critico.
Avevo dimenticato parecchi particolari, ma l’essenziale è rimasto impresso nell’anima e viaggia con me. Questo Merlino non è “solo” un grande mago. È un grande uomo.
Per la prima volta, dai giorni lontani in cui, seduto ai piedi del maestro, avevo imparato l’arte della magia, avevo visto qualcuno che avrebbe potuto degnamente imparare da me. Non come avevano desiderato imparare altri, per conquistare il potere o perché lo trovavano stimolante, non per portare avanti qualche inimicizia o soddisfare qualche personale avidità; ma perché aveva visto, oscuramente con gli occhi di un bambino, che gli dei si spostano con i venti, parlano con il mare e dormono con le erbe profumate, e che Dio è il compendio di tutto quello che si trova sulla superficie della bellissima terra. La magia è la porta attraverso la quale a volte può passare il mortale per trovare l’accesso a quell’altro mondo. Io avrei potuto aprirgli quella porta e lasciargliene la chiave.

giovedì 20 febbraio 2014

Cristo si è fermato a Eboli – L’odio triste e antico

LoreGasp

Il titolo di questo libro, terza tappa del Giro Letterario d'Italia, mi ha sempre incuriosito. Spesso l’ho sentito citare, anche in qualche film, con scherno e disprezzo verso il cosiddetto “problema meridionale”, chiamato anche il Mezzogiorno e in altri modi molto meno aulici, soprattutto da quando è emersa una certa corrente di pensiero politico (chiamiamola così, manteniamo un certo decoro nel blog). Alla spiegazione del titolo Carlo Levi dedica due pagine dense iniziali, ma la vera comprensione di queste sue parole si raggiunge spingendosi all’interno di questo romanzo, che io ho considerato agevole e difficile, attraente e noioso, magico e piatto, ottuso e intelligente, leggero e severo, ricco e desolante.  “Noi non siamo cristiani, - essi dicono [i contadini lucani], - Cristo si è fermato a Eboli - . Cristiano vuol dire, nel loro linguaggio, uomo: e la frase proverbiale che ho sentito tante volte ripetere, nelle loro bocche non è forse nulla più che l’espressione di uno sconsolato complesso di inferiorità. Noi non siamo cristiani, non siamo uomini, non siamo considerati come uomini, ma bestie, bestie da soma, e ancora meno che le bestie, i fruschi, i frusculicchi, che vivono la loro vita diabolica o angelica, perché noi dobbiamo invece subire il mondo dei cristiani, che sono al di là dall’orizzonte, e sopportarne il peso e il confronto. Ma la frase ha un senso molto più profondo , che, come sempre, nei modi simbolici, è quello letterale. Cristo si è davvero fermato a Eboli, dove la strada e il treno abbandonano la costa di Salerno e il mare, e si addentrano nelle desolate terre di Lucania. Cristo non è mai arrivato qui, né vi è arrivato il tempo, né l’anima individuale, né la speranza, né il legame tra le cause e gli effetti, la ragione e la Storia. [...] Cristo è sceso nell’inferno sotterraneo del moralismo ebraico per romperne le porte nel tempo e sigillarle nell’eternità. Ma in questa terra oscura, senza peccato e senza redenzione, dove il male non è morale, ma è un dolore  terrestre, che sta per sempre nelle cose, Cristo non è disceso. Cristo si è fermato a Eboli. “ (Cristo si è fermato a Eboli, pagg.3-4, Einaudi). Questa è la traccia e la mappa per addentrarsi nel mondo di questo romanzo, vera e propria esplorazione, fisica e umana. Carlo Levi è un laureato in medicina, torinese, che si trova a vivere in quel tempo difficoltoso e protervo che era il fascismo e in particolare gli anni della Guerra d’Africa.

L'Amanita#10 - Il giardino degli oleandri

Il giardino degli oleandri
Rosa Ventrella



Una saga familiare con il volto di quattro donne coraggiose ed uniche.
Il profumo di una terra magica, la Puglia.
Donna di rara e profonda bellezza, la Margiala ha il potere di lenire i dolori dei neonati, è aiuto prezioso durante i parti e all’occorrenza è in grado di togliere il malocchio.
Ha tre figlie: Rosetta, Cornelia e Diamante.
La prima è bella, selvaggia come lei.
La seconda ha i capelli color miele e gli occhi chiari del padre.
Diamante invece è paffuta e la sua testa è sempre arruffata da quei ricci indomiti come il suo carattere ribelle.

Poteva un libro con la parola giardino sfuggirmi?
Seguito poi dalla definizione saga familiare al femminile…
Ero già alla cassa bramosa e consenziente.
Atmosfere torbide e morbose scritte in un linguaggio pesante.
Le pagine trasudano quel senso di oppressione che schiaccia una donna, semplicemente perché è nata femmina; leggiamo il desiderio di libertà e di riscatto di queste donne, ma alla fine la loro vera vita è nascosta… argh!
È stato come tornare bambina (il millennio scorso, urca!) e riascoltare i racconti di nonna-bis: “quando ero giovane io…”. Anche se l’antenata, classe 1900 “tondo-tondo”, era veneta e tra Puglia e Veneto alcune differenze erano abissali, la condizione della donna non cambiava. All’epoca, una donna senza marito era meno donna, una specie di Cenerentola destinata ad assistere i genitori; ho zanne ed artigli sfoderati, gli occhi iniettati di sangue, e tra un po’ emano spore velenose…
Tutto sommato è un libro interessante, ma continuo a preferire la prosa anglofona ed un’ambientazione meno opprimente.
Insomma, mi sembrava di leggere un’imitazione di Verga!
E NON intende essere un complimento: ho sempre detestato Verga.


mercoledì 19 febbraio 2014

Le grotte nelle montagne - Mary Stewart

Continua la voce di Marzia a raccontarci il secondo volume della trilogia dedicata a Merlino.

Potevo resistere al richiamo di Merlino? No, anche se è maschilista come lo ricordavo; dice a Morgause, desiderosa di “imparare la magia”, qualcosa come: <<è una cosa da uomini, una donna non può portare un peso simile>>. A Merli’, ti voglio bene ed hai ragione a non volere tra i piedi una serpe del genere, ma vorrei darti un calcione!
Ho tirato giù gli altri libri. La materia di cui sono fatti i sogni, già. Ed il mio sogno continua, anche se inizia con le tinte fosche e minacciose dell’incubo.
Un mistico cristiano parlò de “la notte oscura dell’anima”: un uomo di Dio all’improvviso non percepisce più la sua presenza. Credo ogni comune mortale sperimenti questa sensazione, quale che sia la religiosità. Fa parte del nostro essere: siamo sospesi tra il tutto ed il nulla nelle difficoltà della vita e della storia.
Merlino, uomo di Dio, è solo e si sente abbandonato nelle tenebre. Non ci sono più sogni, fiammate, né visioni, né rombi di tuono o sussurri gentili nella brezza.
Il vuoto.
Dubbi e tormenti lo molestano finché non sistema il piccolo Artù al sicuro, presso la sua vecchia balia.
<<Perché hai quell’aria, Merlino? Ti ho visto quella stessa espressione poco fa. Che cos’è?>>
<<Non lo so…>> Parlai lentamente, gli occhi fissi sull’ultimo scintillio del fuoco. <<Ho fatto quello che ho fatto perché Dio – qualunque dio egli sia – mi ha spinto a farlo. All’improvviso mi ha detto che il figlio che Uther avrebbe generato da Ygraine quella notte sarebbe stato il re di tutta la Britannia, sarebbe stato grande e forte(…). Non ho fatto niente per mia volontà, ma solo per questo, che la Britannia non precipitasse di nuovo nelle tenebre. Mi è venuto così, dal silenzio e dal fuoco, e come una certezza. Poi non ho più visto niente e non ho più udito niente>>.
La magia cresce come il grano sotto la coperta di neve. Il sogno cresce, nonostante il divino silenzio. Anzi, quel silenzio a volte può diventare un altro dono: ammettiamolo, Dio può essere un po’ ingombrante! Lo stesso mago cresce.
Nel momento in cui Merlino è “solo” un uomo, può dedicarsi a se stesso. Viaggia in Oriente, conosce altri popoli, altre culture.
Il dono torna e può seguire a distanza il futuro re, mentre si dedica alla ricerca della mitica spada da collocare al posto giusto per il momento opportuno. E poi in incognito si avvicina ad Artù, per prepararlo al futuro luminoso, ma gravoso, che lo attende.
Provo una tenerezza immensa per questo Merlino: vede così lontano, ma gli sfuggono le piccole cose che ha sotto gli occhi; pur avendo vissuto sulla sua pelle l’esperienza di un bambino senza padre, non ricorda che un ragazzino ignaro vede un possibile genitore in un nobile straniero, un valoroso soldato di passaggio o perfino uno studioso musicista e cantastorie…
Era come se non riuscisse a vedermi bene o come se mi stesse vedendo per la prima volta e non riuscisse a mettermi a fuoco. Era uno sguardo sconfortante, e io non mi lascio sconfortare facilmente.
<<Credevo che tu fossi mio padre>>.
Era come affrontare la spada di un avversario e scoprire che spada e nemico sono semplici illusioni, ma nello stesso tempo accorgersi che il terreno su cui uno si trova è solo un’infida palude.
(…) Come tutti i bambini – come avevo fatto io – aveva detto poco ma aveva aspettato, ponendosi continue domande.
Artù doveva sapere. Andai subito al sodo e gli dissi la semplice verità. (…)<<Tutto ciò che ti ho insegnato o detto è sintetizzato in te, proprio in te>>.
Alla fine mi fermai e bevvi un sorso di vino. Egli fu pronto ad alzarsi e, prendendo la caraffa, me ne versò dell’altro nel calice. Quando lo ringraziai, si chinò e mi baciò.
<<Tu>> disse piano <<tu, fin dall’inizio. Sono tuo quanto del re>>.
Allo stesso modo, non vede l’adolescente Artù, “carico” dopo la vittoria della battaglia al fianco del re, pronto per la trappola di Morgause. Potrà soltanto farne tesoro.
Dissi, calmo: <<Artù. Sta’ fermo, adesso, e ascolta. Ti ho detto che quello che è fatto, è fatto, e che gli uomini devono imparare ad accettare le conseguenze delle loro azioni. Adesso ascoltami. Un giorno, presto, sarai il Sommo Re, e come sai, io sono il profeta del re. Perciò stai a sentire la prima profezia che io faccio per te. Quello che hai fatto, l’hai fatto in innocenza. (…) Ogni uomo ha in sé il seme della propria morte e tu non sarai più che uomo. Avrai ogni cosa, ma non puoi avere di più; e a ogni vita deve esserci un termine. Quello che è accaduto stanotte è che tu stesso hai stabilito quel termine. Che cosa potrebbe volere di più un uomo, che determinare la propria morte? Ogni vita contiene una morte, come ogni luce un’ombra. Accontentati di stare alla luce e lascia che l’ombra cada dove vorrà>>.
Ed un piccola rivincita con Morgause, infuriata per essere stata allontanata.
<<Tu non sei niente, Merlino, non sei niente, e alla fine sarai solo un’ombra ed un nome>>.

Mi fece sorridere. <<Pensi di spaventarmi? Vedo più lontano di te, credo, e non sono niente, sì; sono aria e tenebre, una parola e una promessa. (…)Il mio nome sarà solo una parola per canzoni dimenticate ed una logora saggezza; il tuo nome, Morgause, sarà solo un sibilo nelle tenebre>>.

L'angolo dei nani e dei giganti#3 - Tino il cioccolatino va a Parigi

Questa volta, la piccola Martina si è dedicata ad un personaggio dolce dolce; leggiamo cosa ne pensa.

TINO IL CIOCCOLATINO VA A PARIGI

Autore: Chiara Patarino Aurora Marsotto
Casa Editrice: Piemme

Protagonisti:
TINO
NUGABELLA
Altri personaggi:
CRI-CRI
CAVALIERE PROFITTEROLES
JASMINE
ZIA MARIANNA
GASTON DE BON BON
ALICE
LULU’
ANDREA
PARALINE CHERIE

RIASSUNTO
Un giorno TINO il cioccolatino e la caramella NUGABELLA partirono per andare a Parigi, perché si volevano sposare in quella città romantica.
Arrivati a Parigi non trovavano più l’abito da sposa di NUGABELLA, allora TINO si trasformò nel sarto più famoso di Francia e le fece un vestito da sposa.
TINO E NUGABELLA andarono da GASTON che era il cioccolatino che li attendeva a Parigi che gli presentò la sua fidanzata PARALINE CHERIE. Quest’ultima gli fece vedere molti luoghi di Parigi, poi gli regalarono dei biglietti per andare a teatro.
A teatro trovarono il CAVALIERE PROFITTEROLES che vedendo TINO e NUGABELLA allegri gli chiese di andare nel suo castello per cercare di fare sorridere JASMINE che era la sua nipotina.
Si recarono al castello a conoscere JASMINE e ad un certo punto trovarono un fantasmino che faceva i profitteroles. JASMINE diventò sua amica e da lì non fu più triste.
Il CAVALIERE PROFITTEROLES per ringraziarli regalò a LULU’, ANDREA ED A ZIA MARIANNA il biglietto di viaggio per poter andare al matrimonio ed offre il suo castello per la cerimonia.
TINO e NUGABELLA felici e contenti celebrarono il matrimonio.

LE MIE IMPRESSIONI

Questo libro lo consiglierei ad altri di leggerlo, perché è stato molto divertente ed è molto semplice da leggere.

lunedì 17 febbraio 2014

L'Amanita#9 - Gens Arcana

Gens Arcana
Cecilia Randall



Dovevate saperlo e aspettarlo: prima o poi sarebbe arrivato.
Vi tocca.
Sulla copertina, che ricorda il retro di una carta di tarocchi e già questo…

Un fantasy tenebroso e potente sullo sfondo del grande Rinascimento.
Firenze, 1478. Valiano de’ Nieri discende da una delle più antiche e autorevoli famiglie di Arcani (…). Il potere arcano è immenso e Valiano è nato per essere un capo tra gli Arcani, ma ha rifiutato suo dono e la primogenitura per inseguire il sogno di una vita normale. Quando però suo padre muore in modo misterioso e l’amato fratello Angelo viene preso in ostaggio da chi avrebbe dovuto proteggerlo, Valiano capisce di non potersi sottrarre al proprio destino.

Ebbene sì: è un fantasy. Ma aspettate a cambiare blog. Sì, Lettrice Rampante, ti ho visto arricciare il naso, sai? Ed anche tu, Maria di Start from Scratch. Non ci sono maghi, né pozioni, né i soliti pseudo angeli- fustacchioni da spiaggia. Mi spiace anche per te, Loredana: non ci sono draghi.
Se la Metafisica di Aristotele non fa per voi, avete tutta la mia solidarietà ed appoggio. Eppure la magia di questo libro nasce anche dalla filosofia (l’etere, la famosa quinta essenza).
Se detestate i personaggi indecisi e rompiballe (ops), qua ne troverete parecchi. A cominciare dal protagonista Valiano, che avrei voluto prendere a calci sul sedere una pagina sì e l’altra anche.
Se siete allergici ai romanzi storici, sappiate che vi troverete nella Firenze di Lorenzo il Magnifico, con tanto di congiura de i Pazzi.
Se vi aspettate un recensione velenosa…
Mi spiace deludervi: amo immensamente questo libro.
Dall’abusato doppio complemento oggetto alle virgole: qua non sono fuori posto o qualora ce ne fossero… echissenefrega, però il pleonastico doppio complemento abbonda e mi infastidisce!
Questo libro ha cominciato a parlarmi dallo scaffale del negozio. Non lo volevo: copertina rossa e gialla, pacchiana quanto una carta di tarocchi.
Presentazione eccellente. Regola numero uno: diffidare delle fascette e dei commenti positivi riportati sulle copertine; sono come i foglietti delle avvertenze nelle medicine, comunemente chiamati “i bugiardini”.
Ho davvero opposto una strenua resistenza, ma il libro mi si è appiccicato alla mano come avesse volontà propria.
E ho amato quella Firenze rinascimentale descritta con cura.
Ho amato Valiano con tutte le sue debolezze. E tutti gli altri personaggi; non per dire, ma Manente è “un gran bel pezzo di figliolo”, un po’ particolare, già. Be’, nessuno è perfetto!
Ho amato perfino quel babbeo di Aristotele…


Ok, ho bisogno di riposo: sono (s)caduta nella sdolcinatezza.

venerdì 14 febbraio 2014

La grotta di cristallo - Mary Stewart

Marzia ha ritrovato un bellissimo libro di un'autrice formidabile, che abbiamo molto amato entrambe. Ecco i suoi pensieri.

“Mio signore, quando si cerca… quello che io sto cercando, bisogna guardare in luoghi strani. Gli uomini non possono mai guardare il sole, se non cercando, in basso, il suo riflesso nelle cose della terra. Se si riflette in un pozzanghera sporca, è sempre il sole. Non c’è nessun luogo in cui io non guarderò, per trovarlo”.

Merlino.
Già, Merlino.
La materia di cui sono fatti i sogni, avrebbe detto circa mille anni dopo un altro Bardo.
Ho traslocato molte volte ed altrettante sono state “le pulizie” degli scaffali: ad ogni trasloco, Mary Stewart è stata la prima dello scatolone per la nuova casa.
Se Boromir fu il primo “amore di carta” di Loredana, ecco il mio.
Primo ed unico. Oh sì, amo tantissimi altri personaggi. Ma Merlino è Merlino.
Loredana, quanti libri abbiamo divorato sul “Ciclo Arturiano”? Quante versioni di Merlino?

“La grotta di cristallo” racconta la nascita e l’infanzia difficile. Merlino è figlio di una principessa gallese. Ma non ha padre.
È un ragazzo solitario, non è “soltanto” intelligente, vede e sente ciò che gli altri neppure notano.
Ha la consapevolezza di un dono, ma neppure lui sa come utilizzarlo. È poeta e musicista, ingegnere, guaritore, astronomo. Ascolta la voce della terra e del vento, “vede” nel fuoco…e patisce il mar di mare!

<<Merlino…guardati dalla presunzione. Anche se Dio ti ha dato il potere…>>
Le appoggiai una mano sul polso, interrompendola. <<Non mi hai capito. Mi sono espresso male. Volevo solo dire che il dio lo ha detto attraverso di me, e poiché lo ha detto deve essere vero. (…) Non avere paura per me, madre. Chiunque sia il dio che mi usa, io sono contento di essere la sua voce e il suo strumento. Vado dove egli mi manda. E quando avrà finito con me, mi riprenderà>>.
<<C’è un solo Dio>> bisbigliò lei.
Le sorrisi. <<È quello che comincio a credere.>>

“La grotta di cristallo” termina con il concepimento di Artù. Re Uther vuole la moglie del suo alleato Gorlois (niente di nuovo: secoli prima, migliaia di chilometri di distanza, re Davide mandò Uria in battaglia in prima linea per rendere vedova Betsabea, futura madre del famoso Salomone) e convoca Merlino.
Merlino va. Sa che qualcosa deve accadere in un certo luogo ed in quel momento. Sa che il frutto di quella notte sarà importante. Poco importa se Gorlois, marito di Ygraine, muore quella stessa notte rendendo apparentemente inutile tutta la fatica.
Leggere questo libro dopo tanti anni è come tornare a casa e ritrovare il proprio posto.
Le frasi, il linguaggio, perfino le virgole. Parole desuete ed obsolete, ma così ricche da ricreare un mondo.
Posso aver dimenticato tanti dettagli.
Ma il mio sogno è intatto.
<<Un simbolo potente per la Britannia. Sarò sepolto lì, Merlino. Farò seppellire sotto la Danza dei giganti il corpo del suo re, il guerriero sotto la soglia di tutta la Britannia.>>
Qualcuno doveva aver tirato le tende che chiudevano la porta. Le sentinelle non si vedevano, il campo era silenzioso.(…)
Qualcuno stava parlando con voce calma; una voce di re; la voce di Ambrogio. Era un po’ che parlava: indistintamente, come echi nel buio, la udivo.
<<…e finché il re riposa lì sotto la pietra il regno non cadrà. Per un periodo pari a quello in cui è stata eretta prima, e per un periodo anche più lungo, la Danza sarà di nuovo eretta, e la luce la colpirà dal cielo vivente. E io riporterò indietro la grande pietra perché stia sopra il luogo tombale, e quello sarà il cuore della Britannia, e d’ora in poi tutti i re saranno un unico re e tutti gli dei saranno un unico Dio. E tu vivrai di nuovo in Britannia, e per sempre, perché tu ed io faremo un re il cui nome durerà finché sarà in piedi la Danza, e che sarà più di un simbolo: sarà uno scudo e una spada vivente.>>

Non era la voce del re; era la mia.

giovedì 13 febbraio 2014

L'Amanita#8 - Lo sfogo

Qual è la mia lista? COSA ODIO DEI LIBRI

1 Le copertine rigide
Siete lì comodi, spaparanzati sul divano o rannicchiati sulla poltrona, magari amate leggere in bagno in attesa di “altre ispirazioni”…e quel xxx di copertina tiene la sua postura e non si adatta alla vostra.
Vi siete mai addormentati leggendo? Cosa vi ha svegliato? Un fottutissimo (ops) spigolo piantato in faccia, magari proprio vicino a quel dente che rompe da settimane. O un mattone sul fegato, che ha già i suoi problemi.
2 Le fascette
E le presentazioni entusiastiche in copertina, sul retro, sui fianchi e nei risvolti delle sovra copertine e nei segnalibro promozionali che vi ritrovate in mezzo. I “bugiardini” dei farmaci sono meno mendaci.
Diffidate dei bugiardini libreschi!

3 I flashback e simili
Di questo ho già parlato, non vi trito ancora le castagne. Ma li odio ferocemente. Punto e basta.

4 Le trilogie
Le “quadrilogie”, le “pentalogie”, le “ennesima-puntata-di-ma-quanto-la-tiri-per-le-lunghe” ecc., di storie che potrebbero occupare un solo libro, massimo due. Insomma: con un buon uso dell’italiano e di altri idiomi, che non siano il francese, (non ha le sonorità ideali e lo ritengo prolisso a prescindere, con l'eccezione de “Il piccolo principe”:potete leggermelo perfino in francese)… dicevo: si può scrivere un libro sensato e compiuto in 400/500 pagine. E questo porta diritto-diritto al punto 5.

5 Le trilogie (ecc.) interrotte
L’apoteosi dell’odio. Il cantami o diva di tutti i lettori che si appassionano ad una storia… e non possono sapere come va a finire, ARRRRGGH!

6 Gli stupri grammaticali
Non credo di essere un novello Dante. Non ho naso…né altri attributi che fanno sì che io sia MarziA e non Dante, per esempio. E per quanto mandi all’inferno un sacco di gente, non mi sognerei mai di scrivere una “Commedia” e lasciare siffatto documento compromettente ai posteri.
Premesso questo, mi hanno insegnato che esiste una roba chiamata grammatica con tante regolette simpatiche.
Posso capire l’evolversi di una lingua.
Attacco a cantare “al rogo, al rogo” quando vedo un SE’ STESSO o un “gli” quando si parla di una donna (un “le” riferito ad un uomo) o ancora quando si usa l’articolo sbagliato per LO pneumatico. Stendiamo una trapunta sulla punteggiatura e sui verbi. Non parliamo proprio degli accenti che sento nel mondo che mi circonda.

7 La sintassi dissennata
Frasi luuuunghe, infinite, che rigurgitano punteggiatura ed aggettivi; dopo mezz’ora mi fermo: cos’è successo? Lo ha fatto o sta pensando di farlo o sta ricordando di averlo fatto, ma soprattutto…chi ha fatto cosa? E perché, mondo boia!

8 I contenuti
Qua il discorso è complesso.
Vige il “De gustibus”. I gusti sono gusti e non si discutono.
Ma tenete lontano da me “mappazze” come “La solitudine dei numeri primi” o le “sbrodazzature” in serie copiate da un campione d’incassi. Tasto dolente che introduce il punto 9.

9 I prezzi
Mi è salita la pressione. A parte certi prezzi inguardabili: giro il libro e lo lascio lì, mi chiamo ancora Marzia e non Rockefeller.
Come osate far pagare 17 euro – ripeto DICIASSETTE euro – un “libro sbrodazzatura – fotocopia” (vedi punto 8)? O per un libro modello Harmony? Non sto declassando la Harlequin Mondadori, anzi. Ho letto HM al più onesto prezzo di 6 euro (sì, va be’, è il solito discorso dei 5,90). Sapevo cosa acquistavo e ho trascorso un pomeriggio di svago mentre aspettavo il dentista. Ma spacciare un libro simile a 17 euro, in italiano si dice furto. Capisco le spese (dalla carta&inchiostro alla distribuzione), non ci sto a farmi prendere per il…borsellino.

10 E-book

A ben pensarci, ho un po’ di veleno anche per quel prodigio della tecnologia chiamato e-book: costano troppo cari per essere “virtuali”! Sarò anche un tecno gnomo imbranato, ma che bip di spese ci sono nel “copia&incolla” di un testo che ormai già nasce su un PC?

Diario di bordo - Guest Post#7

Inizio con il dirvi che questa per me non è recensione facile da scrivere e vi spiego il perché: l’autrice di questo piccolo ma ricco libro, è la donna che mi ha visto e aiutato a crescere.
Ho promesso che avrei letto e esposto le mie sensazioni con il distacco necessario e non solo guidata dal cuore e così ho fatto. Partendo dalla dedica del libro in seconda pagina, potrei affermare: la stessa dedica potrei farla a chi ha scritto questo libro, perché ogni parola ha un significato particolare.
Ma passiamo al libro: 170 pagine di medicina, 170 pagine da tenere sul comodino e da consultare quando pensiamo che la nostra barca, detta vita, stia andando alla deriva.
Diario di bordo: un viaggio all’interno di se stessi, è un libro che ci fa analizzare le nostre paure, le nostre sensazioni, il nostro stato d’animo, la nostra educazione, il nostro stare al mondo.
E’ il viaggio attraverso l’analisi del nostro cervello e le azioni che attraverso questo meraviglioso e grandioso organo compiamo nella nostra giornata. Prendere in esame il positivo e il negativo, come in una pellicola fotografica, di quello che è la nostra vita, collocando dei cambiamenti per vivere più sereni.
Imparare a riconoscere le nostre sensazioni, dare alla “paura” un volto e una definizione per introdurre dei cambiamenti tali da essere più sereni e avere una visione più positiva del mondo.
Lavorare su noi stessi, per apportare mutamenti positivi tali da far variare il soggetto con cui ci stiamo relazionando con difficoltà evidenti.
Un libro da rileggere più volte per poterlo apprendere a fondo. Immagino che tanti abbiano sperato  e pensino di cambiare sfaccettature della propria vita che non soddisfano o provocano malumori e insofferenze. Scritto in modo semplice, diretto, facile immedesimarsi nei personaggi e ribaltare la vita quotidiana descritta con quella nostra di tutti i giorni, in qualsiasi campo: in famiglia, al lavoro, nello sport, con il coniuge, con gli amici.
Leggendo queste poche pagine troverete spunti da introdurre in voi stessi, che vi permetteranno di dire: vivo, ora, senza perdite di tempo, in modo intenso, con un sorriso, intervenendo sui meccanismi limitativi e dannosi per noi stessi, migliorando il mio modo di essere … quando si dice un sorriso contagia noi e chi ci sta a fianco!
Buona lettura!

Se volete approfondire e cambiare vita, visitate: www.progettoconsapevolezza.it


mercoledì 12 febbraio 2014

I romanzi di Stefania Bertola – Antidepressivi in forma cartacea!

Qualche tempo fa, scrissi sulla pagina Facebook del Furore che avrei iniziato la collezione dei libri di Stefania Bertola, dopo averne iniziati due, Neparliamo a cena e Ragazzemancine. Pochi giorni dopo il mio desiderio si è concretizzato tutto in una volta: un’amica gentilissima me ne ha portati una schiera, che io ho divorato in fretta. Ne manca uno all’appello, ma è solo questione di tempo. E poi toccherà a Auster, Gaiman, Pratchett e a tutti gli altri dell’infinita lista. Tornando ai libri di Stefania Bertola. Li ho adorati tutti. Hanno funzionato grandemente da antidepressivo, mi hanno divertito, mi hanno fatto imparare nuove espressioni colorite di linguaggio. Non sono esenti da difetti, tuttavia. Appena li prendi in mano, ti risucchiano nel loro mondo, e anche se abiti a Torino, ti pare di ritrovarti a Narnia, appena esci fuori dall’armadio. Ripercorri con stupore vie  e piazze che prima nemmeno riuscivano a strapparti un cenno distratto. Ti portano di peso a conoscere le protagoniste delle loro pagine, soprattutto donne. Sono presenti anche gli uomini, ma sono in minoranza, e spesso stupidi come biglie, o infingardi e traditori peggio di Don Giovanni. Ti appassioni alle loro vicende, ti riconosci nelle protagoniste o riconosci qualche amica squinternata nelle loro fattezze, segui passo passo i loro pensieri, le loro azioni, stringi amicizia, suggerisci, dai consigli, ti arrabbi...e loro finiscono. Purtroppo, è un grosso difetto che li accomuna, e non saprei proprio pensare ad una soluzione. Quale mi è piaciuto di più? Non so dirlo. Quale mi è piaciuto di meno? Non so dire nemmeno questo. So che ammiro moltissimo l’inventiva e lo stile di Stefania Bertola, che sa mettere realismo, surrealismo, cinquanta sfumature di ironia e sarcasmo, vivacità, intelligenza, dinamismo nei suoi mondi di carta e ne fa altrettanti gioiellini originali. Iniziamo a guardarli un po’ più da vicino.

martedì 11 febbraio 2014

L'angolo dei nani e dei giganti#2 - Il segreto del drago blu

I draghi non possono mancare a lungo da questo blog. Sono ultimi, di ghiaccio, arrivati in eredità, ora anche blu. E questo drago è particolare, perché appartiene alla serie I Topinghi di Geronimo Stilton, e perché viene recensito da una giovanissima lettrice, Martina, che ci fa sapere cosa ne pensa.

IL SEGRETO DEL DRAGO BLU
I TOPINGHI
GERONIMO STILTON

Personaggi:
GERONIMORD: intellettualingo e consigliere del capo villaggio;
TEILDE: addestratrice di cavalli;
TRAPPOLUND: l’inventore più famoso di Topinfjord;
BENJAMIK: Nipote di Geronimord;
PANDORIK: migliore amica di Benjamik;
TOPINGHIUZ: detto l’Urlatore, il capo villaggio;
TOORFINNA: Figlia di Topinghiuz;
TOPUZZILDE: moglie del capo villaggio;
OKKO’O LUNG: indovino del villaggio.

RIASSUNTO
Era il primo giorno di primavera e GERONIMORD quel giorno non voleva uscire di casa, perché sapeva che sarebbero arrivati i DRAGANTI. Solo che poi senti la voce di TOPINGHIUZ che ordinava di andare tutti ad allenarsi per combattere contro i DRAGANTI. 
GERONIMORD non ne voleva proprio sapere, però arrivò BENJAMIK e PANDORIK che gli dissero di andare subito all’allenamento e così ci andò, però ad un certo punto suonò l’allarme anti DRAGANTI e tutti corsero dal fabbro per farsi dare le spade anti draganti, solo che GERONIMORD essendo l’ultimo dovette prendere un martello che pesava tantissimo. 
Il Re dei DRAGANTI TRANGUGIOSO  colpi TOORFINNA con gli aculei velenosi. TOORFINNA svenne e TOPIGHIUNZ andò da OKKO’O LUNG che gli disse che dovevano trovare la pelle del drago per salvare TOORFINNA  e GERONIMORD fu mandato a Dragantyca (Isola dei draghi) con TRAPPOLUND.
Quando GERONIMORD arrivò a Dragantyca venne travestito da TRAPPOLUND per andare dai DRAGANTI per ucciderli e prendere la loro pelle per salvare TOORFINNA. 
Vennero scoperti, però arrivò TEILDE con il DRAGO BLU che li portò in una grotta sotto ad una cascata dove c’era l’arcobaleno blu. Il DRAGO BLU li riportò a Topinfjord ed aspettarono la mezzanotte in attesa che il DRAGO BLU perse la sua pelle per salvare TOORFINNA. 
TRAPPOLUND inventò una miscela anti DRAGANTI. 
TOPINGHIUZ disse a TRAPPOLUND che doveva farne altra però dovevano tornare a Dragantyca, perché dovevano prendere l’agliazzo puzzazzo solo che andarono anche TEILDE, BENJAMIK e PANDORIK all’inizio tutto andò bene e riuscirono a prendere l’aglizzo puzzazzo poi ad un certo punto i DRAGANTI si svegliarono per lo spuntino di mezzanotte e videro GERONIMORD, TEILDE, TRAPPOLUND, BENJAMIK e PANDORIK che cercarono di scappare, ma vennero presi e portati su una specie di bilancia per vedere il peso e l’altezza. 
TEILDE iniziò a soffiare in un fischietto che richiamò le rondini che li aiutarono a scappare. 
GERONIMORD, TEILDE, TRAPPOLUND, BENJAMIK e PANDORIK andarono sul DRAKK e tornarono a Topinfjord con l’aliazzo puzzazzo. 
TRAPPOLUND andò nel suo laboratorio con GERONIMORD e rifece tutta la miscela e la provò su GERONIMORD. Ad un certo punto arrivarono i DRAGANTI e sentirono GERONIMORD con un buon profumo, fortunatamente GERONIMORD cadde in una botte e lì prese un altro odore allora i DRAGANTI si allontanarono.
Stavano però arrivando i MOSCERINGHI DEL FIORDO (simili a zanzare) allora GERONIMORD si tuffò nelle acque fredde del fiordo per non farsi pungere, quindi inseguirono i DRAGANTI che vennero punzecchiati e costretti alla ritirata.
Per festeggiare a TOPINGHIUZ si tenne una gara dove in palio c’era un ELMO TOPINGO. 
GERONIMORD partecipò ma non vinse, anche se il suo pensiero fu che un giorno ne avrebbe conquistato uno con il sorriso di TOORFINNA.

LE MIE IMPRESSIONI
Questo libro lo consiglierei ad altri di leggerlo, perché mi è piaciuto molto; mi ha coinvolto nella storia e mi è sembrato di essere a Topinfjord. 
Questo genere di libro lo rileggerei, perché riuscirebbe nuovamente a coinvolgermi.

lunedì 10 febbraio 2014

Segnalazioni editoriali#4 - Ultimo requiem

Dal 10 febbraio, in libreria arriva un romanzo che rievoca un momento doloroso e buio della storia italiana, edito da Longanesi. Eccone la presentazione:


Il "Romanzo Criminale" delle stragi italiane
ULTIMO REQUIEM
di Mimmo e Nicola Rafele

In libreria dal 10 febbraio 2014

Cosa c’entrano le stragi di stato e l’eversione di destra con l’ascesa di un giovane mafioso siciliano
assetato di denaro e di potere? E perché è proprio un 'picciotto' a portare a Bologna l'esplosivo che
alla stazione farà 85 morti? Partendo dai destini incrociati di un manipolo di personaggi di fantasia,
sempre sul confine che divide la realtà dalla finizione letteraria, il romanzo di Mimmo e Nicola
Rafele racconta alcuni dei punti nevralgici della storia italiana degli ultimi trent’anni: dalla bomba di
Bologna al ferimento di Papa Wojtila, dalla follia stragista dei Corleonesi alla trattativa Stato-mafia,
fino agli attentati sul continente del biennio 1992/93.Temi di incredibile attualità, a leggere la
cronaca recente: le dichiarazioni dei pentiti al processo di Palermo, le minacce al pm Nino Di
Matteo, la scoperta che Totò Riina continua a comandare dal carcere...
« E se fosse andata veramente così? In un
paese senza memoria, soltanto un
romanzo può osare la verità. »
Giancarlo De Cataldo
Stazione di Bologna, 2 agosto 1980. Sono passati più di trent'anni da quella strage e ancora non se ne conoscono i mandanti. Parte proprio da qui questo romanzo che è un tentativo di risarcimento storico e generazionale, la risposta che un padre e un figlio hanno voluto dare al loro bisogno di verità. La trama intreccia due vicende: da un lato l’ascesa al potere di Matteo Sabato, personaggio possente, privo di scrupoli, un mafioso di nuova generazione, un Vito Corleone dei nostri tempi senza il codice d’onore dei corleonesi. Dall’altro lato la ricerca di verità di un magistrato che nella strage ha perso la donna che amava. Gli autori sono bravissimi a intrecciare questi due filoni narrativi con la storia italiana degli ultimi trent'anni e a imbastire un trascinante romanzo sulla sanguinaria passione del potere.

Mimmo Rafele e Nicola Rafele, padre e figlio, sono entrambi sceneggiatori. Mimmo ha esordito come scrittore con ‘La forma della paura’, firmato con Giancarlo De Cataldo. Nicola ha pubblicato il suo primo libro a 15 anni:‘Infatti Purtroppo. Diario di un quindicenne perplesso’.

L'Amanita#7 - I disegni imprevedibili del destino

I disegni imprevedibili del destino
Laura Bellini


Frammenti d’immagini tra passato e presente, dove amicizia e amore viaggiano tra i confini del reale e surreale.

Ecco, sì.
Surreale è un termine appropriato. Talmente surreale da sfociare nell’incubo.
Non mi ha trasmesso emozioni, non ha saputo catturarmi fra le sue pagine e mi ha spinto alla conclusione: gli adolescenti mi tediano.
Domanda esistenziale: ma gli adolescenti sono così “piatti”?
Forse sono considerati tali da chi li vede semplicemente come “consumatori”.
Annoiata dalla trama (una strega, una proiezione in un futuro alternativo e ho rimosso il resto), sono rimasta folgorata dall’italiano povero e dalla punteggiatura.
Virgole, virgole e ancora virgole.
Perfino in una semplice frase “avverbio-soggetto-verbo”.
Avverbio virgola, soggetto virgola verbo? Recidivo?
Va bene una volta, se proprio si vuol mettere in risalto qualcosa.
Letto in “modalità superVicky” e pure saltando pezzi.
La domanda resta: mettiamo da parte un attimo i contenuti, il “de gustibus non disputandum est” è incontestabile, ma lo studio dell’italiano è un accessorio superfluo?
  
Ho trovato la famosa “modalità super-Vicky” in uno dei blog letterari che seguo, ma non so più chi ringraziare: la Lettrice Rampante? Laura la libRidinosa? Maria di Startfromscratch?

Be’, grazie per il suggerimento! 

sabato 8 febbraio 2014

Bonus libri? Oh, che battuta divertente, sei grande! Hai mai pensato di presentarti a Zelig?

Non c'è bisogno di chiamare l'ambulanza per farmi portar via. E' solo il primo commento a caldo che mi sono rivolta nel momento in cui ho letto un articolo giratomi da Simona sulla reale portata del cosiddetto bonus libri. Alla fine dell'anno scorso, l'immarcescibile governo Letta esce fuori con questo provvedimento fantascientifico secondo cui i lettori possono aver diritto a detrazioni fiscali sugli acquisti di libri, custodendo con cura gli scontrini. Credo come moltissimi in questo Paese, sono rimasta stupita di fronte a questa alzata d'ingegno, a prima vista volta a dare una mano alla lettura e a chi ne fruisce, e non, come al solito, a rimpinguare tasche già abbastanza gonfie di sicofanti politici e relativa corte di amici, parenti, amanti. Ehi, ma forse forse...cambiamo qualcosa sul serio? Via con le grasse risate, quelle pre-registrate dei telefilm americani. Ma sono talmente rimbecillita da essermi completamente dimenticata in quale Repubblica delle Banane Marce sto espiando la mia esistenza? Ma sul serio, alla mia età, credo ancora alle favole? Pare che la Commissione Finanze governativa abbia corretto il tiro. Il bonus libri non è rivolto ai lettori, ma ai librai. Per chi volesse approfondire, ecco il link di Repubblica. Ora, passata la delusione, rifletto che in ogni caso questo bonus può portare del bene, perché i librai e le librerie stanno patendo moltissimo degli effetti della crisi, che li costringe a chiudere in tutto il territorio nazionale. Ed è un evento tristissimo, sempre e comunque, e i lettori ne risentono particolarmente. Tuttavia, non sembra che la correzione del tiro faccia fare i salti di gioia nemmeno ai nuovi beneficiati, per una serie di motivi che sono spiegati splendidamente da un'addetta ai lavori nell'articolo relativo su Diario di Pensieri Persi. Vi invito a leggere entrambi gli articoli, con un'attenzione particolare a quello su Diario di Pensieri Persi, perché è davvero esplicativo. Se ci penso bene, la delusione rimane. Se da una parte posso essere contenta che i librai vengano aiutati a rimanere vivi e attivi in commercio, dall'altra sono piuttosto disgustata dall'ennesima prova di incompetenza e pressapochismo fornita da chi dovrebbe amministrare e governare il Paese. Sono d'accordo che gli errori capitano, ma questo balletto di bonus-sì-bonus-no, scusate-stavamo-scherzando, abbiamo-detto-Toma-ma-intendevamo-Roma non è il primo della serie e non dovrebbe proprio verificarsi in un ambito così delicato come le vite lavorative altrui. Pare sempre la stessa storia, trita e ritrita e dolorosa: finché si tratta di posteriori altrui, di cosa mai dovremmo preoccuparci? Mi sembra che il vero leit-motiv che spinge le azioni di chi abita con incompetenza e menefreghismo la stanza dei bottoni sia solo quello.

giovedì 6 febbraio 2014

L'Amanita#6 - Un romanzo di Fitwilliam Darcy, gentiluomo

(Per orgoglio o per amore, Tra dovere e desiderio, Quello che resta)
Pamela Aidan


Oltre ad essere uno gnomo saccente e sputasentenze ed una “trita-castagne” fenomenale, sono pure affetta da “Janeite”: zia Jane è insuperabile e non sono disposta a ritrattare questa affermazione.
Amo Orgoglio e Pregiudizio, detesto Emma; Persuasione è il mio preferito in assoluto. Dovrei rileggere l’Abbazia di Northanger: l’ho già rispolverato da un po’, ma c’è sempre qualche altro libro che mi distrae…
Potevo resistere ad un romanzo su Darcy, nonostante il grave difetto della trilogia? Avevo perfino la possibilità di un “acquisto in blocco” scontato.
Insomma, ho opposto la stessa strenua resistenza che oppone Loredana (dov’è la cassa?).
 …
Come? Sì, sto titubando.
Non dico che l’ho odiato.
Anzi, nell’insieme è una lettura gradevole, nonostante un secondo volume senza senso, con un tentativo poco riuscito di imitare un romanzo “gotico”.
Partiamo dai lati positivi: la Aidan ha costruito attorno al suo Darcy un mondo storicamente attendibile; il nostro “gentiluomo” si muove più o meno a suo agio in un’Inghilterra Regency ben descritta (a volte fin troppo dettagliatamente!) e questa attenzione merita tanto di cappello.
Certe scene sono spassose, come alcuni personaggi “inventati”: Fletcher (il valletto di Darcy ama le cravatte fantasiose e cita continuamente Shakespeare in modo pertinente e spiritoso) o Lord Dyfed (amico dai tempi del college, personalità poliedrica) sono veramente ben riusciti.
Bingley e le sorelle, l’impareggiabile lady Catherine, il colonnello Fitzwilliam, come altri personaggi usciti dalla penna della zia, sono molto fedeli all’originale.
Georgiana mi lascia un po’ perplessa, ma concedo alla Aidan la libera interpretazione della conclusione originale: Elizabeth esercita un’influenza positiva sulla giovane cognata.
Darcy è diventato un precursore del giovane Werther. Mi sembra completamente fuori dalla sua epoca.
Sono arrivata a detestarlo.
Al secondo libro mi sono detta: “non stai leggendo la versione di P&P secondo Darcy, ma un libro ambientato in epoca Regency; i personaggi sono ispirati ad un libro che ti piace. Stop”.
E sopra tutte le elucubrazioni possibili ed immaginabili, una domanda rifulge:
Zia Jane – IN UN SOLO LIBRO – è riuscita a parlare di 5 sorelle e tutto il loro mondo… ma perché, perché, perché sbrodolare “fratello&sorella Darcy” in tre libri (e salassare il borsellino)?!


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