venerdì 24 aprile 2015

Scrittori Made in Campania#5 - Vicarìa – Il cuore oscuro dell'educazione

Il titolo completo è Vicarìa, Un'educazione napoletana. Attenti, non è un romanzo di formazione.

Non nel senso in cui siamo abituati, dalla letteratura e dal significato che attribuiamo solitamente alla parola. Anche questo libro proviene dalla mia ultima “missione” in corso, come la chiama Kristina, ovvero quella di leggere opere di scrittori made in Campania.
Ne ho parlato a WeekendOut, un paio di settimane fa.

Vicarìa è il nome di un quartiere di Napoli, e il 1841 è l'anno in cui lo visitiamo. Non è un bel quartiere, no affatto. E il luogo che ci accoglie all'inizio è una bocca dell'Inferno sotto mentite spoglie, l'Albergo dei Poveri, che raduna i poveri, gli orfani, le donne e le ragazze senza mezzi, i malati. Un bel nome pietoso, che fa pensare a stanze ariose, pulite, fervide di carità verso gli ultimi e gli scartati dalla società. Niente di più lontano dalla realtà...ben rappresentata nell'altro nome per cui è noto il summenzionato Albergo, ovvero Serraglio. Serragliuoli sono i suoi abitanti, un termine incollato addosso con disprezzo e degnazione, che non lascia dubbi: non si tratta di esseri umani, ma di animali di cui si tollera a stento la presenza, purché tenuti nascosti e rinchiusi.

Ed è proprio così: chi entra nel Serraglio, come “gradito ospite”, ci rimane e non può prendere congedo, quando lo desidera...come scopriamo in modo cruento proprio nelle prime pagine del libro. Il piccolo Antimo, una creatura prosciugata del Serraglio di circa sette anni, tenta una fuga ingegnosa incontrando una morte crudele, ad opera del sadico Comandante di sorveglianza, Michele Florino. Il suo cadavere viene fatto sparire grazie all'opera silenziosa ed efficiente di un'altra anima nera in abiti bianchi, il prestigioso e sussiegoso Dottor De Consoli. La sua figura distinta e altera è ben nota nelle stanze del Serraglio. Si occupa dei piccoli malati, con una sollecitudine tinta di qualcos'altro, meno angelico, meno disinteressato, meno...paterno.

Tuttavia, Antimo non finisce subito nel dimenticatoio silenzioso degli ultimi oppressi e uccisi per spregio. Il suo cadavere appare nel posto sbagliato, davanti alla persona sbagliata: il giovane Commissario Gioacchino Fiorilli, da poco assegnato a Vicarìa, capta immediatamente la nota d'aiuto che aleggia intorno ad Antimo, e si occupa di questo strano caso. Le sue indagini lo portano ad approfondire la conoscenza dell'inferno del Serraglio, dove si aggira un angelo straniero, una giovane donna inglese di talento, che insegna musica e canto alle piccole recluse dell'Albergo dei Poveri.

Seguiamo i suoi passi fermi da soldato difensore della verità in una vicenda torbida e complicatissima, che coinvolge gli strati insospettabili della società napoletana.
Questo è ben di più di un semplice caso di morte-occultamento di cadavere...è un viaggio di scoperta.

Un viaggio di educazione alla scoperta del lato infernale del cuore umano. In un'atmosfera calda e vischiosa, leggermente sensuale e repellente al tempo stesso, impariamo cosa significa la crudeltà esercitata con gioia dai meschini sugli indifesi, seppur rozzamente. Guardiamo affascinati come uno spirito apparentemente superiore, ma solo per nascita e studi, escogita sistemi per impadronirsi del cuore altrui, per manipolarlo e assoggettarlo ai propri desideri sporcati. In questo squallore estremo, ci aspetteremmo di trovare solo buio, immondizia spirituale.

Brillano lampi brevi, ma purissimi, di luce: la giovane prostituta che salva con uno stratagemma il gendarme che si è comportato correttamente nei suoi confronti, proteggendo la sua vita. La giovane cantante inglese, Emma, che dona il suo talento e il suo tempo per i piccoli disprezzati, e che lega tragicamente se stessa all'abusato Antimo. Il Commissario Fiorilli, che resiste ad una vera e propria ordalia in nome di Emma e Antimo, per arrivare alla verità e alla punizione dell'incurante e sadico criminale.

Correte a procurarvi questo libro se, come me, amate le figure tinte e complesse: i buoni con gli artigli, e i cattivi con insospettati lati di burro. Oppure se amate odiare, come capita a me, alcune figure particolari di “cattivo”, come De Consoli: medico irreprensibile di facciata, sordida anima nera manipolatrice con fascino da “essere superiore”.

L'ho letteralmente odiato, ma non smettevo di cercare la sua marsina nera nelle pagine del libro, anche solo per ripetergli in faccia che il suo spirito da demone avrebbe avuto quello che si meritava. Se amate i gialli storici, e le vicende a incastro, entrate subito in Vicarìa. Attenti, però. Quando pensate di esserne usciti, con sollievo, guardate nel vostro cuore. Non essendo un luogo che si dimentica facilmente e che si fa abbandonare altrettanto facilmente, trova il modo di insinuarsi in posti bui e dimenticati della mente di chi ne legge.

Vorrete ritornarvi, prima o poi.

LoreGasp

giovedì 23 aprile 2015

Poche storie – Spaventiamoci, e basta!

E' un horror con un titolo che si presta a diverse interpretazioni, questo. Sono poche storie, perché è una raccolta di dieci racconti, ed è un'esortazione allo stesso tempo: poche storie, qui ci si spaventa!
E l'autore s'impegna a farci passare qualche ora di suspense...e anche di disagio, talvolta. Si tratta di un giovane scrittore lodigiano, Stefano Uggè, che si occupa al meglio da subito della propria fame di letture, nutrendole subito con i racconti di Edgar Allan Poe e i romanzi di Stephen King. I risultati di quell'alimentazione corretta giovanile si mostrano nei racconti in cui ci esorta, senza troppe parole, a spaventarci. Le situazioni di partenza sono sempre “normali”: una gita in un borgo caratteristico, la ricerca di una casa nido per sposi giovani, una ricerca in biblioteca, il soggiorno in un albergo. Apparentemente normali, almeno. C'è sempre un dettaglio, un piccolo particolare anonimo, un'espressione, una parola di tinta diversa, che fanno già presagire che fiorirà qualcosa di poco piacevole nello sviluppo della vicenda. Non si nota subito; l'autore lancia il guizzo facendo finta di nulla. E nella migliore delle tradizioni, siamo noi lettori a cogliere la nota stridente, mentre i personaggi camminano beatamente ciechi verso la propria rovina...eppure, diamine, lo sapete che non conviene fidarvi delle guide sconosciute, per quanto affascinanti, che vi conducono nei sotterranei di un bellissimo castello misterioso e vi guardano in QUEL modo! Insomma, ma non vi insospettisce nemmeno un po' il prezzo troppo basso di quella casa? Non avete notato proprio nulla nel modo in cui la proprietaria vi parla, vi guarda? E smettete di fantasticare sulle donne provocanti che vi passano davanti negli alberghi, soprattutto se siete soli...non è detto che siano libere, e che, soprattutto, non rientrino già nelle mire di qualcun altro, qualcuno poco disposto a farsi da parte. Prendersi cura di un bambino è una cosa seria, e impegnativa...ma ormai è troppo tardi per impararlo. C'è solo l'inevitabile e terribile resa dei conti. Nessun pentimento, nessuno sconto di pena. Questi sono alcuni dei “brutti” quarti d'ora che piombano nella vita degli ignari personaggi vittime, e che vivacizzano le pagine del libro. Non mi dilungo oltre ad anticiparvi le vicende, per non creare spoiler, e per non togliere quella giusta sottile atmosfera di disagio residente in queste pagine, che deve stuzzicare la vostra fantasia e farvi stare anche un po' sulle spine. E' questa la sensazione che ho provato io, leggendo il libro: una sottile sensazione di ansia serpeggiante, perché il male era troppo insinuante, troppo forte e quasi inarrestabile nel suo sviluppo. I racconti sono brevi, narrati in un linguaggio molto contemporaneo, molto moderno, in alcuni punti colloquiale, che danno vita ad un bel contrasto con i contenuti, che narrano di un male antico, una malvagità che da sempre attenta alla vita umana, senza mai stancarsi di farlo. Un ultimo consiglio: non leggete questo libro di sera troppo tarda...



LoreGasp

mercoledì 22 aprile 2015

Scrittori Made in Campania#4 - Autopsia del terzo millennio – O è la nostra autopsia?

Un'altra perla per la mia collana degli scrittori campani, di cui sviscero a WeekendOut, la trasmissione di Radio Piazza Live da Monte di Procida. Si tratta di una perla ultramoderna, freschissima di creazione, essendo stato pubblicato il libro a novembre 2014: Francesca Illiano, con Autopsia del terzo millennio. Scrittrice giovane, che nel mondo si presenta come agente di viaggi, offre ai nostri occhi famelici di lettori questa raccolta di undici racconti molto brevi. Veloci, leggeri, e intensi come uranio. Fisicamente, il libro è sottile, si legge molto presto. Non lasciatevi ingannare. Quella è solo la porta d'ingresso...e non parlo della copertina, già molto particolare. L'intero libro è una porta d'ingresso, verso le corde più sensibili e trascurate del cuore, quelle che non amiamo andare a toccare, perché vibrano forti, e per questo scomode. Copertina e titolo, che sono le prime cose che guardiamo e che ci attirano in un libro, attivano già una reazione di disagio, per quanto estremamente positivo. L'autopsia si esegue sui cadaveri, per accertarne le cause di una morte misteriosa, o su cui è necessario indagare a fini di giustizia. Il terzo millennio è questo secolo bizzarro, ricco, povero e sconfortante allo stesso tempo, in cui ci troviamo ancora a vivere.
Qualcosa, però, suggerisce che sia già morto...e che noi stiamo vivendo un periodo morto, senza esserne consapevoli. Qualcuno sì, ed è per questo che ordina un'autopsia...per scoprire le cause di questa morte. E l'atto dello scoprire è quello che esegue la figura femminile ritratta di spalle, che si artiglia la schiena impietosamente, esponendoci quello che sta sotto una pelle livida, decorata e tenuta insieme a stento da un legaccio: una struttura che ricorda una spina dorsale, ma fatta di metallo, gelida, disumana, che ispira fascino e repulsione allo stesso tempo. Entrando nei racconti del libro, andiamo a fare la conoscenza di tanti personaggi, ciascuno al centro di una storia. Siamo noi, i nostri vicini di casa, i nostri amici, i nostri conoscenti. E' il professore nato per esserlo e per educare generazioni giovani nel vero senso della parola, che si ritrova a svendere le fibre più tenere della sua esistenza per riempire la pancia, vittima dell'incapacità avida degli amministratori di politica e burocrazia. E' la ragazzina giovanissima di anni, adulta e indurita di animo, che negozia il proprio corpo per l'abito bello e costoso. E' l'adolescente gay, inaccettabile per la sua sessualità ma meravigliosamente accolto nel suo ruolo di caprio espiatorio dell'ignoranza cattiva altrui, che gli risulterà insopportabile e fatale. E' il barbone amaramente ironico su se stesso, sulla propria vita randagia e sulla maschera buonista della malvagità dei cosiddetti “cittadini perbene”. Suonano familiari? Conosciamo qualcuno così? Siamo noi, o siamo stati noi, in qualche momento della nostra vita? Abbiamo ascoltato alcune di queste storie al telegiornale, rammaricandoci su queste vicende sconnesse, per poi dimenticarcene al primo cambio di canale? Francesca Illiano ha il grandissimo merito di ricordarcele, in modo “umano”, con le sue parole calde e ricche. Nessun facile compiacimento o ammaestramento buonista nel suo stile: non sta salendo in cattedra, non sta facendo un reportage giornalistico di denuncia. Sta raccontando vite sconnesse, o apparentemente normali che vengono sovvertite dall'incuria e dall'ignoranza altrui, in modo morbido, vivo, partecipe e rispettoso. Quando ho chiuso il libro e ho cercato un'immagine per rappresentarlo velocemente, ho pensato ad un gatto. Un bellissimo gatto morbido, dalle movenze affettuose, che si avvicina, si struscia, si fa coccolare, s'impone all'attenzione. E quando se ne va, si gira improvvisamente e lascia un graffio sulla mano che cercava con imperiosità affettuosa. I racconti di Francesca Illiano si fanno ricordare esattamente allo stesso modo: morbidi, caldi, vivi, attenti, svelti, e graffianti nelle chiuse. Se volete emozioni morbide, dimenticatevi questo libro. Se volete essere rassicurati sulla fortuna che avete avuto a non passare una di queste vicende, non considerate nemmeno il titolo. Se desiderate sentire vibrare le vostre corde nascoste, anche se vi mettono a disagio, e se amate il suono morbido della nostra lingua in testa, prendete Autopsia del terzo millennio e chiudetevi da qualche parte con lui.

“Levigo con cura il legno al quale ti crocifiggerò
E su quella croce ci sono finita io
E mi inchiodo le mani ché smettano di cercare le tue.” (Francesca Illiano, Autopsia del terzo millennio, ArteMillennium, pag. 94)


LoreGasp

venerdì 17 aprile 2015

Atti osceni in luogo privato - Guest Post#28

Non so se posso chiamarla fortuna, non so se è il mio periodo migliore, non so se i libri decidono per me di presentarsi alla mia porta cadendo tra le mie mani, ma devo dire che gli scritti da consigliare aumentano di settimana in settimana.

“Ci incontravamo ai Deux Magots. …. Parlavamo di libri, di film, di manifestazioni e persino di tennis e di calcio.”

La storia di un dodicenne che impara ad amare con l’aiuto degli adulti, dei libri, degli sbagli, del dolore e della sofferenza, per tappe dall’infanzia all’età adulta.
Un romanzo pieno di eros, di sentimenti, di scoperte sessuali che non ha da spartire con la trasgressione e la brutalità, ma semplicemente con la banalità (se così la possiamo definire) del sesso nella vita di ognuno di noi.
Libero è il protagonista e libere sono le frasi che ci riconducono sulla strada della scoperta di noi stessi, attraverso l’amore, attraverso l’atto sessuale, attraverso lo smarrimento e il dolore di una perdita, attraverso la consapevolezza di essere invisibili allo sguardo altrui, attraverso la lettura del libro giusto al momento giusto con la consapevolezza di trovarci l’io che stiamo cercando.
La gioia che ho provato nel leggere e nel percorrere i titoli e gli autori che si susseguivano tra le pagine con la possibilità di Libero e i suo amici di incontrarsi ai Deux Magots per discutere, per proporre le proprie idee con chi come lui amava e ama i libri.

“Così conobbi l’inspiegabile equazione della passione: l’estetica, l’eros, i modi garbati e un cervello che contenesse sensibilità e cultura non erano direttamente proporzionali ai risultati.”

Un diario, che diario non è, ambientato tra Milano e Parigi negli anni tra il ‘70 e il ‘90, dove tutto si intuisce dalle descrizioni di Missiroli: la gioventù comunista, Camus, Sartre, Mastroianni, Kubrick.
Mi piace pensare che questo possa essere uno dei libri a far parte della grande letteratura.
Sapevo non sarebbe stata una recensione facile, ma vi posso assicurare che in queste duecento pagine ci ho lasciato il cuore. Mi sono arrabbiata con Libero, ho riso, ho pianto, l’ho invidiato per le sue riunioni letterarie, per gli amici e per la libertà di scelta senza mai deludere.

Ho letto più articoli in giro per il web di questo libro e il concetto più bello che spesso si è ripetuto nei miei incontri è : “ l’oscillazione tra letteratura e cinema e gli scrittori, i libri e le esperienze: il lettore che si riconosce nei protagonisti dei romanzi e dei saggi, che dice “questo sono io” e che tende a comparare la propria vita con quella degli immortali della carta scritta. Perché l’educazione dell’individuo passa da queste cose , dalle sue letture, dalle sue frequentazioni, da quanto viaggi e da quanto conosca, e dal sesso, dalla capacità di esplorarsi, sia fisicamente che mentalmente”

Libro consigliatissimo!


“ Eravamo insieme …. Tutto il resto l’ho dimenticato”

SimoCoppero

lunedì 13 aprile 2015

Il paradosso di Pancrazio – Il Sig. Brambilla 2.0

Questo libro è arrivato a trovarmi direttamente a casa, nella modalità che maggiormente preferisco. L'autore, Luigi Pistillo, mi ha inviato il suo primo romanzo, dandomi modo di accogliere un libro sui generis nella mia libreria. Se volete approfondirne la conoscenza, ecco il suo sito web: www.luigipistillo.net. Io sono una lettrice Furiosa, onnivora, che non si ferma di fronte a nessuna carta stampata, accolgo tutti i libri, di tutti i generi (tranne gli Harmony, lo sanno ormai muri e bit), li leggo, li vivo, li amo tutti. Tutti i libri sono uguali, per me. Ma alcuni sono più uguali di altri...a parte le battute di gusto terribile come questa, all'interno dell'infinita e amatissima categoria dei libri, ve ne sono alcuni particolarmente cari al mio cuore di lucido granito. Sono quei libri apparentemente “facili”, di argomento facile, con un protagonista dimesso, magari con una vita piccola e sbiadita, con una trama senza colpi di scena. Una sorta di Signorina Felicita in formato libresco, insomma. Una volta aperta la copertina ed entrati in casa, si rivelano diamanti rari, che non si riescono più a lasciare. Pancrazio Biagiotti è il protagonista paradossale di questo libro. Il nome è altisonante, con nobilissime radici greco-romane (non a caso, la lotta greco-romana è chiamata anche pancrazio), e un significato di altissima potenza (pan= tutto, kratos=potenza), mentre il cognome evoca associazioni di bellezza elegante, per quanto non ci sia alcuna parentela con la stilista omonima. L'aspetto e la vita del personaggio...non altrettanto altisonanti. Figlio unico di un elettrotecnico molto compreso nel suo ruolo, Carlo Biagiotti, e di Giovanna, una casalinga molto paziente e di polso sotto l'apparenza dimessa, Pancrazio trascina una vita da precario in piena Milano. Non ha passioni, un sacro fuoco che lo spinga ad approfondire una materia per diventarne padrone e per brillare in campo, non vuole salvare il mondo, non aspira a battersi per la pace nel mondo, non ritiene di doversi sprecare più di tanto per il proprio posto in società. Una mummia? No, tutt'altro. E anche qui è paradossale. Per quanto scarso di motivazioni vitali, il nostro Pancrazio non smette di cercare, di impegnarsi in qualcosa. Forse non lo fa con il dovuto zelo febbrile, con quella passione che dovrebbe ispirare ed essere d'esempio per i suoi colleghi esseri umani, ma non smette di relazionarsi con il mondo esterno. Se lo esaminiamo, vediamo che, più che un mondo, è un vero e proprio bestiario, e lo dico nel senso più affettuoso del termine. Ho già accennato al padre Carlo, un elettrotecnico che benedice la sua ignoranza ad ogni piè sospinto perché lo conduce a impegnarsi per uscirne. Un amico, Franco, a dir poco inquietante, ma con un suo fascino magnetico. Non si può fare a meno di seguirlo nelle apparizioni intermittenti nella vita e nel libro di Pancrazio, impegnato nei suoi progetti, sempre indaffarato, e sempre dotato di collegamenti e di amicizie in tutti i campi e settori. Se Pancrazio non sa qualcosa (e sono tante le cose che ignora, nonostante la sua passione per Internet e l'amico Google), chiede a Franco. E se Franco non sa qualcosa...sa a chi chiedere. Di capitolo in capitolo, viviamo con Pancrazio tutta una serie di situazioni tragicomiche, molto reali, dalla ricerca di una casa in cui vivere da solo, ai periodi di semi-isolamento davanti alla televisione sintonizzata su un'astutissima chiromante imbrogliona, fino ad un'avventura surreale vissuta sul set di un film porno. Perché leggere questo libro? Perché vi fa ridere, vi fa sorridere, vi fa indignare, vi fa irridere Pancrazio e i suoi colleghi, e vi fa riflettere. Perché, sotto le avventure tragicomiche di questo fratello 2.0 di Marcovaldo, leggiamo le nostre stesse avventure-disavventure, che vorremmo tanto fossero all'altezza dei grandi eroi tragici della letteratura (o dei film americani), ma che spesso e volentieri sono di grana più grossa, provocandoci per questo fitte di delusione e di amarezza. Inoltre, beneficio non trascurabile, perché potrete godere di un uso del tutto originale, vivo e complesso della lingua italiana. Fatevi rotolare sotto la lingua le frasi di questa tessitura. Oltre ai dialettalismi, vi sono usi e frasi idiomatiche che io avevo dimenticato da un pezzo...e che quando ho ritrovato, mi sono sentita come se avessi ritrovato un amico emigrato lontano. Prestate attenzione ai numerosi riferimenti letterari che occhieggiano da sotto le righe, come perle lanciate sotto un panno apparentemente leggero. Scoprirete che la semplicità della vita di Pancrazio, che spesso scambiamo per squallore, è in realtà molto, molto più ricca e significativa di qualunque apparenza. E che Pancrazio è un pezzo di noi tutti, a prescindere dalle città e dal paese in cui state vivendo... 

martedì 7 aprile 2015

Il tribunale delle anime - Guest Post#27

“Il male non si nasconde nel buio. E’ nell’ombra.”

Genio: talento, disposizione naturale, attitudine a qualcosa. Quando ho associato questa parola allo scrittore intendevo proprio questo: talento, attitudine, disposizione a far funzionare una storia tenendo sempre tutto e tutti sul filo del rasoio. Trovo questa capacità da genio, probabilmente perché io non avrei nessuna abilità e la mia è tutta invidia imbattendomi in questa capacità altrui.
Assolutamente questa descrizione non voleva in nessun modo togliere la genialità e la superiorità letteraria di un Pavese, di un Calvino, di un Marquez e di tanti altri a me sconosciuti che valgono ben di più di un “geniale”.
Ho iniziato la recensione in questo modo per evitare ulteriori fraintendimenti di qualsiasi natura.
E’ il secondo libro che leggo di Donato Carrisi e ammetto che sono libri da alta attenzione. Scritti e articolati in modo che non si possa mai abbassare la guardia, il secondo a mio avviso migliore del primo. Sembra di costruire un puzzle, dove solo nel finale tutti i pezzi sembrano combaciare perfettamente.
L’inizio è talmente nebuloso, ma pieno di suspence che l’ho riletto due volte per paura di aver perso indizi utili alla soluzione del caso.
Si mi è piaciuto molto e se avete voglia di “perdere” un pomeriggio con un bel thriller questo ve lo suggerisco. Ambientato a Roma, con a complicare tutto una storia di penitenzieri, crea una tale magia che viene voglia a libro terminato, di partire e ripercorrere in loco l’itinerario degli indizi sparsi nel romanzo.
Tutto funziona con maestria, tutto ti lascia con il fiato sospeso e in attesa di nuovi indizi per cercare di capire chi è il colpevole.

“C’è un luogo in cui il mondo della luce incontra quello delle tenebre. E’ li che avviene ogni cosa: nella terra delle ombre, dove tutto è rarefatto, confuso,incerto.”

Buona lettura


SimoCoppero

domenica 5 aprile 2015

Piccole e grandi scoperte#15 - Spunti di lettura settima puntata

Settima tappa dell’iniziativa curata da Giuseppe Culicchia  su Tuttolibri. Siamo in una libreria di Arezzo, e la nostra libraia ci consiglia di acquistare questi libri:

VITA CON L’ALCE di ERLEND LOE: Una mattina di novembre Andreas Doppler, norvegese benestante e borghese dal curriculum esemplare, professionista di successo e ineccepibile padre di famiglia, cade dalla bicicletta. Dal colpo in testa si riprende presto ma l'illuminazione che riceve in un istante cambia la sua visione del mondo: la vita che ha condotto fino ad ora perde ogni valore e scopre di essere innanzitutto un cacciatore-raccoglitore, in lutto per un padre che ha appena perso e forse mai conosciuto. Si stabilisce così nel bosco alle porte di Oslo, in una tenda, dove permarrà per vari mesi in compagnia di un cucciolo di alce, Bongo, con cui intavola esilaranti monologhi. Via dalla civiltà capitalista e dai suoi plurimi inessenziali bisogni, dalle aspettative della società in un ritorno alla natura nella più (tragi)comica delle versioni hamsuniane, il suo unico scopo è non fare nulla in una misantropia che ride di se stessa e lasciarsi alle spalle tanta bravura per cercare di diventare un po' più incompetente e felice. Ma una serie di personaggi disturba suo malgrado la sua programmatica solitudine panica. Ne nasce un romanzo dal taglio ironico di "uomini in crisi": un pensionato vedovo che si dedica a ricostruire un modellino in scala della battaglia in cui perse la vita prima della sua nascita suo padre, un ufficiale tedesco, il ladro gentiluomo, il ricco e arrogante "uomo di destra" che si converte al baratto propugnato dal protagonista e organizza un festival della fratellanza.

IL CASO JANE EYRE di JASPER FFLODE: È un 1985 diverso, in un mondo dove i libri sono il bene più prezioso. E i confini tra realtà e fantasia sono più morbidi del consueto. Mycroft, vecchio inventore, escogita un sistema per entrare di persona in romanzi e poesie. Acheron Hades, criminale diabolico, se ne appropria e rapisce "Jane Eyre" dal manoscritto originale di Charlotte Brontë: a indagare arriva Thursday Next, Detective Letteraria. Reduce dalla guerra di Crimea (che imperversa da centotrent'anni), ha in sospeso un amore. Le indagini la riportano a Swindon, sua città natale; sbarcata da un dirigibile di linea, salta in groppa a una fuoriserie decappottabile dai mille colori. Riuscirà a salvare Jane Eyre e a rimettere in sesto la sua vita? Prefazione di Luca Crovi.

NOTTI AL CIRCO di ANGELA CARTER: Un nome è sulla bocca di tutti: Sophie, in arte Fevvers, è la Donna Alata. È il 1899 e in un camerino della Alhambra Music Hall di Londra un giovanotto californiano, Jack Walser, è venuto a intervistarla. E Fevvers gli racconta come è nata una stella: abbandonata in un cesto davanti a un bordello, viene allevata da Lizzie, una delle ragazze. Le singolari protuberanze che ha sulla schiena (sono forse ali?) la destinano ben presto a fare il quadro vivente ma la vita le riserva molte sorprese e avventure. L'attendono il trapezio e la gloria, Parigi, Berlino, Londra e Mosca. Finzione o realtà? Il giornalista passa dallo scetticismo al coinvolgimento totale e si ritrova a Mosca come clown del circo.


Tre nuove proposte molto interessanti. Buone letture

SimoCoppero
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