lunedì 31 agosto 2015

Dialoghi con l'Amanita#5 - Assenze e pensieri (confusi, tanto per cambiare...)

LoreGasp e L'Amanita

Samvise Gamgee, Maren Jeskanen
Andate in pace! Non dirò: "Non piangete", perché non tutte le lacrime sono un male. 
Gandalf

Piccola premessa: non vado in vacanza, ma sono in ferie e nel periodo dedicato al riposo spesso la sera guardo un film. Da "La sposa cadavere" a "Cats", passando per "Bella e la Bestia" (sì, ho un debole per il vecchiume e il musical). 
Mentre rileggevo il "tomone" (1500 pagine!) della saga di Terramare, ho avuto bisogno di riprendere la trilogia del SdA - forse perché Loredana ha pensato bene di ripassarlo e ci scambiamo impressioni. 
Leggere i due libri contemporaneamente è al di là delle mie capacità; ho risolto in modo alternativo: libro di giorno, film la sera. 
Chiarisco subito: ho apprezzato la lettura della Le Guin e sicuramente rileggerò la saga. Il libro tiene buona compagnia,   è un acquisto che non finisce nel "pacco degli scambi".
Ho imparato ad apprezzare Ged il mago, Tenar è una gran donna e c'è la solita vecchia storia del potere al maschile: solo gli uomini possono essere re e maghi PRRRRRRRRRRRRRRRRR (scusatemi, ma non riesco a trattenermi)?

Dicevo. Tenar non è l'unico bel personaggio femminile. Ci sono principesse, draghi che si trasformano in fanciulle, streghe più o meno affidabili. 
Ma, ancora una volta, è il Signore degli Anelli - stavolta in tandem con Loredana - a coinvolgermi e rispondermi.
Leggevo il libro, scrivevo il post, guardavo i film dell'altra saga e commentavo assieme a lei. Sto sghignazzando: poi mi lagno se "tiro fuori" post sconclusionati!  
Meditavamo su Frodo e Gollum, portatori dell'anello. Sui grandi eroi e i piccoli hobbit, Sam in modo particolare.
Conoscere il bene e il male. 
Alla fine Frodo cede, irretito dal Tesssoro; si salva grazie a Gollum. Gollum che, ormai, non è più recuperabile... ma  distrugge l'anello. 
Il male annienta se stesso.
Qual è il nesso?

Le due saghe hanno temi e "personaggi"  in comune, ma ho finito in modi diversi.
Finito di leggere, ho imprecato un pochino: comincia a diventare difficile trovare lo spazio nei mei scaffali e Terramare è decisamente voluminoso.
Quando Sam solleva Frodo ("Then let us be rid of it... once and for all! Come on, Mr. Frodo. I can't carry it for you... but I can carry you!") devo togliere gli occhiali: comincio a piangere e vado avanti anche dopo aver messo via il DVD. Non parliamo del libro: rischio sempre di allagare l'ultima parte. 
Terramare è un passatempo piacevole, ma Il Signore degli Anelli entra in risonanza e tocca corde molto sensibili.
Ed ecco a voi: l'assenza! Non ho pianto alla fine della saga di Terramare. Per quanto fornisca parecchi spunti di riflessione, è come un'orchestra eccellente che suona musica di un compositore moderno... ma io ho un'anima barocca.
Il Signore degli Anelli, pur essendo in prosa, ha la struttura degli antichi poemi (è uno dei motivi per cui ho faticato ad "entrarci": non amo la poesia).

Lacrime a parte, ultimamente  i nostri conciliaboli riguardano Sam. La sua forza, ricca di speranza, porta Frodo fino al Monte Fato. Qua Frodo, sfinito e corroso, "si perde".
La prima volta che vidi il film - e poi lessi il libro - pensai: voglio bene a Frodo, ma non riesco a "digerire" il cedimento finale; caspita, è un libro, almeno lì abbi la forza di resistere. Ma - come Loredana mi ha giustamente risposto - il male chiama il male fino ad autodistruggersi. 
Così siamo d'accordo: Sam è un gran bel personaggio. 
Amo molto anche il "piccolo" Pipino: è il più giovane, è il ragazzo che diventa uomo davanti ai nostri occhi. Commette fesserie ed errori pericolosi, ma grazie a quello che impara fra "i grandi" riesce a ripulire la Contea assieme a Sam e Merry.

Ma ora rilancio, Loredana. Una volta ti piaceva molto Tom Bombadil (non c'è nel film) e Treebeard (Barbalbero) non ti diceva granché; io amo Treebeard: finalmente la natura seviziata dall'uomo fa sentire la sua voce potente. Saruman il "saggio" avrebbe dovuto essere custode... ma la sua mente è fatta di ingranaggi, come una macchina distruttrice e Barbalbero guida contro Isengard "l'ultima marcia degli Ent". 
Che mi dici di Barbalbero? 

...ed eccomi. Si parla de Il Signore degli Anelli, e io ricompaio. Sono ferma ancora alle Miniere di Moria, o meglio, alle sue porte. Qualcosa mi trattiene fuori, e io so benissimo di dover dire "Amici" ed entrare. Risolverò il problema quanto prima. Mi riallaccio al discorso di Frodo e Sam. Devo dire che, negli anni passati, questi due personaggi erano quelli che amavo di meno, in un certo senso. Frodo mi sembrava...troppo, da sopportare. Troppo lamentoso. Troppo debole con Gollum. Troppo esposto. Troppo "incapace" di essere uomo (oppure Hobbit). E va bene che l'Unico era una seccatura in edizione Deluxe, ma reagire con un po' di forza in più?

Il senso di missione di Sam Gamgee
Sam mi sembrava funzionale solo nel suo rapporto con Frodo: l'amico fedelissimo, fino in fondo, fissato con gli Elfi, e basta. Nelle ultime due letture, la tredicesima e la quattordicesima, quella attuale, è venuto fuori con prepotenza. Il suo senso di descrizione delle cose e delle persone, per esempio. E il senso di missione, che si vede bene in questa citazione fotografata dal libro. Sono parole semplici, che ciascuno di noi potrebbe dire, per spiegare cose che sono troppo al di fuori e troppo grandi rispetto a noi. E per la forza d'animo che tira fuori nel momento più buio di tutti, quando Frodo è fuori uso, prima ancora del Monte Fato. E' agli sgoccioli, quasi divorato dall'Anello, mezzo ucciso dalla mostruosa Shelob. L'unico che può reagire è Sam, e lo fa.

Ma nemmeno lui può sostituirsi a Frodo, anche se trova il modo di sostituirsi ad un intero esercito di cavalleria porta-salvezza, seminando sgomento e parecchia preoccupazione tra i nervosi Orchetti in casa loro, a Mordor. Il Male ha un certo senso dell'ironia...sceglie proprio uno dei suoi araldi, per annientarsi da solo, con l'invasato Gollum.

Dicevi di Tom Bombadil e Barbalbero. Anche questi sono due personaggi cui non ho reso completamente giustizia. Il primo è...un dio sfuggente. Svampito all'apparenza, preoccupato solo di cantare ed esternare gioia. Potentissimo e parecchio tempista, in pratica. Con lui, gli Spettri dei Tumuli non reggono. E' la dissimulazione del Bene. Mentre il Male ama mostrarsi nella potenza dei suoi eserciti oscuri, il Bene si nasconde nei boschi e nelle creature di luce, apparentemente semplici. Quando è necessario raddrizzare una situazione che scivola nel buio e nell'angoscia, però, questo vestitino leggero sparisce, e la Luce arriva inarrestabile, con Bombadil che salta e canta, senza fermarsi, per far arretrare e annientare il Buio.

Lo stesso si può dire di Barbalbero e degli Ent. Custodi semplici e disadorni di forze primordiali come quelle della Natura, che una volta offese rivelano tutta la loro potenza. Non è facile farlo, senza lasciarsi cogliere dall'autocompiacimento per la propria forza...e forse è questo uno dei motivi che spinge gli schieramenti positivi del libro a nascondersi dietro facciate dimesse. Nel film, Barbalbero urla contro Saruman, accusandolo di essere venuto meno al suo ruolo di custode della Natura, ed è stato un momento che mi è piaciuto particolarmente, e che ha segnato la rivalutazione di questo personaggio. Quando ci arriverò, vedremo cosa salterà ancora fuori...



domenica 30 agosto 2015

Leggere ... volare ... vivere!#3 - Non voltarti, abbiamo perso

SimoCoppero

Libro già preso in esame da Cristina, dalla quale abbiamo già estrapolato giudizi, intuizioni, pensieri di questo capolavoro.
Scritto con maestria, italiano ricercato, scorrevole, delicato, un uso della punteggiatura che spesso tanti autori dimenticano e al quale nessun lettore è ormai abituato.
A differenza del libro "Nuda proprietà", incontriamo pochissimi dialoghi, ma è stato bello riscoprire l’uso dei due punti. La mancanza di conversazione non rende mai il libro noioso, anzi, è sempre molto in movimento con le sue descrizioni.
Una Torino da amare e odiare, da possedere o no, ma spettacolare per la sua bellezza da leggere. Una descrizione affilata come una lama del lavoro che ama la protagonista e l’autrice: l’insegnamento.  Un viaggio alla ricerca di se stessi e alla ricerca della vita vera di Anna.
Un personaggio che ameremo immediatamente quello di Anna, ma che lo scorrere delle pagine ci porterà anche ad odiare. Coi i suoi amori e le sue vicissitudini: il matrimonio deciso in età troppo giovane e con nessuna esperienza per allontanarsi da una famiglia troppo invasiva e presente, la decisione della separazione dopo l’incontro con un nuovo amore andando contro alla società, ai genitori e alle malelingue.
Anna che per tanti aspetti non crede in se stessa, che vuole essere amata, ma che non sa farsi rispettare accetta questo amore “oggetto”;  Anna che non sa prendere posizioni, tranne che per il divorzio, con uomini che la usano, al quale lei si aggrappa per risanare quella sensazione di solitudine.
Tra la sinfonia delle pagine verrete accompagnati da una Anna che ammirerete, giudicherete, odierete, amerete, rispetterete, che farà sognare e camminare con lei. Marco, Davide, Melania, saranno satelliti importanti, spesso anche solo di contorno in una vita vissuta in solitudine.

Un libro da soppesare, come la lettura impegnativa che ci porta a intraprendere ore di riflessioni. Avremo bisogno di pause per lasciare depositare e sedimentare le emozioni.

venerdì 28 agosto 2015

L'Amanita#59 - L'Amanita va in ferie - La saga di Terramare

L'Amanita

Neurino-Mio segue ancora il vecchio ciclo scolastico. A maggio comincia a dare segni di impazienza, a giugno attacca l'intermittenza, ad agosto appende un bel "chiuso per ferie" - scritto già a luglio - senza degnarsi di comunicare date di rientro.
E vacanza per me spesso è un tuffo nella magia. 
Avevo due opzioni: due trilogie di Dragonlance (i draghi e i gemelli) o la saga di Terramare (Il Mago, Le Tombe di Atuan, Il Signore dei Draghi, L'Isola del Drago, I Venti di Terramare, Le Leggende di Terramare). 
Dragonlance... ammetto di avere qualche remora. Lo lessi tantissimo tempo fa e ho qualche vago ricordo di una lettura piacevole. 

Perché esito? Vi capita mai di rileggere dopo tanto tempo un libro, che ricordate gradevole, e si rivela un bidone tremendo? A me successe con T. Brooks. A quindici anni piansi calde lacrime alla morte del druido di turno. Riletto dopo i vent'anni... non andai oltre l'inizio del primo libro, lo stomaco in subbuglio. 

Severino, del blog The Obsidian Mirror, una volta mi ha risposto che col fantasy bisogna essere cauti "perché c'è in giro un sacco di fuffa" (sic!). 
Parole sante! Adatte anche ad altri argomenti, direi. 
Con la magia il rischio di esagerare è più esasperante; magari è una mia mania: amo il genere, ma comincio ad innervosirmi quando mi trovo catapultata in mondi inventati (Il Signore degli Anelli è la famosa eccezione). Che bisogno c'è di inventare altri mondi? La cara vecchia terra non vi basta? Amo Merlino, personaggio cronologicamente e storicamente incerto,  ma legato al mio patrimonio culturale. Questo è anche uno dei  motivi per cui adoro Gens Arcana; spazio e tempo ben definiti: Firenze 1477, con i Medici, la congiura dei Pazzi ed uno sfondo storico curato e preciso. 
Non ero in grado di sopportare disillusioni. Meglio una "fuffa" quasi nuova; quasi perché avevo già leggiucchiato a sbafo "Il mago" (prima edizione: 1968! Lo so, non c'entra niente, ma mi emoziona leggere un libro quasi mio coetaneo), appoggiata al fido scaffale. 
Ora, comodamente spaparanzata sul mio divano, leggo sul risvolto della copertina :  

Nel mondo incantato di Terramare, fatto di arcipelaghi e acque sconfinate, un giovane pastore possiede il dono di parlare agli animali e di piegarli alla sua volontà con misteriosi sortilegi. Non sa ancora di essere Ged, il grande mago destinato a sconfiggere le forze dell'oscurità che minacciano di sopraffare il suo mondo. Solo il duro e avventuroso apprendistato presso la Scuola per Maghi (voce indignata dell'Amanita: scuola per soli maschi, grrrrrr!) dell'isola di Roke lo renderà degno di diventare Signore dei Draghi (be', se ci sono i draghi...) e di sfidare le potenze del male. Ma lungo il percorso, in un viaggio che lo spingerà oltre il regno della morte, incontrerà un nemico inaspettato: la propria ambizione e desiderio di potere, che lo costringeranno a misurarsi con l'Ombra...

Terramare è un altro mondo; va be', chiudo un occhio. 
Il primo impatto col protagonista non è buono. L'ho insultato parecchio: a prima vista è arrogante, antipatico, borioso... mi ha fatto pensare a Boromir. Ho cominciato ad apprezzarlo verso la fine del primo libro, quando affronta la propria Ombra e matura.
Finalmente mi ha trascinato nelle sue pagine. 
C'è il duello continuo tra luce e tenebre e c'è la lotta interiore di ogni essere umano in crescita, che poi è lo stesso scontro luce/tenebre combattuto nel microcosmo-uomo. Ged cresce quando affronta la propria Ombra, quella che nasce nella sua anima. 
C'è una co-protagonista eccezionale, Tenar: da sacerdotessa dell'Oscurità a Signora dei Draghi; un Signore dei Draghi è colui che non solo esce vivo da un incontro ravvicinato con uno di questi simpatici tipacci, ma ottiene anche una risposta dal suddetto.
C'è la magia. A scuola ci sono l'Arcimago e nove maestri: il Maestro Erborista, il Maestro dei Venti, dei Canti, delle Mani, delle Metamorfosi, delle Evocazioni, dei Modelli, dei Nomi e il Maestro Guardiano. Ma la fonte del potere è la conoscenza del vero Idioma e dei veri Nomi; conoscere il nome di cose e persone permette di giungere all'essenza stessa. (*)

La  Scuola sull'isola di Roke (...), lì i ragazzi divengono esperti dei vari tipi di stregoneria, imparano nomi, rune, formule e incantesimi, ciò che si dovrebbe e ciò che non si dovrebbe fare, e perché.
(...)
- Ero terrorizzato dalla tua presenza. Avevo paura della morte. E non facevo niente, niente, a parte cercare di nascondermi dall'orrore della morte.
Il Mago si chinò in avanti, prese la mano del ragazzo e la strinse forte. Pronunciò il vero nome del ragazzo, che non aveva mai pronunciato.
- Lebennen. - Poi lo ripeté: - Lebennen, questo (si riferisce al mondo, alla situazione che stanno affrontando) è. E tu sei. Non c'è sicurezza e non c'è fine. La parola dev'essere sentita nel silenzio. Deve esserci il buio per vedere le stelle. (Il Signore dei draghi, p. 554)
E, nonostante i miei primi mugugni, c'è una forte presenza femminile: alla faccia della scuola per soli uomini, c'è una femminilità ricca di potere, che si svela lentamente. Tenar non è l'unico personaggio interessante. 

Emergo dalla "prima-lettura-tutta-di-seguito" confusa e con tristezza.
Confusa da un'assenza. Forse ho letto troppe pagine senza pause e devo recuperare parecchi dettagli, ma mi sembra di aver mangiato un cuneese al rum senza rum. Vedremo...
La tristezza è chiara e motivata: c'è qualcosa di profetico nel tema della perdita del Vero Idioma e della magia ad esso legata. Dimenticare la propria lingua significa perdere le origini, l'identità personale e collettiva. 
Guardatevi attorno. Ascoltate i discorsi (discorsi, pffffff!). 
Tra un caBIP! e un miBIP!, dov'è l'italiano con tutta la sua ricchezza, figlia della potenza del latino?**



Dimenticavo. 
Merlino è sempre Merlino: non ha rivali. 


____________________
* Recentemente ho riletto la trilogia di Merlino - ho lasciato qualche traccia qua sul Furore - e qualcuno suggerì le opere della Le Guin; forse non la saga di Terramare, ma avevo già adocchiato "Il Mago". Oltre a ringraziare per il consiglio, aggiungo che capisco perché possa nascere un'associazione d'idee. Draghi a parte, c'è una vaga affinità tra questi maghi; non dirò di più: io non faccio recensioni o riassunti, mi limito a sputacchiare spore!


** Mentre scrivevo tutta  questa sbrodazzatura e finivo di leggere l'ultimo libro della saga, Loredana ha pubblicato il post sul fantasy.
Non credo nelle coincidenze... chissà, forse un pizzico di magia ;-)?
A proposito di magia,  forse è meglio cominciare la "lettura seria". E forse devo chiarire a me stessa cosa  mi aspetto da un mago, perché dopo il sesto libro ho pensato: "Tutto qua? Dov'era la magia?".

lunedì 24 agosto 2015

Scrivere fantasy...?

LoreGasp

Un veloce, velocissimo post di riflessione, dopo un viaggio tra i miei blog preferiti. Sono capitata su questo bellissimo articolo di Penna Blu, Le basi per scrivere fantasy, che mi ha chiamata e agganciata con forza. Non si parla di leggere, ma di scrivere libri, e di un genere molto amato e disprezzato nello stesso tempo, il fantasy. E quando si parla di fantasy, non può non accendersi il riflettore su Tolkien (sono alla quattordicesima e sofferta lettura de Il Signore degli Anelli. Sì. E questa volta soffro.), ma anche su moltissimi altri autori che sono diventati importanti, e hanno scritto saghe e storie rimaste nei cuori. La discussione dell'articolo parte da una domanda interessante, o meglio, un grappolino di domande intorno ad una questione: per scrivere di fantasy, è necessario conoscere cos'è stato scritto prima? E non solo altri autori, più o meno grandi, ma proprio andare indietro nel passato letterario, fino ai miti e alle leggende: l'epopea, l'epica, con le storie di Siegfried, Gilgamesh, la Bhavad Gita, Beowulf, Enea, Sigurdhr...e tanti altri che ometto per questioni di memoria e spazio. Di primo acchito, risponderei: sì. E argomenterei la mia risposta affermativa partendo dalla mia convinzione che saper scrivere richiede leggere, leggere e leggere ancora. Per formare il proprio gusto, per aprire la mente, per assimilare e assaggiare altri stili, per imparare a trasmettere o trattenere messaggi ed emozioni. Per imparare a esprimersi correttamente nella propria lingua e rendersi conto di quanto sia flessibile e ricca, creatura viva per quanto cristallizzata su supporto cartaceo o elettronico. Facendo così, si potrebbe correre il rischio di imitare chi si legge. Forse all'inizio. Continuando a leggere e a entrare nell'atteggiamento dello scrittore, per quanto possa sembrare contraddittorio, sorge sempre di più l'impulso a liberare l'espressività dentro, e comunicare il proprio messaggio, la propria storia, proprio facendo leva sul trampolino fornito dagli altri scrittori. Qualcuno di voi Lettori Furiosi scrive, altrettanto furiosamente? Magari fantasy? Temete l'ombra dell'Unico (Tolkien), ma non potete resistere all'idea di scrivere in quello stesso ambito? Collegatevi a Penna Blu e leggete l'articolo di cui ripeto l'url: Le basi per scrivere fantasy. Una luce vi si accenderà davanti...magari senza aspettare cinque giorni guardando verso Est. ;-)

domenica 23 agosto 2015

Il principe della nebbia - Guest Post#37

SimoCoppero

Un nuovo suggerimento, leggiamo:

Leggo per la prima volta questo autore di cui non conoscevo nè stile nè genere e di cui le critiche inneggiano a suoi successivi capolavori.
Diciamo che questo romanzo, nato come lettura per ragazzi, ha un che di magico, surreale quasi inquietante a volte.
Un libro decisamente veloce, come veloce è la trama che comunque cattura la nostra attenzione per tutto il romanzo grazie al ritmo incalzante e vivace delle scene.
Siamo nell'anno 1943, tempo di guerra in Spagna e la famiglia Carver per sfuggirne, si trasferisce in un paesino imprecisato, sulle sponde della costa Atlantica, in una villa sulla spiaggia con vista sul mare e sul bellissimo faro imponente che troneggia a guardia del paese. Max,tredicenne, e sua sorella Alicia poco più grande di lui, si trovano ad affrontare, sin dal loro arrivo, una serie di strani eventi che, inizialmente incomprensibili, man mano diventano parte integrante delle loro giornate.
Con l'aiuto di Roland, un ragazzo conosciuto in paese, del nonno Victor, guardiano e costruttore del faro, cercano di far luce su una serie di fatti inquietanti e spaventosi che avvengono vicino e dentro la loro casa.

Sullo sfondo nebbioso di questa vicenda resta la morte "accidentale" dei precedenti inquilini della casa e del loro figlio Jacob.
Max, Alicia e Roland loro malgrado fanno la conoscenza del "Principe della nebbia" alias Dottor Cain, figura misteriosa che si presenta a volte come pagliaccio, altre come serpente marino, ipnotico e spaventoso proprio come il Diavolo.
Il finale ci lascia un po'..così..a voi scoprirlo!
Non una lettura eccellente, ma di intrattenimento sì!
Questo libro fa riaffiorare le classiche paure dei bambini ("... i brutti ricordi ti inseguono senza bisogno di portarli..") e ci lascia secondo me un messaggio tra le righe che vale sia per i grandi che per i ragazzi: Il Male veste molti abiti, non dobbiamo cedere mai alle sue lusinghe perché prima o poi, anche se pensiamo di averla vinta noi, lui tornerà a riscuotere il suo debito.

Comunque se nel vostro cuore conservate ancora un po' di voglia di fantasia e di magia..leggetelo!!!!

Cristina Mazzuccato

venerdì 21 agosto 2015

Dimmi che credi al destino - Guest Post#36

SimoCoppero

Anche Cristina ha seguito le mie orme leggendo Luca Bianchini, vediamo se ha avuto le mie stesse impressioni:

Nella mia vita un posto particolare nel mio cuore lo occupa Luca Bianchini, conduttore radiofonico, ("Colazione da Tiffany" assieme a Mavi Scartozzi su Radio Due Rai); da me soprannominato "scrittore dell'anima".

Ho avuto il grande onore di conoscerlo di persona e dire che e' una persona affabile e molto alla mano e' dire poco. Sono una lettrice accanita, leggo, leggo famelica: e di alcuni libri mi resta molto nel cuore.
"Dimmi che credi al destino": e' l'ultima creatura letteraria di Luca. Nasce da un appello di una sua amica di Londra, Ornella Tarantola: libraia a Londra con il suo "The Italian Book Shop" mitico negozio in cui gli Italiani si sentono a casa e dove i Londinesi trovano i loro libri, oppure trovano testi facilitati nella nostra madre lingua. Ornella in una telefonata avvisa Luca che il palazzo dove il suo negozio ha la sede, verra' abbattuto per costruirvi un parcheggio.

"LA LIBRERIA HA SALVATO ME. IO DEVO SALVARE LA LIBRERIA"... ORNELLA TARANTOLA....


Luca dedica il libro ad Ornella (e credetemi ho visto Ornella al salone del libro e a pelle mi ha  fatto una grandissima impressione) e credo abbia fatto una cosa grandissima... E' una storia semplice, ma al contempo complessa, dove Ornella, si muove tra Londra e la natia Padova, per chiudere con un passato doloroso...
Nel romanzo non mancano gli spunti comici, con la presenza nella libreria di due pesciolini rossi, Rossell & Crowe e la presenza di un gatto immaginario di Clara, che con Ornella divide la libreria... e di cui Clara si serve per evitare inviti "inopportuni"...
Concludo con la frase più bella a mio avviso del libro:
<<Il destino è quella porta socchiusa da cui ogni tanto puoi sbirciare. E allora vedi che nulla avviene per caso e che tutto ha un senso, anche quando sembra non averlo>>.

Cristina Sassola

martedì 18 agosto 2015

Vendere fa schifo – E niente sarà più come prima. Riveduto e corretto.

LoreGasp

…se non sai come farlo, dice il sottotitolo.
Questo libro non rientra nei generi letti e solitamente recensiti nei blog. Non è un romanzo, non si potrebbe nemmeno classificare come saggio, e se lo etichettassimo come “auto-aiuto”, l’autore insorgerebbe in una furia degna di echi antico-classici, al cui confronto Achille e le amabili Furie passerebbero da piccole creature isteriche. La parola “formazione” è forse più adatta, per quanto anche questa abbia subito abusi non di poco conto, essendo stata attribuita ad elementi che di formativo non hanno proprio nulla.

Se vogliamo essere veloci, questo è un libro di formazione alla vendita. Rischio parecchio con questa definizione…non tanto le ire dell’autore, ma quello di non rendere giustizia al volume. Non vi racconto nulla della “trama”, e non solo perché non esiste, non essendo un romanzo, ma anche perché si potrebbe condensare in pochissime parole. Apparentemente.

L’autore, Frank Merenda, è un venditore di razza, unico nel suo genere in Italia, perché si preoccupa davvero di vendere come dovrebbe essere fatto, senza RIFILARE e TRASSARE come molto spesso, troppo spesso si fa in questo Paese, che da sempre ritiene la vendita come odiosa pratica di scambio sporca e olezzante di zolfo. E non solo. Si preoccupa DAVVERO di insegnare COME SI VENDE ai venditori, facendoli sentire esseri umani e imprenditori, e non “piazzisti”, andando controcorrente rispetto alle tendenze imperanti nelle aziende, che troppo spesso li considerano le ultime ruote dell’ingranaggio, buone per essere mandate allo sbaraglio e per sopportare tutti i colpi.

Ovviamente, non basta aver letto il suo libro per imparare a vendere. 

Ma leggere questo libro è il primo passo di un percorso che trasforma dal profondo l’approccio con la vendita. Il resto arriva con seminari e corsi, tenuti ovviamente dall'autore, ma questo è il passo successivo. Cosa mi ha spinto a leggere questo libro e a parlarne nel Blog, dove c’entra davvero poco con il resto delle letture? Per rispondere alla prima domanda, stavo cercando risposte e informazioni per ricostruire e sviluppare la mia attività lavorativa. Ne parlo nel Blog, perché questo libro ha scavato talmente in profondità, liberando blocchi repressi, facendomi recuperare pezzi miei dispersi, e proiettandomi in un’altra visione, DEL TUTTO INASPETTATAMENTE.

Mi aspettavo una serie di info tecniche, consigli, direttive. Che ho avuto. Ma non mi aspettavo tutta l'adesione entusiastica che ho dato ad ogni parola del libro.

Ho persino sottolineato e riempito di post-it il libro stesso…commettendo un sacrilegio cui non avrei mai pensato di cedere, ma si cambia, eccome si cambia, quando qualcosa arriva così in profondità.

Siete venditori? Di qualunque settore, attività, tinta, età, nazione, purché di tipo legale? Conoscete venditori? Allora fate il regalo più grande, a voi stessi, o ai vostri amici venditori. Regalatevi/-loro questo libro. Prendetevi il tempo per leggerlo, analizzarlo, mangiarlo, metterlo in pratica. Lasciate che vi entri dentro e vi trasformi. E lo farà, che voi lo vogliate o no. Vi farà arrabbiare, e anche tanto.
E piangerete. Per non averlo comprato prima.

Poi, dopo esservi sfogati, riprendete in mano il libro e rileggete tutto, parola per parola.

L’autore non è un padre benevolo, dispensatore di pacche sulle spalle. E’ poco meno di un Sergente Hartman nei giorni buoni. Ma estremamente forte e competente in quello che dice. Carico di energia a supernova, quando lo vedete dal vivo, siate forti. Informatevi su di lui, cercatelo su Facebook. Potete anche contestarlo, se desiderate…se avete numeri pratici alla mano, o se avete ottenuto risultati migliori. Nella teoria, non vi ascolterà, e non vi insulterà nemmeno. E questo è molto più grave del ritrovarsi sordi dopo una delle sue spiegazioni "a voce alta". Ma soffermatevi a considerare le trasformazioni che opererà in voi, solo per il meglio, “solo” dal punto di vista dell’atteggiamento. E i risultati vi stupiranno.

A distanza di mesi (scrivo a febbraio 2016, un paio di giorni prima della tappa di tour di Frank Merenda a Torino, Il Marketing Fa Schifo Tour), sono andata a ripescare questo post, raddrizzandolo un po', così come sto raddrizzando la mia situazione lavorativa, tanto per vedere cos'era cambiato. E' molto presto per vedere risultati o numeri, per me, ma ricomincio con le SUE premesse, le SUE strutture, il SUO codice, e non solo nel lavoro. Ormai si tratta di una forma mentis.

Per quanto riguarda il libro, le opinioni espresse rimangono inalterate; trasforma, al punto che sento pezzi interi di DNA che vengono riscritti, lucidati e riportati com'erano. Com'è inalterata l'ammirazione per una persona che non si ferma mai, che sposta il traguardo del percorso sempre un po' più in là, suo e di chi lo segue da vicino, e di quelli che sono disposti a imparare da lui. E si ha l'impressione che c'è ancora molto, molto da scoprire ed applicare.

Dopo Vendere fa schifo, anche Il Marketing fa schifo...ora mi domando cosa sarà la prossima cosa a far schifo, nel suo mondo in espansione! Inutile sottolinearlo, il gancio ha fatto presa fino in fondo, ormai...


lunedì 17 agosto 2015

La stratega - Guest Post#35

Abbiamo imparato che la nostra rubrica ospita delle nuove amicizie che condividono con noi le loro letture, anche questa volta cedo la parola:

Gentili Dame, Prodi, Cavalieri, qualora fosse vostro desiderio allontanarvi dal tedio della quotidianità passata a fuggire dallo stress..ecco qui un ottimo rimedio naturale!!
Se amate i romanzi storici o se,come me, siete affascinati o incuriositi da quella che è definita l' età buia del Medioevo, allora tuffatevi con Alice in questa epoca che, a ben guardare, ha poco di buio e molto di fascinoso e misterioso!
Alice, giovane donna veronese del XXI secolo si trova, a seguito di uno strano evento, catapultata in un bosco della Valpolicella dell'anno 1164: teatro della rivolta degli anti-imperiali (coloro che osteggiavano Federico il Barbarossa) per liberare la Val d'Adige dal maligno conte di Garzapano, il signore del Castello di Rivoli Veronese.
Come potrà una donna moderna sopravvivere al tempo "buio"? Eppure Alice, inviata nel passato con un preciso compito da assolvere, saprà destreggiarsi perfettamente ed adattarsi incredibilmente a quel tempo, fatto di cruente battaglie che duravano mesi,oltre a saccheggi, carestie, povertà, malattie, stregonerie e antiche credenze.
Una donna coraggiosa la nostra "Stratega" Alice, capace di affrontare le più impensate avversità, abile nel non farsi additare come strega o ammaliatrice(pena il rogo!!) e di farsi apprezzare dai cavalieri ruvidi e burberi che della figura femminile non avevano alcuna considerazione...
Riuscirà la bella dama Alice a tornare nel suo mondo, nel XXI secolo?A voi scoprirlo, a voi tuffarvi in questo libro in cui l'autrice Giovanna Barbieri, ha saputo ben miscelare i giusti ingredienti di storia, romanzo e fantasia, lasciandoci in un paio d'occasioni un po' stupiti dal progredire degli eventi.
Unico "neo" del romanzo , se proprio devo trovarne uno, avrei preferito un pizzico di passione in più e un po' più di caratterizzazione dei personaggi..ma nel complesso è un libro da leggere per sognare,  per acculturarsi un po' e, almeno nel mio caso, per allontanarsi dalla realtà quotidiana che a volte è così pesante da affrontare!!!
Buona lettura ed attendo il secondo libro dell'autrice che so già in preparazione!!!

Cristina Mazzuccato

SimoCoppero

domenica 16 agosto 2015

Qualcosa di vero - Le fiabe VERE!

Cronaca di una storia d'amore annunciata. Quella mia per questo libro, di cui vi aveva già parlato l'Amanita nemmeno troppo tempo fa. Iniziamo dalla copertina, total white (perdonatemi l'espressione anglo-marketing, che fa tanto figo ed è totalmente inusuale per me), in cui campeggia una figura vestita di bianco, incoronata da una gigantesca cappella di fungo rossa e bianca, da Amanita. Si può resistere? Un applauso al creativo di quella copertina. E passiamo al contenuto. Giulia è una pubblicitaria molto in gamba e di successo, una donna completamente padrona della sua vita, "perfettamente centrata", come viene descritta magistralmente attraverso gli occhi di Lorenzo, il suo partner di coppia creativa, all'interno di una serie di cerchi concentrici in cui lei colloca persone e situazioni, tutti alla debita distanza. Meravigliosa. L'ammiro già solo per questo motivo. Ma attenzione, questo non significa che questa giovane donna moderna sia fredda o "carrierista", o un'imitazione mal riuscita di un uomo. E' solo molto consapevole di chi è e cosa vuole, e come si deve muovere nella vita, con i suoi alti e bassi equamente distribuiti. Si vede molto bene la sua anima gentile (ma non debole) nel suo rapporto sui generis con una bambina di nove anni, Rebecca, sua vicina di casa. Si conoscono in modo bizzarro: Giulia rincasa ubriaca da una serata, e inciampa letteralmente in Rebecca raggomitolata sullo stuoino di casa, in camicia da notte, dopo essersi chiusa fuori. Tra i fumi dell'alcool, Giulia riesce a farsi un'idea della situazione e offre il suo divano in soccorso alla "piccola creatura della notte" (altra definizione magistrale, di un altro personaggio) in ambasce, fino al mattino dopo in cui viene recuperata dalla madre resa isterica dall'ansia. Da questo momento, si sviluppa un rapporto decisamente peculiare, tra Giulia e Rebecca. Molto spesso, la bambina resta sola di notte e, per quanto coraggiosa e decisa per la sua età e sesso (il suo compagno di banco Daniele, colpito dalla sua personalità così poco usuale, le dice: "non sembri una femmina, tu". E sappiamo quanto questo sia un complimento di grana finissima, detto da un esemplare maschile di nove anni), ha paura ad addormentarsi da sola. Il coraggio, però, non le manca, e la spinge a chiedere l'aiuto di quella signora gentile (che detesta essere chiamata così), sottoforma di fiaba della buonanotte. Come si può intuire, Giulia non è esattamente un tipo materno. Per lei, l'infanzia è essenzialmente un target da studiare e colpire con i suoi slogan da copy fuoriclasse. Tuttavia, poichè nessuna sfida viene rimandata indietro, e avvalendosi delle molteplici letture in tema effettuate proprio per lavoro qualche tempo prima, Giulia si trasforma in Signora della buonanotte e in cantastorie per la sua piccola ascoltatrice. Tutto quasi normale, fin qui. Sennonché, le fiabe raccontate da Giulia sono nella versione VERA. Quella raccolta dai Fratelli Grimm, per intenderci, prima della censura e della rivisitazione successiva. Niente  sdolcinatezze alla Disney, cuoricini e sospiri per il meraviglioso principe azzurro, niente finali lieti...Raperonzolo resta incinta prima di sposarsi, Biancaneve ha il suo bel daffare con una suocera cannibale, i principi azzurri sono azzurri anche di testa. Nel senso che nelle loro belle teste scolpite, al di sotto delle fluenti chiome, si estende un bel cielo terso senza nubi e basta. L'assenza di neuroni brilla. In un linguaggio schietto, splatter il giusto (sta pur sempre parlando con una novenne), Giulia condensa le fiabe tradizionali nella loro versione reale (alcuni erano fatti di cronaca dell'epoca, come la vicenda di Barbablù e le sue spose), condendole con humour e distacco, facendole amare a Rebecca, che le è profondamente grata per averle rivelato la verità e per non trattarla come di solito gli adulti trattano i bambini, come una sorta di limitati mentali da blandire e nutrire, e tenere accuratamente lontano dalla realtà poco piacevole. Questo è un nodo su cui riflettere: Giulia non è madre, e non è un tipo materno. Vuole aiutare e proteggere la piccola donna che ha avuto tanto coraggio da affidarsi a lei, ma lo fa senza accecarla con cuoricini e stelline. Riesce a farlo proprio perché non è madre? E perché non è madre di quella bambina? Essere genitori può portare a distorcere la realtà per i propri figli, nell'intento di risparmiare loro sbucciature e porte sul naso? Anna, la madre di Rebecca, è una donna con un passato pesante che finisce per raggiungerla e rimetterla in pericolo, ma di fronte a questo, non trova di meglio che urlare alla figlia che lei non è interessata a ciò che la bambina vuole o non vuole: lei è sua madre e lei deve fare quello che dice lei. Nonostante Anna si occupi di sua figlia al meglio delle sue possibilità, tirando fuori coraggio e determinazione da leonessa all'occorrenza. Di fronte alla realtà, però, chiude gli occhi e inventa scuse, per proteggere se stessa e sua figlia, esattamente come le fiabe vengono distorte e modificate per togliere sangue e fatti spiacevoli che potrebbero urtare orecchie giovanissime. E' Rebecca che vede chiaramente l'orco e, pur avendone paura, lo fronteggia. E' un orco. Lo sa e nascondersi non le servirebbe a nulla. La giovane età dei bambini non significa che siano menomati o che non abbiano testa per ragionare...non hanno ancora tutti gli strumenti per filtrare la realtà, ma sono perfettamente in grado di tirare le loro conclusioni, spesso lucide e pesanti come blocchi di granito tirati in mezzo alla strada e altrettanto definitivi. Leggete Qualcosa di vero, se avete voglia di conoscere come si può sviluppare un'amicizia tra un'adulta e una bambina, se avete voglia di ridere e di stupirvi. Scandalizzatevi anche un po' di fronte al disincanto di Giulia nel raccontare le fiabe...ma guardate l'effetto che fa su Rebecca e su alcuni dei suoi piccoli amici, e ditemi se non vi fa riflettere e gettare un altro sguardo sui bambini e il loro modo di ragionare. Beatevi dello stile leggero e denso di Barbara Fiorio, e adorate Giulia e il suo spirito: vi arricchiranno e divertiranno allo stesso tempo.

LoreGasp

sabato 15 agosto 2015

Leggere ... volare ... vivere!#2 - Dimmi che credi al destino

Siete in un momento in cui non riuscite a tenere la vostra attenzione su nulla? È il vostro libro!
Simpatico, soft, vi condurrà tra le vie di Londra e tra i volumi e i testi di una libreria italiana nel cuore di Hampstea.
Un racconto in cui spesso mi sono trovata ad essere protagonista. Tutti i suoi personaggi sono un vero spasso e hanno una grande carica emotiva: Ornella, protagonista del racconto e responsabile della libreria che deve trovare qualsiasi mezzo per salvarla dalla chiusura; Mr George, il simpatico vecchietto che tutti vorrebbero incontrare sulla panchina del parco per parlare di libri; Patti, l’amica dal tacco dodici, esuberante e spesso un po’ matta, che sa sempre essere l’ancora di salvezza per la nostra protagonista, l’amica che tutti vorrebbero avere. Poi troviamo Bernard, il vicino della porta accanto, a cui non è così facile aprire il cuore; Diego il napoletano verace, che insieme al suo gran bel fisico, al  magnifico sorriso e alla sua personalità aiuterà Ornella con i numeri della libreria, per arrivare a Clara asciutta e spesso scontrosa, una vera inglese doc.
Perdetevi tra le pagine che Luca Bianchini ci regala, ridete, piangete, commuovetevi, saranno ore spensierate. Arriverete all’ultima pagina nostalgici di dover lasciare amici appena conosciuti.


SimoCoppero

giovedì 13 agosto 2015

L'angolo dei nani e dei giganti#16 - Il mistero degli studi Kellerman

Nella collana noir junior troviamo Ken Follett. Ho sempre amato i suoi romanzi e così mi sono avventurata negli studi Kellerman con Mick e Izzy.
Due ragazzi che condividono un lavoro, consegnano giornali dopo l’orario scolastico. Due ragazzi socialmente agli opposti, ma legati da una grande amicizia.
Figlio di un regista, Izzy, porta il suo compagno di avventura agli studi Kellerman chiusi da tempo per i tempi difficili trascorsi dell’industria del cinema.
Inizia così una vera e propria avventura, divertente, affascinante, dove i due compagni si trovano a dare la caccia alla Banda Mascherata con colpi di scena e disavventure.
Giallo simpatico, accattivante, adatto a ragazzi dagli undici anni in su.
Usciamo dalla saga di Geronimo Stilton per un’avventura che porta i ragazzi a libri per “grandi”.
Non saranno mostri e draghi, ma una splendida storia di un’amicizia con una grande avventura e un grande spavento.


SimoCoppero

martedì 11 agosto 2015

L'Amanita#58 - L'Amanita non ha tempismo - Autopsia del terzo millennio

Loredana ve ne ha già parlato. In modo esaustivo. 
Ma lo sapete, no? 
Siamo spacciatrici di libri, quindi - rosa a parte - è ovvio che un libro consigliato dalle mie complici arrivi tra le mie mani e viceversa. 
Primo problema: è un libro di racconti. Il genere non mi entusiasma. Preferisco volumi più consistenti, trame più complesse, anche se fatico ad orientarmi tra tanti personaggi e tutte le loro vicende.
Detto questo, consiglio di leggere Autopsia del terzo millennio. Non posso definirlo un bel libro; non è un problema di stile o linguaggio:  è ben scritto. Il disagio nasce dagli argomenti che tocca. 
Fa male. 
Mette il dito su tutte le piaghe aperte di quest'angolo di mondo (voce gnomica di sfondo: con un titolo così, che t'aspettavi?). 
L'insegnante in pensione, dopo anni di "missione" per trasmettere cultura e sapere con passione, si trova con una manciata di euro con cui non arriva a fine mese. La ragazza dell'Est, l'adolescente omosessuale, donne brutalmente massacrate di botte e violate e tutta una carrellata di personaggi: una lavagna tappezzata di istantanee, scatti in bianco e nero della realtà che ci circonda. Una pennellata di rosso sangue qua, qualche raggio di sole là, un prato verde sotto un cielo azzurro un po' in disparte. 
Nel mio caso è il libro giusto al momento sbagliato, per questo non ho avuto tempismo. Neurino-mio ha esposto il cartello "chiuso per ferie", più eloquente di così: è il momento dei gialli, dei rosa, delle favole. 
Autopsia del terzo millennio  è un libro da quaresima.
Mi spiego.
Non sono una sostenitrice del "siamo nati per soffrire", "ognuno ha la sua croce" ed altre baggianate simili, retaggio di un cristianesimo cattolico mal capito e peggio diffuso. Quindi non tengo un libro che non mi fa piacere leggere per un periodo per me tanto importante. 
Se un libro non mi piace, smetto di leggerlo e lo faccio "girare".
Lo definisco così perché bisogna centellinarlo, leggere un capitolo, lasciarlo decantare, magari leggere altro e poi ricominciare. 
Ruminarlo. 
Perché viviamo davvero in un terzo millennio abortito. 

lunedì 10 agosto 2015

Leggere ... volare ... vivere! - Studio da carabiniere e ti sposo

Oggi, 10 agosto 2015, giorno di San Lorenzo (e notte di stelle cadenti) inauguriamo una nuova rubrica, tutta ad appannaggio di Simona, Leggere è volare, che ci manifesta e ci coinvolge nelle sue letture e nelle emozioni che le trasmettono. Leggiamola con un altro libro di Valeria Amerano, dal titolo molto alla Lina Wertmueller, Studio da carabiniere e ti sposo:

Più leggo pagine create da Valeria Amerano più mi rendo conto di essere innamorata.
Leggo e mi sembra di danzare tra le parole, mi sento una piuma che volteggia tra la cultura e la sapienza, pronta ad assaporarne ogni vibrazione e sfumatura.
Lasciarsi cullare dalle sue parole arricchisce il cuore e la mente. "Studio da carabiniere e ti sposo", libro composto da diciannove brevi racconti ambientati in una scuola della periferia degradata di Torino negli anni settanta.
Mai un libro più azzeccato in un periodo, e parlo di oggi, di riforme scolastiche proprio come allora. Gianluigi Camera nella prefazione cita queste parole "si coglie l'avversione per il mondo delle parole dette, delle tante riforme annunciate e mai praticate", ma da allora qualcosa è cambiato?
Era il periodo dove la scuola aveva aperto le porte: "genitori che controllano la qualità del cibo, consigliano agli insegnanti i libri di testo, promuovono gite; psicologi, letterati e falegnami erano accolti quali esperti per arricchire le cognizioni dei maestri". Ieri come oggi, sono passati gli anni, siano nell'anno del Signore 2015, ma le maestre non sono riuscite a risolvere il dilemma dei bambini che leggono poco o nulla (riferimento all'ultimo breve racconto) e la scuola non mi pare sia riuscita ad avere importanti cambiamenti.
Dicevamo, diciannove racconti, che tra aneddoti e alunni difficili,  cresciuti sulla strada e spesso senza la linea guida di una famiglia, trovano sulla loro strada una maestra appena entrata in ruolo che accetta una sfida che la scuola e la società le presentano come impossibile.
Con amore, con disciplina, con regole, con fantasia, con capacità e voglia di riuscire, troviamo un'insegnante capace di farsi amare, rispettare, che riuscirà ad appassionare bambini "difficili", che insegnerà loro l'amore per la lettura, per le storie, per le materie più ostiche,  vincendo persino un concorso del percorso didattico.
Maestra che ha lasciato posto all'orchestra e che oramai siede tra il pubblico, ma che guarda a quegli anni come quelli dei giorni migliori, con il cuore pieno di nostalgia per gli alunni lasciati.

Leggere per meditare. Grazie Valeria!

SimoCoppero

venerdì 7 agosto 2015

L'Amanita#57 - L'Amanita confusa e indecisa, secondo round.

Che fatica! 
E sono ancora perplessa. 
Intanto ho capito il disagio di trent'anni fa: non c'è il lieto fine come in Jane Eyre. 
L'adolescente non gradì. 
L'Amanita adulta apprezza pienamente il finale amaro: una donna può essere felice perfino (sì, è sarcasmo velenoso) senza matrimonio, anche se capisco che per una donna dell'Ottocento il concetto potesse essere indigesto. 
Il problema è tutto quello che accade prima del finale. 
Lasciamo perdere i dialoghi in francese. Anzi, Neurino-Mio mi ha sorpreso: non capisco una beata cippa quando mi parlano in francese, ma ho scoperto che riesco a leggerlo. Ho più o meno capito quello che ho letto. Misteri del cervello umano! 
Dicevo. Leggere Villette è un viaggio su un vecchio treno scomodo con tanti passeggeri antipatici. Non c'è nemmeno il conforto di un bel paesaggio con cui distrarsi: il treno sferraglia nella nebbia.
Lucy ha scatenato le sfere rotanti per almeno tre quarti del libro. Apprezzo una sua caratteristica: una donna sola, che impara a vivere con se stessa. Sì, va be', impara per modo di dire: in realtà quel finale brusco lascia intravedere una vecchiaia amara nel rimpianto. Voglio essere ottimista e sperare che Lucy non si rassegni con mestizia.
Le altre figure femminili... appunto, fossi stata su un treno, le avrei scaraventate quasi tutte giù. 
Magari assieme ai principali personaggi maschili. A cominciare dal pio professore, continuiamo col bel dottore e chiudiamo in bellezza col prete cattolico. 
Uno più irritante dell'altro. 
Potevi scendere dal treno, mi direte.
Non ricordavo come finiva ed oramai volevo saperlo. E c'è sempre la speranza di un riscatto finale - speranza non realizzata.
Ma  l'aspetto decisivo è quello teologico. 
Villette è una città immaginaria a maggioranza cattolica.
Lucy è protestante. 
A volte sembra uno scontro. Anzi, inizia con uno scontro, ma poi si arriva ad una comprensione reciproca che ho gradito molto. 
La Brontë, soprattutto all'inizio, insiste parecchio sulla differenza tra la protestante Lucy ed il mondo cattolico che la circonda; poi passa al confronto tra Lucy e l'insegnante, manovrato e soggiogato da Roma papale. La cristianità cattolica è descritta come una massa di bigotti ipocriti senza cervello, l'unico essere pensante è il papa (occhio, sto ringhiando) e domina incontrastato. Chiesa significa corruzione, invece il protestante è più sincero. Ed altre generalizzazioni simili. 
All'inizio mi ha infastidito: la corruzione è nell'essere umano, non un monopolio dei cattolici. 
Poi mi sono sganasciata dalle risate.
Sono cattolica, sì. Per la precisione: una cattolica che protesta e che si permette di scegliere (eresia significa scelta, deriva dal verbo greco "scegliere"; solo dopo i primi concili è diventato sinonimo di "scelta sbagliata"). Però se fossi stata contemporanea di Lucy, avrei avuto qualche problemino... 
Lo rileggerei?
Ho almeno una certezza: no, non lo rileggerò. 

giovedì 6 agosto 2015

L'Amanita#56 - L'Amanita confusa e Villette

La vita è strana, va a periodi e a settori. Alti di qua, bassi di là, tutto alto o tutto basso... una vera giostra. 
Cosa c'entra col Furore?
Mi spiego.
A volte devo fare molta attenzione ai libri che mi capitano tra le mani, la fregatura è sempre in agguato. 
Per chissà quali cospirazioni astrali, un Saturno a favore e un Marte addormentato tra le braccia di Giove (ci sarà da fidarsi? ma!), ultimamente sono circondata da libri e suggerimenti strepitosi. Dopo le vicissitudini di "Bones" Brennan ho soltanto un problema: un momento di confusione. 
Ho un Donato Carrisi, di cui mi hanno parlato bene, dal titolo intrigante: "Il suggeritore"; cosa cavolo suggerisce? E chi suggerisce a chi? E perché? Lo scopriremo solo leggendo. 
La saga completa Terramare, di Ursula K. Le Guin; confesso di aver sbirciato il primo libro ("Il mago", altro titolo promettente), appoggiata con non-chalance allo scaffale della solita libreria. Ho trovato il volume unico ad un prezzo scontato e gli ho opposto una resistenza estrema ("la cassa, grazie"). 
Eppoi una Morton, una Gaskell, un Dexter devoto (a chi? Uhm, meglio non porsi domande con un Passeggero Oscuro nei paraggi), un "L'amore è un difetto meraviglioso" che mi ha fatto ridere solo a guardarlo, "Amber" di K. Winsor e tanti altri...
Insomma: ho l'imbarazzo della scelta. 
In questi casi, ho un altro dogma: "Indecisa? Torna ai classici".
Piccolo chiarimento. Ho principalmente una formazione da liceo linguistico, ampliata solo dopo i vent'anni, quindi per me i classici non sono i greci e i latini, ma i romanzieri britannici da Defoe-Swift-Scott e dintorni in poi. E non dimentichiamo zia Jane! (Come, a chi lascio i Francesi? Chi osa parlare di batraci?!)
L'occhio è caduto sull'ultimo romanzo di Charlotte Brontë. Villette. 
Lo lessi una volta sola, lo scorso millennio. Ricordo vagamente che non lo apprezzai del tutto, ma lo tenni. 
Quando Lucy Snowe ottiene il posto d'istitutrice in un collegio femminile in Belgio, per la prima volta la fortuna sembra sorriderle. Orfana e indigente, timida e sgraziata, per la ragazza quel trasferimento oltremanica è l'occasione per lasciarsi i grigi sobborghi inglesi alle spalle e ricominciare da zero. 
Ma iniziare una nuova vita non è un'impresa da poco: arrivata a Villette - città immaginaria plasmata da Charlotte Brontë sul modello di Bruxelles - in un ambiente estraneo, senza parenti né amici (...) riesce a prendere in mano le redini della propria esistenza grazie alla propria forza di carattere.
Ultimo libro della ultima Brontë - nel giro di pochi mesi morirono fratello e sorelle: una Charlotte "superstite" scrisse Villette. 
Aggiudicato.
(Devo appendere il cartellino do not disturb?)
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