venerdì 24 agosto 2018

Stefania Bertola – Romanzo rosa – Attenzione, scrittrici all’opera!

LoreGasp

Un romanzo rosa. E anche un bel rosa. E qui mi riferisco alle sfumature di colore che vedete nella copertina dell’edizione Einaudi. Poiché rivalutare i romanzi rosa non mi era più sufficiente, sono andata avanti a recuperare persino l’ammirazione per il colore… alcune sue sfumature sono davvero belle.
Il libro è divertentissimo. Lo dico subito perché non ho smesso di ridere dalla prima pagina fino all’ultima. Stefania Bertola è una sicurezza, sempre. Le bastano pochi tocchi di stile per creare personaggi affascinanti, quelli che vorresti seguire ogni momento e che cerchi in tutte le pagine, se per caso non ci sono. In questo blog ci sono praticamente tutti gli altri romanzi della scrittrice, con qualche piccola eccezione. Dovuta solo a questioni di tempo e di distrazione endemica della fibra da lettrice.

Entriamo in questo piccolo (si fa per dire) mondo rosa tramite Olimpia. E Leonora Forneris. E il romanzo di Olimpia. Sì, in questo romanzo abbondano le voci narranti, e i livelli. Se dovessi paragonarlo ad un altro oggetto, questo libro è un delizioso tessuto di seta. Uno di quei tappetini da meditazione, piccoli di dimensione, ma un’intera esplosione di fili di seta colorati, brillanti e lucidi, intrecciati con maestria a generare forme e figure anche complesse. Sembrano piccoli, ma… date un’occhiata da vicino e noterete subito la destrezza, la capacità, la creazione a punto in tutti i particolari.

Chi sono Olimpia, Leonora Forneris, e… il romanzo di Olivia?


giovedì 23 agosto 2018

Pasquale Ruju – Stagione di cenere – Un’altra fotografia che mette nei guai…

LoreGasp

La Stagione di Cenere è l’estate. Quel periodo in cui la mia sopportazione, ben allenata e collaudata, si riduce dell’85% e il restante va in cenere, appunto, con la velocità di qualcosa colpito dal fulmine.
Un altro che non brilla per pazienza è Franco Zanna, il fotografo sui generis in perenne lotta con il Nero del precedente libro di Pasquale Ruju, Nero di mare, che abbiamo conosciuto insieme ad un pezzetto importante della sua famiglia: l’irriducibile figlia Valentina e il graniticamente affascinante zio Gonario (il mio preferito, senza dubbio).

Siamo in Sardegna, a Porto Sabore, inizio d’estate. Dovrebbe essere anche l’inizio di maggior lavoro e guadagno per l’ex reporter convertito a paparazzo, sguinzagliato dall’imperiosa Irene dell’agenzia Gallura Vera sulle tracce di celebrità più o meno planetarie, impegnate a prendere il sole in topless, frequentare feste glamour e costose, e a intrecciare relazioni poco consentite. Tempi maturi per frutta e scoop, insomma!
E non solo. Questo è tempo anche di incendi. I telegiornali trasmettono bollettini di guerra, quando parlano della Sardegna d’estate: terre e boschi anneriti e spezzati da fiamme indotte, procurate ad arte. Regolamenti di conti, malattie psicologiche di attrazione morbosa per il fuoco, dispetti… ? Qualcuno sì. Per la maggior parte dei casi, si tratta di altro. Qualcosa di più grave, che ha tanto il sapore delittuoso della truffa progettata e portata a termine con il contributo e la connivenza dei “soliti ignoti”… quelli per cui siamo diventati famosi nel mondo, e oggetto di vari film a firma Scorsese, Coppola, Cimino.


giovedì 9 agosto 2018

Antonio Infuso – Suicidi al sorgere del sole – Riti mortali

LoreGasp


È un’estate calda, questa. I ventilatori e l’aria condizionata rendono migliori le condizioni del corpo, ma cosa si può fare per lo spirito, la mente, che tendono ad addormentarsi con la calura oppressiva? Seguire un commissario nelle sue indagini. Se non si può fare sul serio (il corpo di Polizia non sembra accogliere volentieri distrazioni di alcun genere nelle sue indagini), allora è necessario rivolgersi altrove. Ad uno scrittore come Antonio Infuso, per esempio, che ha creato un commissario in gamba e poco negli schemi come Stefano Vega. Qui siamo alla sua seconda indagine, con Suicidi al sorgere del sole, pubblicato da Intrecci Edizioni poco prima del Salone del Libro 2018 (#salto2018, rieccolo).

Un suicidio è un avvenimento tragico. Dieci sono una strage. Un’ecatombe e un rompicapo allo stesso momento, che tiene inchiodata la Sezione omicidi della Polizia di Torino. Perché?
Quando apriamo il libro, è appena avvenuto l’ultimo. Dieci suicidi nell’arco di circa due anni e mezzo (2012-2014), ritmati con i cambiamenti stagionali, al momento del solstizio o dell’equinozio, sempre all’alba. I suicidi non sono mai soli: si tratta sempre di uomini che prima di suicidarsi, uccidono. Sempre una donna: una moglie, una fidanzata, una convivente, persino una vicina di casa. Sono suicidi-omicidi, se vogliamo essere precisi.

Manca un particolare, poiché la stranezza di queste morti non è ancora sufficiente.
I suicidi avvengono secondo un rito giapponese molto antico, il seppuku, utilizzando un apposito coltello, il tantò.

Ci sono biglietti, spiegazioni, tracce? Nulla. Il buio totale. Nemmeno la luce dell’alba che accompagna queste morti rituali riesce a gettare luce. Niente nella vita delle vittime. Niente coinvolgimenti strani in giri malavitosi, niente cadute irreversibili in crisi depressive, niente vendette. Nessuna appartenenza a sette, nemmeno a quelle più bizzarre o pericolose. Niente nelle comunità cino-giapponesi, soprattutto i circoli culturali. Niente nei negozi specializzati nella vendita di oggetti rituali come quei coltelli.

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