domenica 4 marzo 2012

Arrivederci Piccole Donne – Un parallelo bizzarro

Ammetto che mi ricordo a malapena come ha fatto ad entrare questo libro nella mia biblioteca. Il titolo e l’autrice non mi dicevano moltissimo. In più, la copertina mi attirava poco, con i suoi disegni naif. Avrei potuto lasciarlo stare dov’era.  Dato che conoscevo poco la letteratura sudamericana, ho deciso di sperimentare un nuovo mondo. Credo che siano passati diversi anni da quando l’ho portato a casa…spesso capita così. Il mio “furore” di aver libri mi spinge ad “adottare” libri sull’onda delle emozioni che suscitano e quando li porto a casa, ho bisogno di lasciar decantare la strana emozione frenetica che si agita in pancia per aver comprato un altro libro, probabilmente per aver portato un’altra scintilla di conoscenza nella mia vita e nella mia casa. Quando si è calmata l’emozione per quel particolare libro (e possono passare giorni, anni, mesi, vite intere), lo prendo in mano e lo leggo.
Nel caso di Arrivederci Piccole Donne, ho fatto un po’ fatica ad entrare. O meglio, sono entrata e mi sembrava di conoscere già i luoghi: c’era l’ombra di Isabel Allende e della sua Casa degli Spiriti che si intravvedeva sotto la trama. Mi sembrava di leggere un doppione, alle prime pagine, anche se la differenza principale, che mi teneva legata, era quel parallelo curioso che l’autrice Marcela Serrano ha costruito tra le sue quattro donne sudamericane roventi e moderne e le quattro tragiche statuine nordamericane di Louisa May Alcott. In Sudamerica le ragazze sono cugine tra loro, immerse nel caldo e nella vita opulenta e sonnacchiosa di una tenuta di proprietari ricchi, mentre al Nord, le quattro fanciulle sono sorelle, al limite della povertà, costrette a lavorare e mantenersi e a lottare contro inverni rigidi e freddi.
Ogni capitolo porta il nome della ragazza yankee, ma la voce che si sente raccontare dal suo punto di vista gli eventi tormentati della famiglia Martinez appartiene alla cugina sudamericana che maggiormente le assomiglia.  Questo parallelo bizzarro è l’elemento che mi ha convinto a leggere il libro fino alla fine, oltre al fatto che la vicenda delle piccole donne sudamericane si svolge in tempi molto vicini, in Cile, tra l’11 settembre 1973 di Salvator Allende (e riecco la presenza di un Allende…) e l’11 settembre 2001 delle Torri Gemelle.  

9 commenti:

  1. Non ho letto il libro. Eppure ad esso è legato un ricordo molto nitido - strano davvero, non ho molta memoria. Sono praticamente un’abbonata al Salone del Libro. Ogni anno Anti, uno dei miei angeli (amici superpazienti che mi sop-portano), mi carica sulla mia “torpedo blu” e trascorriamo un pomeriggio fra i libri: libri da toccare, sfogliare, annusare, “assaggiare”… una vera full immersion! Ricordo che il titolo mi ha attirato e la prima cosa che ho pensato:“C’è una dissonanza tra il titolo e la copertina” (spesso il mio vocabolario usa termini presi in prestito dalla musica).
    Poi ho guardato l’autrice. Ambientazione sud americana. Prima perplessità.
    Periodo storico: seconda perplessità. È l’effetto 11 settembre: tutti i libri che ho letto che menzionano - anche in modo vago - quell’evento causano un attacco di orticaria.
    Ho leggiucchiato qua e là. La struttura sembrava interessante: come legare quelle giovani donne così diverse per geografia, cultura, periodo storico?
    Quesito insoluto (non ho perso il sonno per questo). Il libro non mi è rimasto “appiccicato alle mani”: mi sembrava un’imitazione della Allende (altro libro regalato dopo poche pagine) e percepivo forzature che non so spiegare.
    Conservo un vago ricordo tutto sommato piacevole della Alcott - insomma, ero (cogliere note ironiche nella mia “voce”) una fanciullina del millennio scorso quando lo lessi - perché rovinarlo?
    Addio, piccole donne!

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  2. Capitanmao, se ti interessa la Alcott scrisse anche “Piccoli Uomini” con un sequel; ma forse sei “fuori corso” o magari segui quel filone di pensiero che dice “non è mai troppo tardi”. Per il valido primo motivo da te esposto, in illo tempore piccoli uomini (titolo per maschietti?) mi fu risparmiato. Chissà perché nessuno mi ha spiegato, quando avevo circa dieci anni, che Balzac non era un libro “per bambini”? Comunque spero che “la Marcelita” del parallelo bizzarro eviti “prolungamenti” immorali… Sorge un dubbio, capitano: Harry Potter allora è l’apoteosi dell’immoralità? E le varie saghe da Tolkien in poi?
    (O.T. - immagina un bel sorriso alla Garfield - uso spesso mandare qualcuno ad espellere scorie solide, invito molto salutare… ma mandare ad espellere “materia informe di metano potenziale allo stato primigenio”… suona così nobile che il mio vago insulto - pur con benevoli effetti salubri - va… a farsi benedire!)

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    1. Piccoli uomini...l'avevo rimosso. Ho il dubbio di averlo letto, in un momento particolarmente profondo di ottenebramento. Ma se l'ho fatto, non ne conservo memoria. Allelujah. Harry Potter immorale? In che senso?

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  3. Vivi sereno, Capitanmao (o dovrei dire vivi sereno, uomo?), ho lo stesso atteggiamento! Dopo essermi intestardita (chissà perché, poi!) a finire “La solitudine dei numeri primi” ho adottato definitivamente lo stesso atteggiamento: il libro non mi “cattura”? Regalo! Se ti può consolare, Celestino non ha neppure passato l’esame iniziale: preso, sfogliato, annusato, leggiucchiato qua e là e… lasciato sullo scaffale. Però non ha avuto effetti collaterali interessanti come i tuoi.
    Lo, tu hai letto Celestino?

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  4. No, non l'ho ancora letto. Devo ancora capire se mi interessa leggerlo o meno. Per il momento sono distratta da altro...di solito, quando il libro non mi cattura subito, lo lascio da parte e mi dedico ad altri. Poi lo riprendo e lo finisco, dopo essermi rifatta gli occhi con gli altri libri che trovo più interessanti. Ora non mi viene in mente un libro che non sono riuscita a finire per disgusto.

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  5. Dunque…. Hai ragione, Loredana: alla faccia del libro per bambini, Piccole Donne ha qualcosa di malinconico e - avevo dimenticato quel particolare - avevo la stessa tua reazione su Amy, la sorella che detestavo (allora si rafforzò in me la gioia per essere figlia unica???). Per l’immoralità di Harry Potter: dico, sette-volumi-sette (più qualche appendice legata comunque ad Hogwarts e dintorni), secondo i criteri di Capitanmao riguardanti il sequel è immorale; a me è piaciuto (anzi, l’ho riletto da poco). Ultimo: provato i numeri primi raminghi e solitari? È uno dei pochi libri che mi ha indotto in tentazione: stufa di Anti o metterlo nella scatola della carta da riciclare!

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    1. La solitudine dei numeri primi mi aspetta buono sullo scaffale, sì. Mi hanno già detto che non è particolarmente allegro e incoraggiante. Ma se il titolo ha un significato letterale, allora difficilmente conterrà pagine comiche. Vedremo...:-)

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  6. Argh! Adesso che ci penso… ma il parallelo sudamericano della “Marcelita” ha anche un’Amy parallela? Ed una sorella che muore in giovane età di stenti (no, di stenti no: hai parlato di ricchezza) e malattia? Brrrrrr ma che cosa abbiamo letto da bambine? Ecco perché al liceo abbiamo odiato Dickens! Sì, c’è quasi sempre un motivo: sono andata a sfogliare il libro e ho visto che le quattro adoravano colui che abusò del genere letterario “novel”

    Capitanmao, ho preso nota del titolo, grazie!

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  7. Sì, anche la Marcelita fa morire una delle cugine in modo analogo a Beth. Muore quella più "buona", che voleva sempre mettere pace tra le maggiori, che si scontravano per avere il pomo della più bella, della più desiderata e il cuore (oltre a tutto il resto) di un uomo. Questa ragazza, Luz, parte missionaria per l'Africa, dove contrae un virus terribile che la spegne letteralmente nel giro di poco. Dalla tomba parlerà alle altre cugine, come se loro potessero sentirla, per spingerle a superare i loro dissidi, causati da decisioni prese sull'onda dei sentimenti peggiori. Questo è uno degli elementi che mi ha convinto a proseguire la lettura del libro, parallelo a parte.

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