martedì 12 marzo 2013

Il tormento e l’estasi – Una vita immensa


Siamo accanto a Michelangelo, quando parla, si muove, respira l’arte che vive in lui, e se ne fa impadronire, quando questa pulsa potente e vuole esprimersi usando le braccia e lo spirito infaticabili del suo involucro di carne. In alcune pagine, l’autore è stato talmente profondo nel descrivere le sensazioni e i sentimenti di quest’uomo grandioso, da farci identificare totalmente con l’artista. Uno dei momenti più importanti della sua carriera spettacolare è stato quando Michelangelo si appresta a scolpire il celeberrimo David. E’ un’immagine talmente nota, da essere diventata universale. Non è più una scultura, è l’immagine dell’uomo. E che uomo! Michelangelo ha circa 26 anni quando “incontra” il blocco di marmo in cui si nasconde lo sguardo serio e i boccoli sodi del David. Ed è anche un blocco particolare: non è fresco di taglio, appena uscito di cava, ma è un ammasso informe, già aggredito e sbozzato da altri artisti illustri, come Agostino di Duccio e Bernardo Rossellino, qualche decennio prima. Entrambi l’avevano abbandonato abbastanza presto, ritenendo che da quella pietra non si potesse ricavare nulla, perché fragile e non di qualità eccelsa. Sicuramente non credevano che si sarebbe potuta modellare nella figura di Re Davide, come voleva la committenza, considerandola insufficiente per le dimensioni finali. Michelangelo vede tutto questo: il marmo già sbozzato, la vena pietrosa fragile in alcuni punti, un progetto iniziato male e lasciato tristemente a metà.
Ma vede soprattutto qualcosa che nessun altro, nemmeno gli artisti che lo avevano preceduto, era riuscito a vedere: il corpo liscio e lo sguardo determinato di un giovane David, che si appresta ad affrontare un avversario molto più forte e temibile di lui. E’ quel giovane re biblico, impegnato in un compito impossibile, a chiamare Michelangelo ad un compito altrettanto impossibile. Per quanto molti cerchino di scoraggiarlo, e qualcuno lo minacci pure (Firenze, per quanto culla d’arte, era anche un nido di vespe politiche: la famiglia dei Medici non era poi così benvoluta, e niente di quello che accadeva in città era disgiunto dalla politica, nemmeno la scultura di una statua), Michelangelo non si lascia minimamente distrarre dalla sua missione. Il suo carattere cupo e poco estroverso gli permette di chiudere le orecchie alle invidie e agli influssi negativi esterni, e si dedica anima e corpo alla sua opera, giorno dopo giorno. Non è un compito facile: il blocco di marmo ha davvero una vena fragile interna, e il povero David rischia di diventare zoppo e senza braccio in almeno due occasioni. Michelangelo deve risolvere il problema dell’equilibrio: il gigante potrebbe non essere in grado di stare in piedi, una volta scolpito. Inoltre, deve essere trasportato nella sua collocazione finale, e non è un fuscello da spostare agevolmente. A questo si aggiunge l’atmosfera di curiosità crescente per quell’opera realizzata in riserbo (per quanto era possibile, viste le dimensioni e l’eco suscitata dalle sue difficoltà), le critiche degli altri artisti, le contestazioni politiche (e ci risiamo). Nonostante questo, lo spirito michelangiolesco è forte, forte, non si lascia scoraggiare; pur a denti stretti, sfogando la sua collera così facile da suscitare, riesce a completare quasi tutta la statua prima che venga collocata in Piazza della Signoria. Un gruppo di teppisti, opportunamente istruiti, prende a sassate la statua, per danneggiarla nonostante le protezioni previste, senza però causare danni. Tuttavia, dopo l’assalto, che indispone e sgomenta Michelangelo, si verifica un altro evento inatteso: il basamento del David viene letteralmente coperto da biglietti. Sono biglietti di stima, di ringraziamento, di lode alla statua, di incoraggiamento: uno di questi afferma di poter credere nuovamente negli uomini, guardando il David. E’ l’apoteosi e Michelangelo ha trionfato indiscutibilmente: ha reso qualcosa di impossibile, in cui nessuno credeva, in qualcosa di meraviglioso, e non solo esteticamente (il David è diventato una sorta di canone marmoreo di bellezza maschile), ma anche spiritualmente: è il trionfo dello spirito umano che crede. Non importa in cosa crede: in una religione, in una filosofia, in un obiettivo: quando esiste fede, fiducia, gli ostacoli vengono affrontati e superati.

2 commenti:

  1. Il trionfo dello spirito umano che crede.
    Che bella affermazione, Loredana!

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    1. Se ripenso alle difficoltà enormi che ha dovuto superare per poter realizzare un'opera eterna e universale, non posso far altro che ammirare in silenzio la potenza dei nostri spiriti quando li incanaliamo verso cose di valore...perché non lo facciamo sempre?

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