Parlo di guida turistica, perché questo è l’effetto che mi
ha fatto, ad un certo punto, seguire il professor Langdon e Katherine Solomon
in giro per Washington, saltando dalla metropolitana al taxi, per sfuggire agli
agenti di polizia e alla Cia, interessati a metter le mani sul rapitore-aguzzino
di Peter Solomon, ma poco attenti a piegarsi alle sue richieste da ricatto.
Essendo creature pragmatiche, con un lavoro molto pragmatico e d’azione, si
occupano poco di sapere che c’è un segreto potentissimo che sta per cadere in
mani sbagliate: devono salvare una vita e acciuffare e neutralizzare un pazzo
amputatore. Ogni volta che i due personaggi in fuga toccano o entrano in un
edificio che potrebbe essere interessante per scoprire il segreto, Dan Brown ne
fa una piccola cronistoria, veloce, a dir la verità, ma con pochi tocchi riesce
a risvegliare l’interesse. Non ho mai provato un desiderio così forte di andare
a visitare Washington, come dopo aver letto il libro. Non credo che questo
fosse proprio il fine dell’autore, aumentare le visite turistiche nella
capitale, ma mi piacerebbe proprio andare a controllare di persona alcuni
simboli che descrive, che vanno innocentemente a decorare facciate e capitelli,
mentre in realtà sono elementi di un disegno molto più grande e visibile solo
agli “iniziati”. Se ben ricordo, tuttavia, l’autore provocò un effetto “marketing
turistico” con il primo libro del Codice da Vinci, spingendo folle di turisti
nel Louvre e in giro per Parigi con il tomo sottobraccio da consultare, invece
della classica guida turistica. I due fuggiaschi non hanno vita facile, mentre
cercano di scoprire il segreto arcano da comunicare all’oscuro e spietato
rapitore, un vero genio dei travestimenti.