mercoledì 13 marzo 2013

Il tormento e l’estasi – La potenza


Per me, leggere questo libro equivale ad un corso di storia dell’arte intensivo, con il bonus del 3D, almeno nell’immaginazione. E’ una biografia vissuta, sudata, sentita appieno, sia dall’artista, sia dal lettore. Lo scrittore ha tradotto in parole la passione, che non è solo quella di Michelangelo e dei suoi colleghi artisti, ma è anche di chi scrive, che ha animato ciascuno di loro al punto da farlo respirare nel corpo di chi legge. La base principale di Irving Stone per il suo impianto narrativo è stato quasi sicuramente l’opera massiccia di Giorgio Vasari, Le vite de'più eccellenti pittori, scultori e architettori, che fu contemporaneo di Michelangelo e di Andrea Del Sarto, e il sangue, la carne e la passione con cui descrive quegli uomini e quelle situazioni così lontane nel tempo e nello spazio devono arrivare dall’interno del suo animo di scrittore. Seguiamo il grande fiorentino mentre si destreggia tra un committente e l’altro, finché arriva a Roma, dove realizza un altro capolavoro universale, che in questi giorni è particolarmente sotto l’occhio delle telecamere, essendo ospitato nella Cappella Sistina. Il committente è Giulio II, uno dei Papi “meno tranquilli” che mi sembra di ricordare nella storia dei pontefici. Dai miei ricordi scolastici era un guerriero, più che un pastore, che non disdegnò di partecipare a guerre e a indossare l’armatura. Nella biografia di Michelangelo emerge anche come un uomo volitivo e poco paziente. L’esatta copia del suo contraltare artista…Giulio II aveva già affidato un lavoro imponente a Michelangelo: la costruzione della sua tomba, che prontamente il fiorentino aveva tradotto in un grandioso progetto, e in parte concretizzato. L’invidia e gli intrighi messi in atto da un altro artista, con tutta probabilità Bramante, geloso e timoroso di essere lasciato indietro, convincono il pontefice a interrompere bruscamente i lavori, perché farsi costruire la tomba da vivo potrebbe “portare sfortuna”. La reazione michelangiolesca è tutt’altro che pacata. Molla tutto, rabbioso e torna a Firenze, dove rimane, sordo a tutti i richiami (e anche ripetuti) di Giulio II, che vuole ancora affidargli progetti. E’solo l’insistenza martellante del gonfaloniere di Firenze,  Pier Soderini, preoccupato di tirarsi addosso l’ira papale (anche quella concreta di un esercito papale, non solo quella spirituale delle ammonizioni e dell’eventuale, terribile scomunica) che convince Michelangelo a tornare a Roma e a farsi affidare un'altra missione impossibile, l’affrescatura della volta della Cappella Sistina.
La pittura non è nelle corde di Michelangelo, che l’ha sempre trascurata a favore della muscolare e muscolosa scultura: è nel contatto con la pietra, nei movimenti stancanti e di precisione per ridurla, modellarla, levigarla, plasmarla, lucidarla che l’uomo si sente il dio creatore, e non nella quasi immobilità della mano che regge il pennello. Tuttavia, Michelangelo è l’uomo dei paradossi e delle missioni impossibili: il suo ritratto lo mostra come un uomo privo di attrattive fisiche, ma crea per il mondo uno splendente canone di bellezza maschile nel marmo; odia la pittura ed è quasi privo di esperienza nel campo, e ricopre i muri di una cappella semplice e un po’ dimessa, della storia universale dell’uomo: la sua creazione ad opera di un dio muscoloso, preciso e indaffarato e il giudizio finale sulla sua vita da parte di un potentissimo Cristo giovane e imparziale. Le difficoltà affrontate per realizzare gli affreschi, sia quelli della volta, sia quelli della parete dietro all’altare, sono enormi, macchinose: spezzerebbero lo spirito di chiunque, ma non il suo. Ci sono problemi di umidità da sormontare: i colori tendono a sciogliersi. Le posizioni assunte dall’artista quasi appiattito contro la parete per dipingere sfiancano le ossa e i muscoli, al punto da distruggergli la schiena. Ad eccezione di un qualche sporadico aiutante che gli prepara i cartoni dei disegni, Michelangelo lavora da solo. Giulio  II non fa che interferire, cercando di imporre la sua volontà affamata di affermazione su quella granitica e intollerante dello scultore fiorentino, dando il via a sfuriate su sfuriate. Una di queste culminerà in un atto di forza: esasperato, Giulio II cala il suo bastone papale sulle spalle di Michelangelo, che non reagisce con calma. Ancora una volta, butta tutto all’aria e se ne va, rifiutandosi di continuare a lavorare per chi lo ha umiliato così profondamente. La scena è persino comica. Dopo qualche giorno, uno dei messi papali si reca dal fiorentino per pregarlo di ritornare al lavoro, ma la rabbia non è minimamente sbollita…non valgono molto le spiegazioni diplomatiche secondo cui il Santo Padre lo vede come uno dei suoi figli più amati e più bisognosi della sua attenzione (parole gentili per dirgli che il suo caratteraccio ha bisogno di una sistemata, e il Santo Padre se n’è incaricato nel modo più spiccio e adatto sul momento), perché Michelangelo rintuzza qualunque scusa. Finché non è Giulio II a recarsi direttamente dal riottoso scultore e a convincerlo a ritornare sui suoi passi. Rinvigorito, Michelangelo continua il suo tour de force in solitaria, e riesce a finire il suo maestoso compito persino in anticipo. Giulio II si tiene a distanza, scalpitando, per non interferire e spezzare il delicato equilibrio di compromesso, ed è il primo ad arrivare in fretta, quando l’opera è finita. Il commento del Papa, immerso in contemplazione del divino concretizzato sulla parete, è totalmente inaspettato sulle labbra di un uomo abituato a comandare, piegare le volontà altrui con qualunque mezzo: “Credi che Dio sia davvero così misericordioso e clemente nell’Aldilà?” E’ la creazione di Adamo, con Dio che si avvicina potente e delicato alla sua creatura per darle la vita, che forse avvicina al pontefice ad un altro aspetto della religione che lo ha messo a capo della sua Chiesa, e che finora ha trascurato a favore di un potere temporale più pericoloso, ma affascinante. Sono queste le parole che disse davvero Giulio II davanti a quel capolavoro, realizzato di fresco dietro suo impulso? Non possiamo esserne sicuri, ma nelle sue vesti, di fronte a quella magnifica concretizzazione del nostro divino, sembrano quelle più verosimili. Come avremmo reagito noi, al suo posto?



12 commenti:

  1. Sei riuscita a “corrompermi”!
    Ho momentaneamente accantonato il libro “spettrale” che sto leggendo (è il periodo dei cimiteri, colpa di Neil Gaiman!) ed ho ripreso quel librone spesso e corposo.
    Fin dalle prime pagine, il tredicenne Michelangelo irrompe con la sua personalità sanguigna e rocciosa. Si percepisce subito il motivo del titolo del libro: un’anima così non può che essere costantemente sospesa tra tormento ed estasi. Niente mezze misure o compromessi.

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    1. :-D Purtroppo non sono riuscita a trovare il libro in casa (devo averlo lasciato dai miei), altrimenti avrei abbandonato tutto volentieri e l'avrei riletto daccapo, e al diavolo la lista di libri nuovi in attesa. Alcune cose mi erano rimaste in testa, e le ho scritte come le ricordavo. Ci sarebbe da scrivere un'altra decina di post...quella personalità è troppo imponente per essere esaurita in poche righe. E dall'età di 13 anni...

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  2. Le sue mani carezzarono la pietra, esplorandone le più intime pieghe. In tutto quell’anno non gli era mai capitato di poter toccare un pezzo di marmo bianco atto ad essere trasformato in una statua. (…)
    Per lui questo candido blocco era una sostanza viva che respirava, sentiva giudicava. Egli non poteva permettersi di mostrarsi inadeguato all’impresa.
    Non si trattava di paura, ma di riverenza. Un’intima voce gli disse: “Questo è amore”.
    Irving Stone, Il tormento e l’estasi, p. 106

    Michelangelo ha circa 14 anni e “studia” presso Lorenzo de Medici, dopo un anno di apprendistato dal Ghirlandaio. Il commento era molto più lungo, ma ho cancellato il resto: Michelangelo è “già tutto lì”.
    (Il mio relatore, un gesuita, non voleva che mettessi la casa editrice nelle citazioni, ma solo nella bibliografia finale… lo metto qua:-> come fosse la bibliografia: dall’Oglio editore, Milano)

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    1. Grazie di aver riportato un pezzetto del libro! Non sono ancora riuscita a ripescarlo.
      E pensare che aveva solo 14 anni, quando già sentiva quel trasporto verso la sua arte.
      E ri-brava: anch'io aggiungo sempre la casa editrice, come se fosse una bibliografia! :-)

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  3. errata corrige: Michelangelo ha 15 anni (Stone ci informa due pagine dopo la citazione). Un’altra “chicca”:

    Passò da un blocco all’altro, saggiandoli con piccoli colpi di mazzuolo: quelli sani davano un suono vibrante, gli altri un suono sordo. Su un pezzo di modeste proporzioni che era rimasto per lungo tempo esposto alle intemperie si era formata una crosta scura; Michelangelo la scalpellò, facendo affiorare il puro biancore della materia. Poi, volendo conoscere la direzione della vena, fece saltar via gli angoli.
    Soddisfatto e sicuro, prese un carboncino e disegnò sul marmo una testa di vecchio. Accostò una panca, si sedette cavalcioni con il blocco fortemente stretto tra le ginocchia, impugnò nuovamente marzuolo e scalpello. Ad ogni scheggia che cadeva, l’intima tensione si allentava, svaniva. Un senso di perfetta pienezza di vita lo invase: la pietra lo colmava, faceva corpo con lui. Con il passar delle ore, il suo braccio diventava più leggero, sempre più forte. Gli arnesi di metallo lo cingevano nella loro armatura, gli trasfondevano la loro vigoria. (…)
    Il marmo bianco era il cuore dell’universo, la più pura sostanza creata da Dio; non soltanto un simbolo di Dio, ma il suo ritratto, la sua più genuina manifestazione. Solo una mano divina poteva creare una così nobile bellezza. E di questa candida purezza egli stesso era partecipe, egli stesso avvertiva in sé questa integrità.
    Ricordò le parole di Bartoldo, che a sua volta le aveva udite da Donatello: “La scultura è l’arte che, rimovendo dalla materia la parte superflua, la riduce alla forma ricreata dall’artista”.
    Non era forse altrettanto vero che lo scultore non poteva sforzare il marmo ad assumere una forma che al marmo stesso non fosse congeniale? Egli aveva la netta impressione che l’opera dell’artista sarebbe stata vana, qualora non accordasse intimamente con la natura della pietra sulla quale lavorava. In questo senso, lo scultore era molto meno libero del pittore. Mentre il colore era fluido ed arrendevole, il marmo era quanto di più solido si potesse immaginare e aveva una sua individualità. Lo scultore doveva accettare la rigorosa disciplina di una collaborazione. Egli e il marmo formavano una cosa sola. Si parlavano. E per lui il contatto con il marmo costituiva la suprema tra tutte le sensazioni. Nessun altro piacere del tatto, del gusto, della vista, dell’udito e dell’odorato poteva reggere il confronto.
    Rimosso l’involucro esterno, scavava ora nel vivo della materia. Vi “entrava”, nel senso biblico della parola. (…)
    Sopraggiunse Bartoldo, lo vide al lavoro.
    - No, no! –gridò. – Non è così che si fa! Ferma! Codesta è una maniera da dilettante! (…) Michelangelo, hai cominciato dalla parte sbagliata! (…)
    Il ragazzo non lo udiva già più. Bartoldo stornò lo sguardo dall’apprendista che scavava il suo solco nella pietra come se fosse marmellata. Scosse la testa con divertita disperazione.
    - È come voler fermare un’eruzione del Vesuvio…
    Op. cit. pp. 122-123

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    1. E' esattamente quello il pezzo di cui parlavo in qualche post precedente: Michelangelo scolpisce inarrestabile quanto un'eruzione. Che meraviglia!

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  4. Per quello che riguarda il libro:
    qualche anno fa volevo regalarne una copia ad un amico "in partenza" per l'estero; ricordo che "girai" parecchie librerie e mi dissero di "continuare a cercare qualche rimasuglio di magazzino" perché non erano previste ristampe.
    Magari nel frattempo dall'Oglio o il Corbaccio hanno deciso di ristamparlo.

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    1. Me lo auguro! Altrimenti, possiamo sempre provvedere a ricordare loro che il loro dovere è quello di stampare buoni libri! :-D

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  5. Ho finito il libro, con la vista offuscata dalle lacrime.
    È bello ritrovare un amico. Un amico lì in attesa da almeno quindici anni, eppure è comunque cresciuto con me. Forse continuavamo pure a dialogare!
    Cerco di spiegarmi.
    L’ultima volta che l’ho letto non avevo ancora iniziato a studiare teologia e non avevo colto pienamente la ricchezza storica e spirituale di queste pagine. Michelangelo è un umanista della “nidiata” di Lorenzo il Magnifico e spiritualmente questo potrebbe presentare un piccolo limite: non si va oltre il singolo individuo… Non è il caso di Michelangelo, che ha visto nell’uomo il capolavoro di Dio, pur consapevole dei propri limiti così umani.
    Forse chi ha visto il film ricorda più facilmente papa Giulio II Della Rovere, ma nella sua lunga vita l’artista ha “discusso” con almeno altri quattro pontefici.
    Questo mi ha riportato a lezione di storia della chiesa, con quella “perla” di Alessandro VI, papa Borgia…ma anche Medici e della Rovere non scherzavano! Intrighi, lotte per il potere, compravendita di “titoli nobiliari” (sì, un nobile secondogenito che non ereditava il titolo del suo casato, comprava una veste cardinalizia)…
    Che schifo. La chiesa di quel periodo era davvero un bordello: non per niente tra le pagine di questo libro enorme troviamo il Savonarola e Lutero, che avevano ragione: la riforma era necessaria (ho apprezzato un po’ meno il predicatore domenicano, sembra un precursore dell’Inquisizione e predecessore del Torquemada: bruciare e distruggere libri, statue, opere d’arte…). Papi come il guerriero Giulio II o il mecenate Leone X (Giuliano De Medici) erano “principi di uno stato”, interessati ai beni materiali, ma trascuravano la cura delle anime.
    Piccola malignità: i fedeli spesso erano visti come “portafogli a cui attingere”… la malignità? Eccola: cos’è cambiato:-D?

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    1. Comincio dalla domanda finale: mi sembra non sia cambiato poi molto. La valuta, forse...
      Penso che non sia un caso che questo libro sia venuto in mente proprio in un momento molto particolare, ricco di cambiamenti che scombussolano. Una riforma è necessaria anche adesso, e non solo nella chiesa, o nella politica, ma nel nostro DNA di esseri umani che sono andati avanti alla cieca, credendo di essere padroni e dominatori del mondo e degli altri esseri umani, in virtù di...razza? colore? religione? tecnologia? Si potrebbero inserire tanti altri termini.
      Per tornare a Michelangelo, è vero che si mise in urto con altri pontefici...forse in maniera meno eclatante dei suoi contrasti con Giulio II, che dovevano far tremare letteralmente muri e cuori. I cuori soprattutto dei segretari del papa, e anche di qualche cardinale, perché no, particolarmente desideroso di sedersi al posto del suddetto Giulio.
      Ora piacerebbe anche a me riscoprire le pagine della vita di Michelangelo, con un'altra ottica. All'epoca ero concentrata sui particolari, sulla potenza della sua espressività artistica che ammiravo senza confini e che invidiavo pure. E il coraggio di esprimerla, pure...era convinto di se stesso e della sua arte, e l'ha difesa fino all'ultimo, compiendo la sua missione di essere umano su questa terra.

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  6. Ho questo libro nella lista dei desideri da tanto tempo...ma alla fine non riesco mai a leggerlo!
    Con il tuo post mi hai definitivamente convinta :-)
    Di Irving Stone avevo letto anni fa "Il tesoro greco" davvero splendido.

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    1. Il tesoro greco, il libro sulla vita di Schliemann, vero? Brava, che me l'hai ricordato. Dopo Il tormento e l'estasi, avrei voluto leggere quello, ma duemila altri libri si sono messi in mezzo. :-) Ora lo inserisco nella lista dei desideri.
      Per quanto riguarda Il tormento e l'estasi, sembra essere fuori catalogo attualmente, ma essendo anche tu senza dubbio una lettrice che non si arrende di fronte a questi risibili ostacoli, mi sento di consigliarti di rivolgerti soprattutto a librerie remainders, mercatini, o librerie dell'usato. E magari e-bay...buona caccia! Sono sicura che lo amerai molto.

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