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lunedì 28 agosto 2017

Dialoghi con l'Amanita#35 - La lunga estate calda dell'Amanita

LoreGasp e L'Amanita

A prescindere dalla latitanza e dal titolo sono ancora nella valle di lacrime. Anzi, quest’anno è bene parlare di valle di sudore.

Prima parentesi: io non sud(av)o. Mai. Uno studio serio e scientifico, convalidato da prove empiriche, dimostrò anni fa che per vedere la mia fronte leggermente lucida dovevo trovarmi in Sardegna con almeno 40 gradi all’ombra (non ricordo l’anno, ma ricordo che l’aeroporto di Elmas chiuse per “liquefazione dell’asfalto delle piste”). Dubito che abbiamo raggiunto i fatidici quaranta gradi, ma un buon (si fa per dire) 80% di umidità africana (e scusate l’inciso velenoso: ma l’Africa ha scelto l’Europa come pattumiera?) ha decisamente pesato sul becero processo di liquefazione sul divano.
Dicevo. La valle di sudore non ha comunque sconfitto la furia: libri poco impegnativi, ovviamente, ma parecchi. Alcuni anche già letti.

Qualche titolo: La libreria degli amori impossibili (ma! qualcosa mi è rimasto indigesto, devo rileggerlo per capire; forse la protagonista…); un Poirot e due Miss Marple (i classici non deludono mai); Cari mostri di Stefano Benni (delusione: mi aspettavo di più da un autore di cui mi hanno parlato con entusiasmo); La casa delle foglie rosse (grazie, M! L’ho letto solo perché prestato, invece il giallo di Paullina Simons è una bella sorpresa, un’ottima compagnia con finale davvero soddisfacente); un tuffo ed una lunga nuotata ne Il Signore degli anelli, libro e dvd… devo aprire un’altra lunga digressione, ogni volta scopro qualcosa di nuovo! Frodo mi ha insegnato alcune cose riguardanti la convivenza col male. Ho sempre mal tollerato la sua défaillance di fronte alla voragine del Monte Fato: caspita, almeno nei libri l’eroe senza macchia “ci può stare”. Ma nella vita il male c’è. Nella vita puoi non scegliere il male, ma trovartici. Come Frodo, appunto, che si salva solo perché qualcun altro è più malvagio e “perso”. Dopo diciassette anni di malattia mi consola leggere che c’è salvezza anche per chi è, suo malgrado, ferito così profondamente dal male.

E ancora: Il piccolo negozio di fiori in riva al mare (simpatico); La signora dei cimiteri (harmony con furore, sì, ma – strano, eh – mi interessavano i fantasmi). E la grande scoperta degli ultimi tempi: Alice Basso con Non ditelo allo scrittore, ovvero le peripezie di una “scrittrice fantasma” (ricevuto appena uscito, sto consumando il libro: l’avrò letto almeno cinque volte).

Di solito non seguo le novità, ma la Basso mi fa sganasciare… sì, l’immagine di una massa tremolante che sghignazza sul divano è da nausea, abbiate pazienza.

lunedì 19 ottobre 2015

Il Signore degli Anelli - L'infografica



LoreGasp

Quando l’oggetto della conversazione è il Signore degli Anelli, in qualunque forma, io DEVO comparire. 

E’ un imperativo categorico, e chi mi conosce ormai si annoia al solo ascoltare la parola “Signore”, pronunciata già con l’iniziale maiuscola, 
conoscendo già come va a terminare l’espressione.

Il team di creativi di questa società, Stampaprint, che si occupa di stampa e grafica pubblicitaria, ha pensato bene di festeggiare l’anniversario dell'uscita dell'ultimo volume dell’opera (20 ottobre 1955) con un'infografica. 

Come potete vedere qui accanto, l'immagine contiene una serie di dati e curiosità riguardanti il Signore. 

Ammetto che alcune di queste notizie mi era completamente sconosciuta.


E’ un pretesto per parlare sempre e comunque de Il Signore degli Anelli? Sì, ormai lo sapete anche voi. Se, come immagino, amate anche solo un pochino questa magnifica creatura di carta, penserete solo a godervi questa veloce infografica.

lunedì 31 agosto 2015

Dialoghi con l'Amanita#5 - Assenze e pensieri (confusi, tanto per cambiare...)

LoreGasp e L'Amanita

Samvise Gamgee, Maren Jeskanen
Andate in pace! Non dirò: "Non piangete", perché non tutte le lacrime sono un male. 
Gandalf

Piccola premessa: non vado in vacanza, ma sono in ferie e nel periodo dedicato al riposo spesso la sera guardo un film. Da "La sposa cadavere" a "Cats", passando per "Bella e la Bestia" (sì, ho un debole per il vecchiume e il musical). 
Mentre rileggevo il "tomone" (1500 pagine!) della saga di Terramare, ho avuto bisogno di riprendere la trilogia del SdA - forse perché Loredana ha pensato bene di ripassarlo e ci scambiamo impressioni. 
Leggere i due libri contemporaneamente è al di là delle mie capacità; ho risolto in modo alternativo: libro di giorno, film la sera. 
Chiarisco subito: ho apprezzato la lettura della Le Guin e sicuramente rileggerò la saga. Il libro tiene buona compagnia,   è un acquisto che non finisce nel "pacco degli scambi".
Ho imparato ad apprezzare Ged il mago, Tenar è una gran donna e c'è la solita vecchia storia del potere al maschile: solo gli uomini possono essere re e maghi PRRRRRRRRRRRRRRRRR (scusatemi, ma non riesco a trattenermi)?

Dicevo. Tenar non è l'unico bel personaggio femminile. Ci sono principesse, draghi che si trasformano in fanciulle, streghe più o meno affidabili. 
Ma, ancora una volta, è il Signore degli Anelli - stavolta in tandem con Loredana - a coinvolgermi e rispondermi.
Leggevo il libro, scrivevo il post, guardavo i film dell'altra saga e commentavo assieme a lei. Sto sghignazzando: poi mi lagno se "tiro fuori" post sconclusionati!  
Meditavamo su Frodo e Gollum, portatori dell'anello. Sui grandi eroi e i piccoli hobbit, Sam in modo particolare.
Conoscere il bene e il male. 
Alla fine Frodo cede, irretito dal Tesssoro; si salva grazie a Gollum. Gollum che, ormai, non è più recuperabile... ma  distrugge l'anello. 
Il male annienta se stesso.
Qual è il nesso?

Le due saghe hanno temi e "personaggi"  in comune, ma ho finito in modi diversi.
Finito di leggere, ho imprecato un pochino: comincia a diventare difficile trovare lo spazio nei mei scaffali e Terramare è decisamente voluminoso.
Quando Sam solleva Frodo ("Then let us be rid of it... once and for all! Come on, Mr. Frodo. I can't carry it for you... but I can carry you!") devo togliere gli occhiali: comincio a piangere e vado avanti anche dopo aver messo via il DVD. Non parliamo del libro: rischio sempre di allagare l'ultima parte. 
Terramare è un passatempo piacevole, ma Il Signore degli Anelli entra in risonanza e tocca corde molto sensibili.
Ed ecco a voi: l'assenza! Non ho pianto alla fine della saga di Terramare. Per quanto fornisca parecchi spunti di riflessione, è come un'orchestra eccellente che suona musica di un compositore moderno... ma io ho un'anima barocca.
Il Signore degli Anelli, pur essendo in prosa, ha la struttura degli antichi poemi (è uno dei motivi per cui ho faticato ad "entrarci": non amo la poesia).

Lacrime a parte, ultimamente  i nostri conciliaboli riguardano Sam. La sua forza, ricca di speranza, porta Frodo fino al Monte Fato. Qua Frodo, sfinito e corroso, "si perde".
La prima volta che vidi il film - e poi lessi il libro - pensai: voglio bene a Frodo, ma non riesco a "digerire" il cedimento finale; caspita, è un libro, almeno lì abbi la forza di resistere. Ma - come Loredana mi ha giustamente risposto - il male chiama il male fino ad autodistruggersi. 
Così siamo d'accordo: Sam è un gran bel personaggio. 
Amo molto anche il "piccolo" Pipino: è il più giovane, è il ragazzo che diventa uomo davanti ai nostri occhi. Commette fesserie ed errori pericolosi, ma grazie a quello che impara fra "i grandi" riesce a ripulire la Contea assieme a Sam e Merry.

Ma ora rilancio, Loredana. Una volta ti piaceva molto Tom Bombadil (non c'è nel film) e Treebeard (Barbalbero) non ti diceva granché; io amo Treebeard: finalmente la natura seviziata dall'uomo fa sentire la sua voce potente. Saruman il "saggio" avrebbe dovuto essere custode... ma la sua mente è fatta di ingranaggi, come una macchina distruttrice e Barbalbero guida contro Isengard "l'ultima marcia degli Ent". 
Che mi dici di Barbalbero? 

...ed eccomi. Si parla de Il Signore degli Anelli, e io ricompaio. Sono ferma ancora alle Miniere di Moria, o meglio, alle sue porte. Qualcosa mi trattiene fuori, e io so benissimo di dover dire "Amici" ed entrare. Risolverò il problema quanto prima. Mi riallaccio al discorso di Frodo e Sam. Devo dire che, negli anni passati, questi due personaggi erano quelli che amavo di meno, in un certo senso. Frodo mi sembrava...troppo, da sopportare. Troppo lamentoso. Troppo debole con Gollum. Troppo esposto. Troppo "incapace" di essere uomo (oppure Hobbit). E va bene che l'Unico era una seccatura in edizione Deluxe, ma reagire con un po' di forza in più?

Il senso di missione di Sam Gamgee
Sam mi sembrava funzionale solo nel suo rapporto con Frodo: l'amico fedelissimo, fino in fondo, fissato con gli Elfi, e basta. Nelle ultime due letture, la tredicesima e la quattordicesima, quella attuale, è venuto fuori con prepotenza. Il suo senso di descrizione delle cose e delle persone, per esempio. E il senso di missione, che si vede bene in questa citazione fotografata dal libro. Sono parole semplici, che ciascuno di noi potrebbe dire, per spiegare cose che sono troppo al di fuori e troppo grandi rispetto a noi. E per la forza d'animo che tira fuori nel momento più buio di tutti, quando Frodo è fuori uso, prima ancora del Monte Fato. E' agli sgoccioli, quasi divorato dall'Anello, mezzo ucciso dalla mostruosa Shelob. L'unico che può reagire è Sam, e lo fa.

Ma nemmeno lui può sostituirsi a Frodo, anche se trova il modo di sostituirsi ad un intero esercito di cavalleria porta-salvezza, seminando sgomento e parecchia preoccupazione tra i nervosi Orchetti in casa loro, a Mordor. Il Male ha un certo senso dell'ironia...sceglie proprio uno dei suoi araldi, per annientarsi da solo, con l'invasato Gollum.

Dicevi di Tom Bombadil e Barbalbero. Anche questi sono due personaggi cui non ho reso completamente giustizia. Il primo è...un dio sfuggente. Svampito all'apparenza, preoccupato solo di cantare ed esternare gioia. Potentissimo e parecchio tempista, in pratica. Con lui, gli Spettri dei Tumuli non reggono. E' la dissimulazione del Bene. Mentre il Male ama mostrarsi nella potenza dei suoi eserciti oscuri, il Bene si nasconde nei boschi e nelle creature di luce, apparentemente semplici. Quando è necessario raddrizzare una situazione che scivola nel buio e nell'angoscia, però, questo vestitino leggero sparisce, e la Luce arriva inarrestabile, con Bombadil che salta e canta, senza fermarsi, per far arretrare e annientare il Buio.

Lo stesso si può dire di Barbalbero e degli Ent. Custodi semplici e disadorni di forze primordiali come quelle della Natura, che una volta offese rivelano tutta la loro potenza. Non è facile farlo, senza lasciarsi cogliere dall'autocompiacimento per la propria forza...e forse è questo uno dei motivi che spinge gli schieramenti positivi del libro a nascondersi dietro facciate dimesse. Nel film, Barbalbero urla contro Saruman, accusandolo di essere venuto meno al suo ruolo di custode della Natura, ed è stato un momento che mi è piaciuto particolarmente, e che ha segnato la rivalutazione di questo personaggio. Quando ci arriverò, vedremo cosa salterà ancora fuori...



mercoledì 28 agosto 2013

Il Signore degli Anelli – Il lato dolceamaro della trasformazione

Ed ecco finito Il Signore degli Anelli. Nel mezzo sono passati altri libri, una vacanza intera, e tanti pensieri che attendono disordinati di essere messi su carta. È stata un’emozione arrivare alla battuta finale di Sam Gangee “Sono tornato”. Un groppo in gola che non pensavo si sarebbe verificato di nuovo. Cosa mi ha lasciato questa ennesima rilettura de Il Signore degli Anelli? Una consapevolezza maggiore di quanti  livelli la compongano. Da una parte ci sono i grandi personaggi, come Gandalf, Aragorn, la Dama Galadriel, Elrond, i Signori del Mark e i Sovrintendenti di Gondor. Assomigliano alle figure bidimensionali protagoniste delle grandi epopee e dei carmi eddici del passato letterario scandinavo e anglosassone, tanto caro a Tolkien. Tra di loro non avrebbe sfigurato Sigurdhr, l’alter ego norreno di Sigfrido, Beowulf e il suo orrido antagonista Grendel, con il loro coraggio ultraterreno, la volontà di combattere e di coprirsi di gloria affrontando sfide impossibili. Sono grandi figure, ammantate di potere anche quando vestono di stracci, hanno spade forgiate da elfi antichi, fabbri sconosciuti ma immensamente savi. Le loro parole sono sempre importanti, gravi, vedono lontano, sanno prendere decisioni gravi, e quando sbagliano, ammettono le loro responsabilità con serietà. Sono affascinanti, ma…sono figure. Spesso è il loro ruolo che parla e cammina, e la loro umanità viene in secondo piano. Il ritmo cambia decisamente quando abbassiamo lo sguardo sugli Hobbit. Sono loro la vera chiave della vicenda. Sono loro che si trasformano, crescono, cambiano e diventano forti, in grado di resistere agli orrori e di difendersi da soli. Al pari degli anelli, battuti dai fabbri per essere forgiati e infusi di poteri immensi, gli Hobbit sono quelli che passano le prove più dure per diventare esseri umani (oppure Hobbit, visto che ci siamo) a tutto tondo. I re rimangono re, anche se vestiti di stracci, mentre i piccoli Hobbit, da creature dedite alle passeggiate e alle grandi convivialità, crescono e si trasformano in persone capaci di prendere in mano le situazioni e trasformarle. Il senso di tristezza introdotto dalle parole di Gandalf, per cui tutto sarebbe cambiato e niente sarebbe rimasto uguale a prima, dopo la sconfitta di Sauron, si ritrova soprattutto nelle vicende dei piccoli.

venerdì 2 agosto 2013

Gli Archetipi - Un ottimo modo per conoscerli

Un post velocissimo sugli Archetipi, di cui ho parlato qualche giorno fa, a proposito de Il Signore degli Anelli.
In Rete, e più precisamente nel Blog di Visione Alchemica, ho trovato un lungo ed esauriente articolo su cosa sono gli Archetipi, da dove derivano.
Cito solo la definizione che ne hanno dato Socrate e Platone, considerandoli i mattoni dell'universo, su cui costruire la vita umana.
Seguite il link, tuffatevi all'origine di tutto:

domenica 28 luglio 2013

Il Signore degli Anelli – Dopo tanto tempo...

...ed eccolo arrivato, finalmente. Il libro di cui ho parlato in lungo e in largo per tutta la Rete. Quello che ho letto per dodici estati consecutive, da giovanetta, e che ho deciso di riprendere, in questa, la tredicesima che cade nell’anno 2013. M’intendessi di numerologia, sarebbe interessante capire se c’è un significato dietro, o un simbolismo che al momento mi sfugge. Probabilmente potrebbe dirmi qualcosa di più colui che si è occupato di scrivere la prefazione all’edizione italiana della Rusconi, del 1980, ritratta in foto. Sto parlando di Elémire Zolla, un uomo rinascimentale nel pieno del XIX secolo. Torinese di nascita, origini cosmopolite da padre italiano, madre inglese, conoscitore esperto di tre lingue dalla più giovane età, e padrone di altrettante, vive e morte, da studente, studioso brillante, in molti campi. C’era forse qualcuno più adatto di lui per introdurre Il Signore degli Anelli? Non mi vengono nomi alternativi, in questo momento. Parlare di questo libro non è banale, senza scadere nella semplice adorazione cieca e acritica, o nel racconto entusiastico della sua trama, ormai molto nota. Fior di critici, a tutte le latitudini, hanno esaminato, rovesciato, sviscerato, compilato tonnellate di pagine sui significati nascosti, sui simboli, sulle lingue usate e inventate, sui personaggi, sui legami con la tradizione letteraria antica anglosassone o meglio, norrena.  E altrettanti fior di fans hanno fatto sentire la loro parola quando si è trattato di contribuire alla sceneggiatura del film di Peter Jackson. Un giro in Rete, o anche solo in Facebook, permette di scoprire blog interamente dedicati alle edizioni dei libri di Tolkien, oppure foto di Porte di Moria tatuate su gambe e braccia umane, fedelissime all’illustrazione originale. E io? Io mi accosto in silenzio a quest’opera, mi siedo ad ascoltare la voce da cantastorie di Tolkien che narra della guerra più antica e moderna di tutte, quella tra Bene e Male, e sorrido, piango, mi irrito, mi stupisco, mi spavento, mi annoio, mi agito ansiosa, protesto, sbuffo, rido, attendo, man mano che i personaggi vivono e agiscono. Come ho fatto ogni volta. No, qui la memoria labile non c’entra, e nemmeno l’ottusità: in fondo, le vicende narrate sono sempre quelle, da 58 anni a questa parte, e non abitando a Hogwarts, non posso aspettarmi che nottetempo cambi qualcosa in quelle pagine! Tolkien opera una bizzarra forma di magia. I suoi personaggi sono fuori dal tempo, sono completamente inventati, parlano lingue assurde, vivono una quantità spropositata di anni, compongono poesie ad ogni pié sospinto, indossano abiti dalle proprietà magiche, usano  asce, archi, spade, si destreggiano tra alberi parlanti, parlano tra sé e sé come matti, sono bamboline di carta, che si possono rivestire di corazze magiche, o di abiti da cerimonia, a seconda dell’occasione. Eppure sono nostri. Sotto quelle figurine di carta dai nomi così estranei, battono i nostri cuori, con le stesse esitazioni, grandezze e meschinerie che ci contraddistinguono nella nostra vita a tre dimensioni, nelle nostre case e nei nostri luoghi di lavoro, che non assomigliano fisicamente a lande desolate, fortezze arroccate o montagne senzienti, ma che talvolta possono rivelarsi isole di felicità come il reame di Lorien, o covi di Orchetti come le Miniere di Moria. Con tanto di Balrog che ci fa inciampare nell’abisso con lui.  Ho parlato prima di Elémire Zolla, andando apparentemente fuori tema, proprio perché, leggendo finalmente  la sua prefazione, bellamente ignorata per dodici volte, ho trovato una spiegazione accurata e molto più chiara dei miei vaneggiamenti da caldo, sul significato più sotterraneo dell’opera di Tolkien:

Qualcuno, a sentir parlare della creazione di una nuova epopea cavalleresca, ha scosso la mano dicendo che preferiva leggersi epopee antiche vere. Obiezione encomiabile, se Tolkien non avesse scritto appunto qualcosa di uguale alle epopee antiche, di altrettanto vero. Infatti ci vuol poco a sentire che egli sta parlando di ciò che tutti affrontiamo quotidianamente negli spazi immutevoli che dividono la decisione dal gesto, il dubbio dalla risoluzione, la tentazione dalla caduta o dalla salvezza. Spazi, paesaggi uguali nei millenni, ma da lui riscoperti in occasioni prossime a quelle che noi stessi abbiamo conosciuto. Sull’elsa delle spade immemoriali dura ancora il calore di un pugno, sull’erba immutevole è passata un’orma da poco, e quella presenza così prossima potrebbe essere la sua o la nostra. Non a caso The Lord of the Rings è diventato così popolare, i bambini vi si ambientano subito e i dotti godono tanto a decifrarlo quanto a restare giocati da certi suoi enigmi puramente esornativi. Si rimane stretti in una maglia ben tessuta, fatta  dei nostri stessi tremiti, inconfessati sospetti, sospiri più intimi a noi di noi stessi. Perché opera di così impalpabili forze, The Lord of the Rings si divulgò smisuratamente, senza bisogno di persuasioni o di avalli, perché parlava per simboli e figure di un mondo perenne oltre che arcaico, dunque più presente a noi del presente.” (J.R.R.Tolkien, Il Signore degli anelli, Rusconi, pag. 8)

Archetipi. E’ una parola chiave nell’opera di Zolla (che studiò e scrisse anche sui Tarocchi), e qui fa capolino, anche se non citata. Ci appartengono talmente, tuttavia, che quando qualcosa va a sfiorarli, immediatamente ne siamo catturati.

sabato 22 giugno 2013

Inizia l'Estate Tolkeniana

Non poteva mancare, tra le mie ossessioni furiose. Ci penso da quando ho aperto il blog, un anno fa. John Ronald Reuel Tolkien. E il suo Il Signore degli Anelli, naturalmente. Penso di aver già detto in un altro post come ho conosciuto prima il libro, sentendomelo raccontare da bambina da una supplente particolarmente in gamba e creativa, che aveva azzeccato un buon metodo per tenere a bada e soggiogati una schiera di bambini a lei sconosciuti, al di sotto dei dieci anni, senza ricorrere a minacce o a violenze. Quando riuscii a mettere le mani sul libro, qualche anno dopo, era estate e la scuola stava finendo. Lo lessi e lo rilessi. E anche l'estate dopo. E quella ancora dopo. Credo che fosse il mio rito personale per sancire l'inizio dell'estate, che durò almeno dieci anni o poco più. Forse fu l'Università a interrompere la tradizione, e tutte le altre esigenze che si sono presentate, distogliendomi dal mio librone, che era sempre lì ad aspettarmi. 

Quest'anno, complice Marzia e la sua richiesta di portare a termine la lettura de Il Signore degli Anelli, che non la convinceva troppo, da diversi anni, ho ripensato al mio rito personale e mi sono chiesta: perché non riprenderlo? Ed essendoci anche il blog, ho l'occasione per parlare di un autore che per me è stato importante, al punto da dedicargli una pagina tutta per lui. E con questo post, scritto a due voci con Marzia, dichiaro ufficialmente aperta l'Estate Tolkeniana. ^___^

La parola a Marzia...

Le manie di una lettrice furiosa

Tempo fa, nel post dedicato al Salone del Libro, dichiarai ufficialmente:
la mia annosa controversia con Il Signore degli Anelli è risolutivamente conclusa; ho portato a casa il volume unico, un bel “tomone ciccio” di cui ho già notato una revisione nella traduzione.
Il libro di Loredana è qua sul mio scaffale da qualche mese ormai.
E non per la prima volta: io e Loredana scherzavamo sul fatto che il suo libro si sarebbe sentito a suo agio fra i miei, ormai conosce bene me ed i miei scaffali.
Adesso è ora di restituirlo.
Buffo: mi sento a disagio.
Possibile? Siamo abituate a scambiarci i libri, perché stavolta provo questa sensazione strana? Di abbandono?
Insomma, ho la mia copia dove il famoso “coniglio al ragù” di Sam, che turbava i miei sonni, è diventato uno stufato di coniglio!
Sì, turbava i miei sonni: sono ferrarese da parte di padre, il ragù è nel nostro DNA assieme alla pasta all’uovo, le lasagne, i tortellini, i “cappellacci” (tortelloni di zucca), il salame all’aglio, la salama da sugo ed il panpepato di Natale… insomma, cosa c’entra il ragù col coniglio? Si usa la carne del coniglio per fare il ragù? O tanto per non farsi mancare nulla, gli Hobbit condiscono riccamente anche il coniglio, alla faccia del colesterolo?
Per non parlare del burro che è nominato spesso, assieme alle grasse abitudini alimentari di Sam &C…
O i misteriosi “Rifugi Oscuri” che nella mia copia diventano i “Porti Grigi”.
Sto guardando il librone “vissuto” di Loredana.
Ricordo che gliel’ho chiesto (ancora) in prestito per superare un momento difficile.
Ero talmente “storta” che avevo bisogno di qualcosa che impegnasse ed assorbisse tutta la mia attenzione. Che mi distogliesse dai crampi e facesse dimenticare che le gambe cedevano più del solito.
Ha assolto pienamente, tenendomi incollata al divano anche per leggerlo.
Ecco perché ora provo una certa nostalgia proprio per quel libro.
Quel volume – proprio “lui” – mi ha regalato molto.
Mi piace anche il mio, con la sua copertina scura e sobria. Ma saluto con gratitudine un amico.

Sembro una maniaca?

Sono una lettrice furiosa! 

martedì 5 marzo 2013

…continuiamo con Il Signore degli Anelli…


Per quanto mi riguarda, non potevo considerare un altro esempio di trasposizione cinematografica, piuttosto “ingombrante”. Non tanto per il numero dei film, solo tre, ma per la fama e l’importanza del libro, Il Signore degli Anelli di J.R.R.Tolkien. Inizio subito a dichiarare che sono molto di parte. E’ uno dei libri che mi hanno impressionato prima e più a fondo di qualunque altro abbia potuto leggere. Un giorno, se troverò coraggio a sufficienza di misurarmi con la tradizione, gli dedicherò un’intera sezione. Era un appuntamento obbligato delle mie estati di ragazzina, per circa sei-sette anni. Finita la scuola, inauguravo le vacanze con Il Signore degli Anelli. La trasposizione cinematografica più famosa è quella del neozelandese Peter Jackson, negli anni 2000 – 2003. E’ probabile che ce ne siano state di precedenti, ma non sono riuscita a rintracciarle. Quando è uscito il primo film, la mia prima reazione è stata: “ah ah, adesso voglio proprio vedere”.  Non si affronta così impunemente un librone pieno come questo, voglio vedere cosa dimentica. Non sono andata al cinema, ma appena ho potuto ho preso la trilogia in VHS per gustarmela con calma a casa.  Mi sono disinteressata grandemente della critica al film perché volevo guardarlo e sentirlo con la mia sensibilità viziata di lettrice fanatica (anche) di Tolkien. E il risultato è stato che la sensazione di vuoto e di mancanza che percepivo nei film Harry Potter, qui si è fatta sentire molto poco. Ho amato tutti i personaggi, anche quelli che avevano facce completamente diverse da come le avevo immaginate: Orlando Bloom con le orecchie a punta e i capelli fluenti, per quanto mi rendesse un pochino perplessa, era convincente.
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