Non è il significato della parola Aleph, enigma. Secondo l’imprescindibile
Wikipedia, Aleph sarebbe la
prima lettera dell’alfabeto ebraico, e di quello fenicio. Secondo OmraamMikhael Aivanhov, “La
lettera ebraica "Aleph" è uno dei migliori simboli
dell'atteggiamento interiore che l'uomo deve assumere per regolare
correttamente la questione del prendere e del dare.
"Aleph" rappresenta l'uomo che è riuscito a realizzare il collegamento fra Cielo e terra, al fine di ricevere dal Cielo per dare alla terra. Infatti, perché prendere agli uomini, quei poveretti che non possiedono quasi nulla? E' dal Cielo, infinitamente ricco, che dovete attingere per dare agli esseri umani. La lettera "Aleph" ci insegna che il nostro compito è diventare un tramite fra Cielo e terra. Considerate la lettera "Aleph" come il massimo ideale da raggiungere. Essa dev'essere un richiamo continuo in ogni vostra azione: ricevere benedizioni dal Cielo per riversarle sulla terra.” (Pensieri quotidiani, Omraam Mikhael Aivanhov) E sono alcune delle definizioni che si potrebbero dare di questo termine: queste sono quelle che mi hanno colpito maggiormente. Con queste nozioni in mente, e spinta da un caloroso e ripetuto invito a leggerlo, ho acquistato e finito al volo il libro di Paulo Coelho. Premetto che per me, Paulo Coelho non è mai stato un autore facile da approcciare; inspiegabilmente, tendo a girargli al largo. Di lui lessi diversi anni fa L’Alchimista, Veronika decide di morire e Undici minuti. Tutti e tre furono ampiamente graditi, lasciando però un fondo di mistero e di perplessità che ancora non riesco a risolvere, a distanza di anni. E’ lo stesso fondo di mistero che ho ritrovato in Aleph, un muro di nebbia che mi impedisce di afferrare completamente il messaggio al di sotto. E’ anche vero che Coelho non affronta mai temi leggeri leggeri...è un uomo fortemente spirituale e altrettanto fortemente radicato nel mondo, seguace di una Tradizione in cui è guidato un misteriosissimo J., dotato di un’apertura umana verso l’alto e i suoi simili non comune. E’ uno degli autori più noti in campo mondiale, uno dei più letti e tradotti. Ci aspettiamo qualcosa tipo Twilight, da qualcuno di questa caratura? Per quanto non lo sembri a prima vista, non è un giudizio a scapito di nessuno: semplicemente, Coelho è spinto alla scrittura da pulsioni diverse da quelle di Stephenie Meyer, con un pubblico e risultati diversi. In questo romanzo del 2006, l’autore rivela un pezzo di sé piuttosto scomodo. E’ in preda ad una crisi di fede, si sente avvelenato e colpito da un immobilismo che lo tiene lontano dall’Energia universale. L’unica soluzione che gli balena davanti agli occhi è quella di viaggiare: di punto in bianco, facendo sospettare al suo agente letterario di essere preda di un attacco di follia acuta e totale, Coelho organizza un percorso lungo la Transiberiana, per incontrare i propri fans ed entrare in contatto con le persone, con le loro vite. Come primo effetto della sua decisione, viene subito avvicinato da una giovane violinista turca di eccezionale talento, Hilal, che insiste nell’accompagnarlo nel suo viaggio e nel voler condividere tutto il suo spazio.
Non è una fan
esagitata, questa ragazza dal modo di fare irritante e polemico, che riesce ad
attirarsi l’insofferenza di tante persone del seguito dello scrittore. È una
giovane donna con un passato di violenza, alla ricerca dei tasselli per
ricomporlo, e del modo di liberarsi di un odio spossante verso gli uomini e l’umanità,
che la porta ad aggredire e a essere invadente, per colmare il suo squilibrio
interiore. Inoltre, non ha alcuna remora a dichiarare il suo amore eterno a
Coelho, e a promettergli il suo aiuto e la sua vicinanza nella sua ricerca,
così come lui è in un certo senso “obbligato” a fare con lei. Chiunque altro
avrebbe semplicemente sorriso e chiesto a qualcuno del suo seguito di
contattare l’ospedale psichiatrico più vicino per sbarazzarsene. Siamo in
Russia, per cui il provvedimento potrebbe risultare definitivo e poco
piacevole. Non Coelho, che è abituato a guardare oltre le apparenze e capisce
che il legame con Hilal arriva da molto lontano nel tempo, sperimentandolo
soprattutto nell’Aleph, che nel libro, diventa “il punto che contiene tutti i punti, il luogo nel quale si trovano
senza confondersi tutti i luoghi della terra, visti da ogni angolazione”.
(Paulo Coelho, Aleph, Ed. Bompiani, pag. 83) E’ il punto in cui Coelho torna
indietro nel tempo “a vedere” le origini di quel legame forte e sanguinolento
con Hilal, di quell’amore che sente anche lui per questa ragazza fragile e
lottatrice, impaurita e piena di sentimenti che gli procura emozioni e
accadimenti contrastanti. Non mi addentro ulteriormente nel racconto del
viaggio, che deve essere letto, ciascuno con le proprie lenti. Non posso farlo
perché toglierei moltissimo del valore e del mistero di questo libro, così
aperto e così chiuso nello stesso tempo. Coelho non risparmia le descrizioni
dei propri moti d’animo, e nemmeno quelli di Hilal. Sembra tutto così chiaro e
ben spiegato. All’inizio, mi sembrava di specchiarmi nelle pagine del libro:
alcuni dei termini che uso, alcune delle sensazioni di crisi sperimentate,
persino alcune date, arrivavano dritte dritte dai miei pensieri, dalle mie
labbra. Coelho mi stava facendo vedere come reagire, una soluzione da attuare ORA, che è per me il momento giusto. Mi
stava parlando, sorridente. Ad un tratto però, è calato il gelo. Quando s’inoltra
nel suo passato, alla ricerca dell’origine del dolore che intride il legame con
Hilal, io ho preso di colpo le distanze. Oppure è lui, che pur mostrandomi gli
eventi, lo ha fatto spingendomi lontano. Ho finito il libro, seguendo passo
dopo passo lo snodarsi dei sentimenti d’amore e di perdono, come se fossi da
una finestra. Non indifferente, ma obiettiva come se stessi esaminando
scientificamente lo svolgersi di qualche fenomeno naturale, senza però arrivare
davvero fino alla fine. E’ sceso un silenzio “pulito”, forse con qualche
risvolto freddo, di cui con tutta probabilità sentivo molto bisogno. Ho la
sensazione che ci sia molto non detto che è passato dentro di me dalle pagine
prendendo una strada diversa dall’intelletto, forse una strada contorta, non
logica e non comoda. Lo saprò nei prossimi giorni. Non leggete Aleph se siete
alla ricerca di un libro leggero, o pensando di trovare una vicenda di pura e
semplice “reincarnazione”. Non riuscireste a finirlo, perché non è un fantasy
ricco d’azione, ma il racconto di un’anima che percorre luoghi su luoghi, ma li
filtra tutti tramite le sue credenze e le sue pulsioni. Non scegliete di
fermarvi, come hanno fatto alcuni, al giudizio superficiale su un’apparente
relazione extraconiugale di Coelho, alla ricerca di particolari sordidi, per
sorridere della “fallibilità” umana. C’è molto di più, e non è sempre chiaro e
immediato da ascoltare e capire.
"Aleph" rappresenta l'uomo che è riuscito a realizzare il collegamento fra Cielo e terra, al fine di ricevere dal Cielo per dare alla terra. Infatti, perché prendere agli uomini, quei poveretti che non possiedono quasi nulla? E' dal Cielo, infinitamente ricco, che dovete attingere per dare agli esseri umani. La lettera "Aleph" ci insegna che il nostro compito è diventare un tramite fra Cielo e terra. Considerate la lettera "Aleph" come il massimo ideale da raggiungere. Essa dev'essere un richiamo continuo in ogni vostra azione: ricevere benedizioni dal Cielo per riversarle sulla terra.” (Pensieri quotidiani, Omraam Mikhael Aivanhov) E sono alcune delle definizioni che si potrebbero dare di questo termine: queste sono quelle che mi hanno colpito maggiormente. Con queste nozioni in mente, e spinta da un caloroso e ripetuto invito a leggerlo, ho acquistato e finito al volo il libro di Paulo Coelho. Premetto che per me, Paulo Coelho non è mai stato un autore facile da approcciare; inspiegabilmente, tendo a girargli al largo. Di lui lessi diversi anni fa L’Alchimista, Veronika decide di morire e Undici minuti. Tutti e tre furono ampiamente graditi, lasciando però un fondo di mistero e di perplessità che ancora non riesco a risolvere, a distanza di anni. E’ lo stesso fondo di mistero che ho ritrovato in Aleph, un muro di nebbia che mi impedisce di afferrare completamente il messaggio al di sotto. E’ anche vero che Coelho non affronta mai temi leggeri leggeri...è un uomo fortemente spirituale e altrettanto fortemente radicato nel mondo, seguace di una Tradizione in cui è guidato un misteriosissimo J., dotato di un’apertura umana verso l’alto e i suoi simili non comune. E’ uno degli autori più noti in campo mondiale, uno dei più letti e tradotti. Ci aspettiamo qualcosa tipo Twilight, da qualcuno di questa caratura? Per quanto non lo sembri a prima vista, non è un giudizio a scapito di nessuno: semplicemente, Coelho è spinto alla scrittura da pulsioni diverse da quelle di Stephenie Meyer, con un pubblico e risultati diversi. In questo romanzo del 2006, l’autore rivela un pezzo di sé piuttosto scomodo. E’ in preda ad una crisi di fede, si sente avvelenato e colpito da un immobilismo che lo tiene lontano dall’Energia universale. L’unica soluzione che gli balena davanti agli occhi è quella di viaggiare: di punto in bianco, facendo sospettare al suo agente letterario di essere preda di un attacco di follia acuta e totale, Coelho organizza un percorso lungo la Transiberiana, per incontrare i propri fans ed entrare in contatto con le persone, con le loro vite. Come primo effetto della sua decisione, viene subito avvicinato da una giovane violinista turca di eccezionale talento, Hilal, che insiste nell’accompagnarlo nel suo viaggio e nel voler condividere tutto il suo spazio.
Lessi “L’alchimista”, “Sulle sponde del fiume Pedra ecc” e cominciai “Veronika”, ma ammetto di averlo regalato prima di finirlo.
RispondiEliminaÈ vero, se vuoi un “libro da spiaggia” non scegli Coelho. È troppo esistenziale.
Ed è vero che espone grandi verità.
Ma c’è qualcosa che mi disturba nei suoi romanzi, come un moscone che continua a ronzare…