...ed eccolo arrivato, finalmente. Il libro di cui ho
parlato in lungo e in largo per tutta la Rete. Quello che ho letto per dodici
estati consecutive, da giovanetta, e che ho deciso di riprendere, in questa, la
tredicesima che cade nell’anno 2013. M’intendessi di numerologia, sarebbe
interessante capire se c’è un significato dietro, o un simbolismo che al
momento mi sfugge. Probabilmente potrebbe dirmi qualcosa di più colui che si è
occupato di scrivere la prefazione all’edizione italiana della Rusconi, del
1980, ritratta in foto. Sto parlando di Elémire Zolla, un
uomo rinascimentale nel pieno del XIX secolo. Torinese di nascita, origini
cosmopolite da padre italiano, madre inglese, conoscitore esperto di tre lingue
dalla più giovane età, e padrone di altrettante, vive e morte, da studente,
studioso brillante, in molti campi. C’era forse qualcuno più adatto di lui per
introdurre Il Signore degli Anelli? Non mi vengono nomi alternativi, in questo
momento. Parlare di questo libro non è banale, senza scadere nella semplice
adorazione cieca e acritica, o nel racconto entusiastico della sua trama, ormai
molto nota. Fior di critici, a tutte le latitudini, hanno esaminato,
rovesciato, sviscerato, compilato tonnellate di pagine sui significati
nascosti, sui simboli, sulle lingue usate e inventate, sui personaggi, sui
legami con la tradizione letteraria antica anglosassone o meglio, norrena. E altrettanti fior di fans hanno fatto sentire
la loro parola quando si è trattato di contribuire alla sceneggiatura del film
di Peter Jackson. Un giro in Rete, o anche solo in Facebook, permette di
scoprire blog interamente dedicati alle edizioni dei libri di Tolkien, oppure foto di Porte di Moria tatuate
su gambe e braccia umane, fedelissime all’illustrazione originale. E io? Io mi
accosto in silenzio a quest’opera, mi siedo ad ascoltare la voce da cantastorie
di Tolkien che narra della guerra più antica e moderna di tutte, quella tra
Bene e Male, e sorrido, piango, mi irrito, mi stupisco, mi spavento, mi annoio,
mi agito ansiosa, protesto, sbuffo, rido, attendo, man mano che i personaggi
vivono e agiscono. Come ho fatto ogni volta. No, qui la memoria labile non c’entra,
e nemmeno l’ottusità: in fondo, le vicende narrate sono sempre quelle, da 58
anni a questa parte, e non abitando a Hogwarts, non posso aspettarmi che
nottetempo cambi qualcosa in quelle pagine! Tolkien opera una bizzarra forma di
magia. I suoi personaggi sono fuori dal tempo, sono completamente inventati,
parlano lingue assurde, vivono una quantità spropositata di anni, compongono
poesie ad ogni pié sospinto, indossano abiti dalle proprietà magiche, usano asce, archi, spade, si destreggiano tra
alberi parlanti, parlano tra sé e sé come matti, sono bamboline di carta, che
si possono rivestire di corazze magiche, o di abiti da cerimonia, a seconda
dell’occasione. Eppure sono nostri. Sotto quelle figurine di carta dai nomi
così estranei, battono i nostri cuori, con le stesse esitazioni, grandezze e
meschinerie che ci contraddistinguono nella nostra vita a tre dimensioni, nelle
nostre case e nei nostri luoghi di lavoro, che non assomigliano fisicamente a
lande desolate, fortezze arroccate o montagne senzienti, ma che talvolta
possono rivelarsi isole di felicità come il reame di Lorien, o covi di Orchetti
come le Miniere di Moria. Con tanto di Balrog che ci fa inciampare nell’abisso
con lui. Ho parlato prima di Elémire
Zolla, andando apparentemente fuori tema, proprio perché, leggendo finalmente la sua prefazione, bellamente ignorata per
dodici volte, ho trovato una spiegazione accurata e molto più chiara dei miei
vaneggiamenti da caldo, sul significato più sotterraneo dell’opera di Tolkien:
“Qualcuno, a sentir
parlare della creazione di una nuova epopea cavalleresca, ha scosso la mano dicendo
che preferiva leggersi epopee antiche vere. Obiezione encomiabile, se Tolkien
non avesse scritto appunto qualcosa di uguale alle epopee antiche, di
altrettanto vero. Infatti ci vuol poco a sentire che egli sta parlando di ciò
che tutti affrontiamo quotidianamente negli spazi immutevoli che dividono la
decisione dal gesto, il dubbio dalla risoluzione, la tentazione dalla caduta o
dalla salvezza. Spazi, paesaggi uguali nei millenni, ma da lui riscoperti in
occasioni prossime a quelle che noi stessi abbiamo conosciuto. Sull’elsa delle
spade immemoriali dura ancora il calore di un pugno, sull’erba immutevole è
passata un’orma da poco, e quella presenza così prossima potrebbe essere la sua
o la nostra. Non a caso The Lord of the Rings è diventato così popolare, i bambini vi si ambientano subito e i dotti
godono tanto a decifrarlo quanto a restare giocati da certi suoi enigmi
puramente esornativi. Si rimane stretti in una maglia ben tessuta, fatta dei nostri stessi tremiti, inconfessati
sospetti, sospiri più intimi a noi di noi stessi. Perché opera di così
impalpabili forze, The Lord of the Rings
si divulgò smisuratamente, senza bisogno di persuasioni o di avalli, perché
parlava per simboli e figure di un mondo perenne oltre che arcaico, dunque più
presente a noi del presente.” (J.R.R.Tolkien, Il Signore degli anelli,
Rusconi, pag. 8)
Ho letto anch'io fiumi di parole su Tolkien, alcune condivise, altre meno. Ma è la prima volta che mi trovo di fronte ad una persona che si approccia con umiltà e sincerità all'opera, che parla delle emozioni che la lettura le ha regalato senza sfoggiare, in modo spocchioso, un'erudita conoscenza che in molti sembra essere stata acquisita leggendo testi in aramaico antico ahimè disponibili solo per pochi eletti...
RispondiEliminaBrava!
Grazie mille! Per me è stato l'unico modo possibile di raccontare quello che significa per me questo libro...
EliminaMi ha fatto piacerissimo leggere questo tuo articolo, perché ci ho ritrovato in toto le emozioni che avevo provato anch'io (e che continuo naturalmente a provare ogni volta che lo rileggo) quando mi sono avventurato per la prima volta dalle parti di Frodo e Bilbo. Ho la tua stessa edizione, per cui so bene di cosa parli quando hai citato Zolla, e hai fatto benissimo a farlo! Io di solito non leggo le prefazioni, ma questa mi aveva proprio colpito: era un invito alla lettura molto piacevole e per niente irritante, faceva appello alla parte genuina di ogni lettore e non cadeva mai nel patetico o nel banale. Mi ricordo anche il passo che hai riportato, davvero molto molto bello. Mi ricordo anche (vado a memoria perché ora sono in vacanza!) quando scriveva di come Tolkien giustificava la sua scelta per il fantasy. Lo scrittore diceva che lui parlava di lampi e non di lampadine, perché i lampi ci sono da sempre mentre le lampadine no. Inoltre hai citato l'archetipo, e hai fatto benissimo; gli stessi archetipi che sono nei grandi poemi epici e che li fanno amare ancora oggi. Mi ricordo anche la presentazione sul retro della copertina, perfetta nella sua concisione: Tolkien ripropone, in chiave moderna, tutta la bellezza dei miti antichi. Ed è vero. Bè, che dire altro? Buona lettura, e tienici aggiornati!
RispondiEliminaAh, allora non sono l'unica che salta le prefazioni! :-D Devo averne letta qualcuna, anticamente, che non mi era piaciuta, o si era rivelata fuorviante, e da allora le ho sempre saltate. Questa volta, però, ho voluto iniziare proprio da lì e che sorpresa quando ho scoperto il nome di Zolla, al fondo dello scritto. Davvero penso che sia l'unico ad aver colto l'essenza portante del libro, e anche di quello che muoveva Tolkien a scrivere. Era uno studioso già affermato, colto, con una preparazione sconfinata, eppure ha sentito quella spinta davvero archetipa a creare. Sono molto contenta dell'esempio che hai fatto, dei lampi e delle lampadine: aveva colpito anche me. Di sicuro vi tengo aggiornati...sono arrivata alle Due Torri, e ho già qualche riflessione sulla mia visione del libro, di ieri e di oggi.
EliminaImmediatamente? Ehm! Mi ci sono voluti 30 anni e parecchi tentativi prima di riuscire ad “entrare” nel libro…
RispondiEliminaForse proprio perché mi sono fermata solo alla sua struttura di “epopea cavalleresca”. Ma quando sono riuscita ad entrarci, non voglio più uscire!
Interessante il discorso degli archetipi.
La bibbia in greco comincia proprio con la parola “arché” (chiedo scusa per la pessima trascrizione), “in principio”.
E la torinese “alternativa” in me è affascinata dalle figure degli arcani maggiori dei tarocchi.
Questo libro è davvero un universo!
A ben pensarci, ogni essere umano è un piccolo universo...
Sì, hai detto benissimo, è un universo. Ed è quello che parla direttamente a noi, quando lo leggiamo. La stessa contrapposizione tra Bene e Male, antichissima, è sempre attuale, perché ce la portiamo dentro, da quando abbiamo calcato la terra per la prima volta.
EliminaDifficile liberarsi de Il Signore degli Anelli, una volta entrati dentro...
Non so che dire,ne parli davvero bene e sembra che ti susciti davvero molte emozioni,ma a me questo non è accaduto!Forse dovrò riprovarci che dici?
RispondiEliminaPotrebbe essere un'idea, sì. Prova a rileggerlo, e ad ascoltarlo. E' anche vero che non tutti i gusti sono uguali: se non ti ha dato molte emozioni, forse non è il libro più adatto a parlarti e a coinvolgerti. A me è capitato tantissime volte, con opere per cui molte persone avevano solo parole di lode. La bellezza dei lettori è anche questa: essere sensibili a diversi libri, in modo da scambiarsi poi le emozioni che questi suscitano. E chissà, magari per imparare qualcosa di nuovo, anche su se stessi.
EliminaIl Signore degli anelli è un classico da leggere e rileggere - quasi quasi questa estate me lo rileggo ;-) he he he
RispondiEliminaSicuramente un grande fanatasy imitato negli anni da un sacco di autori .....
Tolkien è stato in grado di inventare un'universo ed un mondo tutto suo che affascina chiunque inizi a leggerlo - Bella scelta cara. Indiscutibilmente un capolavoro nel suo genere ed anche fuori ....
Sì, lui ha inventato e reinventato il fantasy. Alcuni contemporanei pubblicarono opere simili, prima e dopo di lui, ma niente di paragonabile...ho preso nota di qualche titolo interessante, nella famosa prefazione di Zolla. Chissà che non riesca a trovarli.
EliminaCi sono autori di fantasy moderni, attuali e non, che hanno scritto meravigliosamente, e penso a Marion Zimmer Bradley, al duo Weis & Hickman e i loro compagni delle Dragonlance, a George Martin (di cui conosco solo Il drago di ghiaccio, ma mi tufferò presto nel suo Trono di Spade), e lo stesso Christopher Paolini che, come atteggiamento, potrebbe essere considerato il figlio ideale di Tolkien. Anche lui ha inventato un universo e lingue completamente nuove, con uno studio da autodidatta.
Devo dire che mi ha davvero incuriosito alla sua lettura...grazie
RispondiElimina:-)
EliminaQuando lo leggerai, aspetto le tue impressioni...
Marti
RispondiEliminaci ho provato per trent'anni, ma alla fine sono riuscita a leggerlo. Poi, può anche non essere il libro che fa per te, come ha detto Loredana: c'è un mondo di libri da esplorare!
Be’, “Stella del Vespro”, tu sei un po’ di parte! Poco-poco, eh…;-)
Sì, giusto un pochino...:-D
Eliminaa me sono piacuti tantissimo i film ma so che il libro di solito è sempre più completo e più bello del film stesso,mi piacerebbe molto avere il tempo di leggerlo,e quando andrò in vacanza spero di riuscirci anche se con il bimbo non sarà facile,ma lo comprerò lo stesso,magari leggo la notte^_^bel post bravissima ^_^
RispondiEliminaE ti terrà compagnia...è piuttosto spesso, e si fa leggere con estremo piacere.
EliminaGrazie per il complimento!
"Sull’elsa delle spade immemoriali dura ancora il calore di un pugno, sull’erba immutevole è passata un’orma da poco, e quella presenza così prossima potrebbe essere la sua o la nostra."... è una delle affermazioni di critica letteraria più belle che abbia mai letto! Riassume alla perfezione il senso di un'epopea - e checché ne dicano certi critici spocchiosi e ovviamente ottusi - quella di Tolkien è un'epopea. La solennità del linguaggio dell'autore e dei suoi personaggi, gli aspetti su cui si sofferma, l'accuratezza delle genealogie, i miti che si svolgono sotto i nostri occhi e la rievocazione di episodi passati: tutto ciò si ritrova anche nell'epica antica e nei poemi cavallereschi del Quattro e Cinquecento e manifesta la stessa grandezza.
RispondiEliminaEsatto, è un'epopea. Ma per qualcuno, il termine si applica solo a quei testi scritti su pergamena, anni e anni prima che Gutenberg avesse l'idea di creare la macchina per la stampa. Ma siamo noi, a scrivere la nostra epopea, in ogni istante, in ogni luogo e in ogni tempo!
EliminaZolla è molto particolare, riesce a trovare le parole più adatte per illustrare e arrivare direttamente all'immaginazione di chi legge.
Penso che leggerò volentieri i suoi testi...tanto, non HO NULLA da leggere al momento, no? :-D
adoro questo libro, mio figlio lo ha letto tre volte e non se ne stanca mai
RispondiEliminaCome lo capisco! :-D
Eliminadavvero una gran bella introduzione, non c'è che dire. Io purtroppo, come ben sai, posseggo una copia da centro commerciale, datata post uscita primo film. Al momento sto rileggendo Lo Hobbit - e anche questo lo sai - ma il Signore degli anelli prima o poi lo riprendo.
RispondiEliminaAnche io comunque ho un libro che leggo ogni anno e rappresenta la mia unica tradizione natalizia: La freccia nera. Un'edizione rubata a una collana di libri di mio padre (collana della sua adolescenza). L'ho portato con me per caso durante un natale fuori casa e da allora DEVO leggerlo ogni anno...
Giusto, e se non ricordo male, vuoi riprenderlo anche in inglese. Ecco, quell'esperienza mi manca. Ma ora, con i prodigi dell'e-reader, potrei metter le mani su un'edizione in lingua originale (ok, tra qualche anno), così posso farti compagnia.
EliminaQuando hai finito Lo Hobbit, sarebbe bello se aggiungessi anche i tuoi commenti qui, se ti va.
La freccia nera? E' lo stesso libro da cui trassero uno sceneggiato famosissimo negli anni '60, con una Loretta Goggi quasi bambina? Ora sta venendo la curiosità anche a me di leggerlo...
Come ti capisco, sul DOVER portare avanti questo tipo di tradizioni...
il libro è proprio quello. Lo rileggo ogni anno e ogni anno è come la prima volta...
EliminaHo letto questo libro due o tre volte. Almeno due. Non sono sicuro che sia il mio Tolkien preferito, ma indubbiamente quello dal peso maggiore. Il professore ha ricostruito una mitologia moderna - moderna, perché raccontata con la lingua contemporanea, ovvero il romanzo. Se vogliamo, i meno fedeli allo spirito dell'opera sono proprio gli appartenenti alla lunga schiera degli emuli... ma questo è un'altro discorso. Sembra interessante l'introduzione della "mitica" edizione Rusconi. Di che anno è?
RispondiEliminaIo ho l'ottava edizione, del 1980, mentre la prima è del 1977.
EliminaE' probabile che l'introduzione fosse di quest'ultimo anno...purtroppo dalle parole di Zolla non riesco a capirlo, e alla fine del suo scritto non c'è data.
Vale la pena leggerla, almeno quanto vale leggere il libro, proprio perché Zolla ha compreso bene Tolkien, e sorride con lui di tutti quelli che lo denigrano perché ha scritto qualcosa che assomiglia ad un'epopea, facendo una grossa fatica per nulla.
C'è qualcosa, in questo libro, che spinge a leggerlo e a rileggerlo. Anche ora, mi sembra di essermi fatta sfuggire ancora qualcosa, nonostante tutto.