lunedì 17 ottobre 2016

Chiara Gamberale – Quattro etti d’amore, grazie. Non un libro per innamorati.

LoreGasp

L’Amanita lesse questo libro tempo fa e ne liberò alcune spore, di cui almeno la metà nel titolo. Sì, Amanita, si vedeva chiaramente dall’inizio che questo libro ti aveva provocato un’indigestione.

Cos’ha provocato a me? Sconcerto, direi. Non ripeto la sinossi del libro, che ormai conosciamo a memoria. Sappiamo che al centro ci sono due donne molto diverse, Erica e Tea, che si spiano attraverso il carrello della spesa l’una dell’altra, in un gioco di equivoci non indifferente. In sintesi, ciascuna pensa che la vita dell’altra sia più vera, entusiasmante, più felice, più piena.

Sbagliando di grosso. 

Non è uno spoiler. Anche perché non rivelerò altro della trama, che è piuttosto complicata e quasi tutta giocata sull’apparenza e sulle conclusioni errate tratte da chi guarda.

Come dicevo, questo libro mi ha sconcertato non poco. Non si può dire che non sia ben scritto, o ben costruito nel suo gioco di specchi.

Quello che mi ha disturbato è il vuoto soffocante di alcuni personaggi, che con la loro terribile paura di vivere emozioni e sentimenti, si avvitano su se stessi e sulla loro razionalità per rinchiudersi in definizioni mentali, esageratamente intellettuali e anche molto vittimistiche.

Riccardo, il talentuoso e scervellato regista marito di Erica, è quello che maggiormente incarna queste caratteristiche. Non riuscivo a sopportare il suo continuo rifugiarsi nella sua torre d’avorio, convinto di doversi proteggere da un mondo brutto e cattivo, che non vuole altro che fargli male, trascurando Tea e tutta la sua vitalità sbandata.

Perché un cieco e una sorda si sono sposati, mi dicevo, leggendo dei loro dialoghi senza senso?
Non sarebbe stato meglio mettersi per terra e creare qualcosa di concreto?

Anche l’altra coppia, Erica e Michele, mi ha procurato qualche mal di testa. Ero soprattutto sorpresa di come questa donna si fosse compressa violentemente in un ruolo che non le piace minimamente, ma che si è bevuta e infilata dentro talmente a forza, da essersi convinta di amarlo. Michele, suo marito, è una creatura bella e vuota, fatta solo di risposte automatiche. Riuscirebbe ad annoiare e ad abbassare lo stato vitale di un Dissennatore arrivato dritto dritto da Azkaban.

E’ uno di quei casi, questo libro, in cui non posso dire che mi sia piaciuto. E nemmeno che non mi sia piaciuto. A differenza di altri, come L’ubbidienza, che mi ha infastidito e nauseato, questo mi ha messo a disagio e annoiato. E non perché, ripeto, fosse scritto male. Tutt’altro. E’ il vuoto esistenziale costruito ad arte di questi personaggi che non sostengo più, e che mi sembra una scusa per farsi trascinare via dalla paura di vivere, causando così un enorme e irrecuperabile spreco di energia e spazio vitale. Passioni e sentimenti che potrebbero generare eventi e cose, irrimediabilmente silenziati, messi a cuccia, congelati, sminuiti, decapitati in nome della paura del… vuoto. Che non fa che generare altro vuoto!


Se vi tenete sulla superficie del libro, e seguite i giochi di equivoci in cui cadono le due protagoniste, riuscite a divertirvi. Non soffermatevi troppo a considerare la banalità di certe chat su Facebook in cui Erica va allegramente a impegnarsi… è così che si manifesta l’allergia per le sciocchezze, e quando ve ne accorgete, dovete correre in fretta ai ripari, magari facendo una bella chiacchierata a cuore aperto con i vostri cari, o una passeggiata in natura.

6 commenti:

  1. Trama piuttosto complicata e quasi tutta giocata sull’apparenza, già.
    Il vuoto. Una rottura di scatole infinita per un’agorafobica già nata con un primordiale senso dell’horror vacui così marcato.
    Il Dissennatore deperirebbe con tutti questi personaggi: morirebbe di noia. O forse d’inedia. Dopo le prime pagine di sfere rotanti, ho leggiucchiato qua e là fino alla fine per trarre le mie conclusioni e andare avanti con letture a me più congeniali.
    Riccardo talentuoso? Davvero? Mi devo essere distratta, per me è un vuoto a perdere.


    Ho bisogno di rileggere “lei, bella? Sarebbe come dire che la madre è un genio” ;-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Magistrale l'ultima frase, della bella e del genio. :-D :-D :-D Credo che riassuma perfettamente il libro. Applausi!

      Elimina
  2. Ringraziamo zia Jane, sempre attuale, gli applausi sono per lei!

    RispondiElimina
  3. Ho già sentito parlare bene di Chiara Gamberle - ma non ho letto nulla di suo ......
    Buona giornata e grazie del voto in Net Parade per il Rifugio che ho reso ora per il Furore ..... ;-) come al solito <3 :-) A presto

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ha un bello stile, e vale la pena leggere qualcosa di suo per l'energia che ci mette, nello scrivere.
      Grazie per il voto!

      Elimina

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...