Nel 2011, una
giovane laureata in letteratura inglese a Cambridge, Ann Morgan, si rende conto
che, pur avendo un atteggiamento cosmopolita, da cittadina del mondo, non aveva
letto molti libri provenienti dagli altri paesi. La maggioranza delle opere nei
suoi scaffali era di provenienza britannica. Per questo motivo, decide di
colmare la lacuna e di leggere i libri degli altri paesi del mondo. Ecco che
prende corpo la sfida: per un anno, avrebbe letto le opere di 196 nazioni, ad
un ritmo di quattro-cinque libri, facendosi consigliare, nell’impresa, dai
lettori autoctoni. Dopo uno svariato numero di email, mandate in giro per la
rete, Ann porta avanti la sfida, creando un blog apposito: A year of reading the world, in
cui racconta dei suoi progressi. Una casa editrice, la Harvill Secker,
pubblicherà il libro ricavato dall’esperienza, Reading the World: Postcards
from my Bookshelf nel 2015. Se volete
leggere l’intero articolo, ecco illink.
Oltre a trovare molto, molto interessante la sfida, ho dato un’occhiata
anche alla lista dei libriletti: ero curiosa di vedere quali le erano stati consigliati dall’Italia,
oltre che prendere spunto per altri titoli. Il primo è Gomorra, di Saviano, di
cui parla qui.
Gli altri titoli sono: Leonardo Sciascia, Il giorno della civetta ( The Day of
the Owl), Fabio Geda, Nel mare
ci sono i coccodrilli, (In the Sea there are Crocodiles), Elena Ferrante,
La figlia oscura (The Lost Daughter), Antonio Tabucchi, Sostiene
Pereira, (Pereira Maintains ), Diego Marani, Nuova grammatica
finlandese (New Finnish Grammar ). Mi ha fatto un certo
effetto vedere tradotti in inglese i titoli italiani, quasi come se fosse una
cosa “innaturale”...:-) Conosco pochi titoli, e di altri ho letto con piacere
qualche accenno di trama in Rete: sono tutti interessanti e “attraenti”.
Altrettanto interessante è vedere che all’inizio della lista ci sono due libri
che trattano di camorra e mafia...potevamo non aspettarcelo? A volte penso che non
riusciremo mai far passare queste macchie dal nostro corpo, come le macchie di
sangue sulle mani di Lady Macbeth. Tuttavia, l’opinione che Ann Morgan scrive
di Gomorra è equilibrata, e si concentra soprattutto su Saviano. Io non ho
ancora avuto modo di leggerlo, ma devo dire che sono un po’ recalcitrante. Ho
ascoltato parlare lo scrittore, ma non mi ha convinto granché. Evidentemente,
non è ancora il momento di mettermi alla prova con Saviano: ho appena deposto l’ascia
per Humbert, ho bisogno di riposo. Gli altri titoli si concentrano su altre
tematiche, del tutto diverse, e mi domando che tipo di idea si è fatta del
nostro Paese l’ideatrice della sfida, tramite scritti così lontani tra di loro.
Naturalmente, per saperlo, potrei leggere anch’io quelle opere, e attingere
copiosamente dalla lista così generosamente preparata e pubblicata, per
curiosare nello stile e nei temi di nazioni
che conosco pochissimo, se non ricordi geografici risalenti alla scuola.
Leggere il mondo in un anno è sicuramente una gran bella sfida, e una
grandissima iniezione di cultura. Posso solo immaginare quanto dev'essere stato
meravigliosamente nutriente un giro di libri di questo tipo. Potrei sempre
colmare la lacuna, giusto? :-D
Mi hai regalato una risata: io ho il problema opposto!
RispondiEliminaSono tremendamente snob con gli scrittori italiani, trovo tutti i difetti possibili immaginabili.
E con i cosiddetti “emergenti” sono spietata; molti non conoscono l’italiano e pare nessuno abbia spiegato loro che tra italiano scritto e italiano parlato c’è differenza.
Traduco: non puoi presentare un elaborato come ti esprimessi colloquialmente.
Semplifico ulteriormente il concetto: non puoi scrivere come parli.
Piccola parentesi: troverai interessante il libro di Priya Basil, anglo-indiana (se non ricordo male)…
Tendevo a trascurare anch'io la narrativa italiana. Ho letto, però, qualche esempio che mi sta facendo cambiare idea. Una è Chiara Palazzolo, che scrive un italiano magnifico e tumultuoso. Fosse ancora tra noi, chissà cosa scriverebbe ancora...
EliminaSenza dubbio, italiano scritto e italiano parlato sono due cose diverse e tali devono rimanere. Non "dovrebbero": proprio DEVONO. E' ammessa l'intrusione della lingua parlata quando si deve riprodurre un tipo di parlata particolare, magari propria dei personaggi...ma il narratore deve essere rigoroso, per quanto creativo. Non sono incline alle polemiche sui generi letterari (YA, distopic, paranormal romance, e tutte le nuove diavolerie...), ma sulla lingua italiana e sulla narrazione, sì. Sono polemica, rigida e conservatrice. E nemmeno disposta a cambiare idea...
Ciao e grazie per essere passata al Moz o' Clock! :)
RispondiEliminaMi ha colpito il tuo spaesamento nel vedere i titoli italiani tradotti in altre lingue... e sai perché? Successe anche a me, specie coi film... Sembra che la dimensione italiana si perda :)
Moz-
Vero: sembra quasi di non riconoscere più quel pezzo di cultura tua. A me è capitato vedendo la traduzione in tedesco moderno della Divina Commedia in una biblioteca di Mainz, e ascoltando il doppiaggio in inglese (stranissimo caso) de La dolce vita di Fellini. Oltre alla nostalgia evocativa, continuavo a dirmi: c'è qualcosa che stona! :-D
EliminaArrivo qui dal linky party di Calendula e Cannella, ho dato un occhio veloce al tuo blog e mi sono subito aggiunta ai tuoi follower :) La lettura è una cara compagna che però negli ultimi mesi trascuro un po' troppo, spero che le tue recensioni mi facciano tornare la "fame" che ogni pagina divora :)
RispondiEliminaMe lo auguro anch'io...grazie per la visita!
EliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaCiao Loredana, è proprio una bellissima idea!
RispondiEliminaIn effetti anche io non mi pongo mai molte domande sulla provenienza dell'autore/autrice di un libro...la maggior parte dei libri che ho letto sono stati scritti da autori italiani, inglesi oppure americani ora che ci penso.
Immagino però che sia anche difficile trovare una traduzione in italiano per esempio dall'hindi a meno che questo non sia un best-seller.
Buona giornata e a presto!
Sabry
Io vado abbastanza sul sicuro, con gli autori americani. Quelli francesi finiscono poi per stancarmi, e quelli italiani spesso si "scrivono" addosso. Ho poca familiarità con gli spagnoli e i tedeschi, ma a questo si può rimediare...
EliminaNon è mica da scherzarci. Questa estate a Bratislava, a un meeting di couchsurfers, mi sono trovato a parlare di... mafia. Certe cose ci si sono appiccicate addosso e fanno parte dello stereotipo italiano, anche se la criminalità organizzata purtroppo c'è in mezzo mondo.
RispondiEliminaConvengo che è una di quelle cose che ti fanno sorridere a denti stretti. Almeno, è quello che ho fatto io per diverso tempo durante il mio Erasmus in Irlanda. Era molto, molto facile far scivolare la parola mafia quando qualcuno nato oltralpe, in qualunque direzione, si metteva a parlare con me. Il grottesco si è toccato una sera, quando, dopo l'accenno alla mafia, abbiamo iniziato a parlare dei propri stereotipi interni. Gli irlandesi citavano l'Ira, una ragazza tedesca raccontava di come si era quasi abituata a sentirsi dare della nazista, pur non essendo minimamente collegata (nemmeno per parte di avo) con gli svastikati. Il grottesco è arrivato quando abbiamo iniziato a confrontare l'entità del danno che ciascuna di queste presenze negative ha apportato alla nostra immagine nazionale, e quanto ha influito nei rapporti con gli stranieri. Tarantino sarebbe stato orgoglioso della piega assurda presa dalla conversazione.
EliminaQuesto è uno degli stereotipi che più profondamente si è radicato, pur essendo presente, come atteggiamento, in tutto il mondo. Vuoi ridere? La mafia russa si è ispirata nei suoi comportamenti ai film de Il Padrino, di Coppola. Non sapevo se piangere o se ridere, quando me l'hanno riferito.
Anche io, come altri commentatori, non mi pongo molto il problema della provenienza del libro. Ho solo notato, nel tempo, che adoro la narrativa ingelse (dall'Ottocento ai giorni nostri).
RispondiEliminaCiao.
...quella narrativa è speciale, sì. Io non sono riuscita a rivolgermi ad altro, per tanto tempo.
EliminaSinceramente, sono rimasta sorpresa e un po' delusa di non trovarci Italo Calvino, o Pirandello. Io li avrei consigliati, poi non so.
RispondiEliminaPer il resto, l'idea mi è piaciuta molto e, come te, anche io ho diverse lacune da colmare e mi illudo che un giorno potrò farlo. Come dice quell'aforisma: quando penso a tutti i libri che ancora ho da leggere ho la sicurezza di essere felice. Ecco appunto. :-)
Oggi, però, sono qui anche per un motivo "ufficiale": ti ho assegnato una nomination per il Versatile Blogger Award! Passa su Leggimi nel pensiero a ritirarlo! ;-)
http://ingranato.blogspot.ch/2013/10/io-e-il-versatile-blogger-award.html
Anch'io avrei consigliato qualche altro autore, magari anche più "classico". Concordo in pieno sull'aforisma, che si addice in pieno a chi passerebbe la vita a leggere!
EliminaNel frattempo, ti ringrazio tantissimo per il premio, mi fa un enorme piacere!