Un altro libro minuscolo, ma di grande fascino e potenza. La
scrittrice è Adriana Assini, l’autrice dell’inaffondabile GiuliaTofana (in anticipo di duecento anni sull’Inaffondabile Molly del
Titanic) passata qualche mese fa sulle pagine del Blog.
Quando l’ho letto, mi sono domandata se ci fosse spazio in questo tempo frenetico per
una favola sogno come questo libriccino, edito da Scrittura e Scritture, nella
collana I minuti, che ha fatto
vincere il Premio Cesare Pavese – Sezione inediti nel 2006 alla sua autrice. Una
favola che sa di antico, nelle parole e nel modo di far entrare nel proprio
mondo. Uno dei nomi che mi vengono da accostarle è Boccaccio. Una certa
atmosfera alla Boccaccio aleggia dolce, ma non per i motivi che solitamente si
attribuiscono a questo scrittore: non ci sono riferimenti erotici, ammiccanti o
maliziosi.
È vero che c’è anche la dolcezza dell’amore, ispirata dall’unico
personaggio femminile presente, l’enigmatica dama Bianca, ma è qualcosa che solletica
i sensi, la galanteria e trascende qualunque questione corporea. Il richiamo a
Boccaccio è nella struttura della storia, che sembra discendere direttamente
dalle novelle trecentesche: uno svolgimento di eventi quasi fiabesco, onirico,
con un finale molto reale, di “risveglio”, e anche molto istruttivo.
La storia inizia con una pestilenza, che fa strage di esseri
umani e animali nei reami d’Oriente, ad eccezione di un paese lontano,
lontanissimo, dove sembra che il Duca del luogo viva immune con la sua famiglia
e poche altre persone altamente selezionate, accuratamente rinchiusi nel suo
castello. Sembra una notizia così inverosimile, che sembra una burla. Una sera,
però, in una locanda arriva un giovane araldo elegante e dallo sguardo
sfuggente, che lancia una sfida ai presenti. Il suo signore, il Duca menzionato
sopra, è disposto ad aprire le porte del suo castello e accogliere coloro che
saranno tanto forti, coraggiosi e originali da affrontare il lungo viaggio
verso di lui, offrendogli in dono del vino. Un vino che dev’essere, però, di
qualità estremamente elevata, unica: egli è un conoscitore profondamente
appassionato, versato e competente in materia. Nessuno può permettersi di
ingannarlo o di rifilargli un prodotto scadente.
Spenta l’eco leggermente minaccioso del proclama, l’araldo sembra scomparire nel nulla, esattamente com’era arrivato. Gli avventori si guardano imbarazzati e timorosi l’uno con l’altro. Non sanno se il Duca esista sul serio, se davvero li può salvare dalla peste, chi l’ha mai visto? E poi, portare del vino ad un intenditore sopraffino come lui, con il rischio di essere rifiutati o peggio… no, è stato uno scherzo sicuramente.
Per quattro uomini, invece, l’invito è stato un segnale
serio, da accogliere e rispettare. Non si conoscono tra di loro, sono diversi
nell’aspetto, nei modi e nell’atteggiamento: un cavaliere in lucida armatura
temeraria, un monaco pensoso, un marinaio impaziente di muoversi, un mercante
timoroso di essere attaccato e derubato. Ciascuno di loro, nel proprio
equipaggiamento, ha una botticella o una piccola provvista di vino. Ciascuno di
loro confida nell’eccezionalità della propria bevanda, che potrà garantirgli la
sopravvivenza dalla temibile pestilenza. Uniscono le forze e le competenze, e
quasi per magia, si trovano alle porte del favoleggiato castello. Il Duca in
persona li accoglie con estrema eleganza e cortesia, li introduce alla sua
tavola, li presenta alla sua leggiadra e misteriosa figlia, bellissima e poco
disposta a farsi conoscere con il suo vero nome.
“So che non lo
crederete, ma il nome è il vero guardiano della nostra anima. Svelarlo agli
estranei potrebbe essere foriero della nostra stessa perdita.”
Questa potrebbe essere la descrizione migliore di questo
personaggio femminile che ispira con la sua sola presenza e che non necessita
di molte parole per infiammare l’immaginazione e i cuori dei quattro uomini,
ciascuno dotato di sensibilità per il bello e il dolce dell’esistenza. Scelgono
di chiamarla temporaneamente Bianca, per il suo incarnato e per le immense
qualità che sembra esprimere con la sua sola presenza, che raccoglie tutte
quelle che una donna d’alto rango, raffinata di modi e di spirito, dovrebbe
avere.
Tutti e quattro raccontano di sé e del vino che portano al
meglio delle loro capacità. Sono in gara, ma non dimenticano il fair-play. E il
Duca lo comprende e decide di dare una possibilità a ciascuno di loro… facendo
vivere loro un sogno. Scambia con loro una promessa, li inebria con la sua conoscenza smisurata e appassionata del vino e delle sue proprietà.
Ad ogni sogno segue un risveglio. Molto interessante, in
questo caso. Non ne parlerò, è necessario leggere il testo, che scorre veloce
come una favola e altrettanto istruttiva.
Mi sono risvegliata anch’io, come da un incantesimo, e mi
sono meravigliata di come l’autrice sia riuscita a farmici entrare
completamente, con pochi inviti gentili, con parole e modi antichi di secoli, e
stimolanti allo stesso tempo.
L’impressione che ho avuto, poco dopo, è stata quella di
aver fatto un corroborante viaggio nel tempo, in atmosfere non solo di altri
tempi, ma sospetto anche di altri mondi… in ogni caso, è stata una boccata d’aria
di stelle, un refrigerio dal caldo impossibile e stordente, un gentile invito a
ricordare che il sogno non è solo etereo, ma potrebbe essere solo l’inizio per
la costruzione di qualcosa di più reale e concreto.
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