Ricompare in queste pagine telematiche il nome di Jolanda
Pergreffi, garbata autrice di talento che conobbi al Salone del Libro 2016,
quando ebbi l’onore di presentare il suo primo romanzo edito da Spunto Edizioni, Il tempo dei papaveri. Verso domani è una perla appena pescata e messa qui in esposizione.
Come ho scritto nel titolo, è la dolcezza l’elemento di
spicco dell’atmosfera del libro, anche se le vicende raccontate ne hanno
davvero poca. Quando entriamo nel libro siamo a Torino, parecchi anni fa. Ci
passano davanti una bimba di nove anni, Cinzia, spaurita e rinchiusa in se
stessa, sballottata insieme ad una valigia da una giovane donna dall’aspetto
talmente determinato da diventare aggressivo. Dove corrono? A prendere un treno
che le porterà in un paesino della Sicilia, ad abitare in un castello. Se non
facessimo attenzione alle espressioni e agli abiti indossati dalle due,
potremmo pensare che questo sia l’inizio del seguito delle fiabe, quando la
donzella protagonista sposa il principe e si trasferisce nel suo castello a
vivere un’esperienza di serenità, balli, vita di corte, ricchezze.
Invece, da lettori attenti, ci accorgiamo subito che non è
così. La giovane donna si chiama Marta. Impossessatasi letteralmente di Cinzia
nell’orfanotrofio in cui andava a trovarla saltuariamente presentandosi come
“zia”, la sta portando di peso in Sicilia dove ha intenzione di farsi sposare
da un gentile e facoltoso barone, e trasformarsi istantaneamente in una gran
dama, ricca, benvoluta, accettata e ricercata in società. Marta è una ragazza
madre che ha subito il fortissimo ostracismo del suo intero paese per essere
rimasta incinta senza il sacro vincolo del matrimonio, cui si è aggiunto il
bando dei suoi stessi genitori, troppo scossi dalla vergogna sociale per
aiutarla e sostenerla. Ora è ferocemente alla ricerca di un riscatto agli occhi
di tutti, che ritiene di aver trovato nella persona del Barone, un vero
gentiluomo di aspetto e di valori, approfittando anche, in una certa misura, di
alcune sue debolezze. Venuta a sapere del suo desiderio di avere un figlio, la
ragazza tenta di “creare” una gravidanza ad hoc con l’aiuto di un medico
compiacente. Tuttavia, questo primo tentativo non va in porto.
Il Barone appartiene ad una famiglia ricca e rispettata,
radicata sul territorio e talmente attaccata alle tradizioni da sfiorare il
bigottismo e l’intolleranza verso chi non condivide quell’atteggiamento. Ed è quello
che subisce il nobiluomo, da parte della sua stessa parentela, e non solo
perché questa ragazza arrivista è piombata nei suoi possedimenti, comportandosi
da padrona e con una figlia al traino, chiaramente mirando a soldi e prestigio.
Il Barone stesso è un personaggio poco tradizionale, nei suoi desideri, nei
suoi comportamenti, e anche nei suoi amori. È un lato che emergerà poco per
volta nella narrazione, e gli daranno uno spessore inaspettato e piacevole;
sicuramente lo mettono nelle file dei rivoluzionari, se si pensa alla mentalità
chiusa e sbarrata dell’epoca. È un uomo capace di amore, molto amore; sarà
grazie a questa sua predisposizione d’anima che si soffermerà a guardare un po’
più da vicino Cinzia e a scoprire un’altra anima bisognosa di sostegno e di
quella cura amorevole che nessuno le ha dato, nemmeno l’ambiziosa Marta.
Poco per volta, qualcosa cambia in meglio nella vita di
entrambi, Cinzia e il Barone. La bimba vede peggiorare la sua tristezza e
spaesamento, a causa della diffidenza della poca servitù del castello e di
quella dell’intero paese. Lei è la figlia dell’arrivista Marta, la Bionda, come viene etichettata in modo
velocemente sprezzante, venuta per fare l’arrogante, la padrona, per far vedere
che lei è meglio. Niente di più lontano dallo spirito di Cinzia. Il Barone è
perso nella propria tristezza, e nei fumi dell’alcool con cui tenta di curarla,
e si occupa di pochissimo altro. Quella piccola presenza gentile e discreta, però,
opera la sua magia inconsapevole (Cinzia non vedrà mai la propria capacità
magica di attirare la benevolenza altrui, nemmeno in età adulta), per cui piano
piano comincerà a uscire dalla propria prigione di tristezza per poi
trasformarsi davvero, nel corso degli anni, in un padre reale e presente per la
bambina e poi giovane donna.
La trama si arricchisce di altri personaggi e altri colpi di
scena e rivelazioni, che non si possono enumerare tutti qui, senza far nascere
spiacevoli spoiler e sottrarre il gusto di una lettura in crescita.
Questo è un libro di crescita, infatti. I personaggi
crescono, si ampliano, si trasformano, imparano da se stessi e dagli altri, in
un modo anche non piacevole, ma sempre raccontato in modo garbato e attento. Se
dovessi rappresentarlo graficamente, con un’immagine, rappresenterei Verso
domani come una stanza da lettura ampia e confortevole, con tappeti morbidi per
terra, volumi colorati disposti ordinatamente negli scaffali, una tazza di tè
caldo e profumato sul tavolino, e un leggero sentore di lavanda nell’aria.
Discreto, sottile, occupato a rilassare e a creare conforto in chi entra in
quella stanza.
L’ho letto nel momento atmosferico peggiore, e mi ha portato
sollievo e refrigerio, con la sua delicatezza compatta e pratica. Ora che le
temperature si sono ammorbidite e la luce sta man mano diventando più calda,
perdendo la sfumatura crudele dell’estate piena, è un piacere anche aumentato
leggere queste pagine piene di sentimenti buoni e crudeli, garbo e valore,
indifferenza, gelo e crescita.
Leggetelo se volete un’esperienza di lettura piena, e volete
recuperare fiducia nella capacità di evolversi, ricredersi, ricominciare e
crescere.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.