lunedì 30 luglio 2018

Michel Bussi – Ninfee nere – All’ombra di Monet.

LoreGasp

All’ombra delle fanciulle in fiore, si potrebbe replicare. No, non è un dialogo tra due colossi dell’arte francese, praticamente coevi, ma una considerazione che mi è nata leggendo il titolo di questo spettacolare romanzo di Michel Bussi, edito da E/O. È uno di quei libri che non sapevo di dover leggere, finché non ho letto le prime pagine da fiaba nera:

 “Tre donne vivevano in un paesino. La prima era cattiva, la seconda bugiarda e la terza egoista. […] Tre donne vivevano in un paesino. La terza era quella con più talento, la seconda era la più furba e la prima era la più determinata. Secondo voi, quale delle tre è riuscita a scappare? La terza, la più giovane, si chiamava Fanette Morelle. La seconda si chiamava Stéphanie Dupain. La prima, la più vecchio, ero io.”

Ho saltato apposta un paio di pezzi, perché la musica di queste righe di introduzione dev’essere ascoltata tutta nella sua sinfonia sorniona, quasi irriverente. Parte noncurante, lascia cadere pezzi di informazione importanti, ma in modo trascurato, come gocce d’oro che cadono da un braccialetto in creazione. E anche in italiano, questa musica si sente benissimo, per cui complimenti vivissimi al traduttore! E ha una sua certa atmosfera da racconto gotico, alla Seconda-Edizione-dei-Fratelli-Grimm, che non può non solleticare le curiosità più accese di un lettore.

Dove si trovano queste donne, una di undici anni, l’altra di ventidue, l’altra di ottanta? A Giverny, paesino di ben 532 anime in Normandia, che è un inaspettato ombelico del mondo, perché vi dimorò l’immenso Claude Monet per tanto tempo. In quel posto si trovano le ispirazioni concrete dell’opera del pittore, nella sua natura immediata, talmente forti da attrarre folle di turisti da tutto il mondo, ansiosi di fotografare la casa rosa di Monet, ma anche di respirare l’aria magica che potrebbe, chissà, trasformare qualche allegro coloratore di tele in un invidiato e stimato pittore di talento.
Un piccolo, minuscolo mondo perfetto di talento e bellezza cristallizzato nel tessuto del tempo.

No. Non in questo romanzo.


Una bella mattina, in questo paesino da quadro impressionista (è il caso di dirlo, letterale, pur temendo il gioco di parole banalotto) viene gettato un cadavere. Qualcuno massacra con ferocia uno stimato oftalmologo con sede a Parigi, Jérôme Morval, e lo lascia immerso per metà nel leggiadro stagno pieno di ninfee oggetto della pittura prolifica di Monet. La vecchia signora che abbiamo conosciuto all’inizio lo ha trovato, ma a parte richiamare Neptune, il cane dell’intero villaggio che si ostina ad accompagnarsi a tutti gli esseri umani che incontra sul suo cammino, non fa altro. Continua la sua passeggiata come se niente fosse, e ritorna a casa sua, al Mulino delle Chennevières. Un nome poetico, da fata, per un edificio mezzo fatiscente che si vede appioppare il nomignolo “della strega” anche per via dell’anziana figura in nero che lo abita. È un personaggio importante, questa vecchia signora. È sua la voce che si alterna a quella di Michel Bussi nel raccontare la vicenda nera che prende le mosse da questo omicidio.

Il povero Jérôme non rimarrà solo a lungo. Mentre la vecchia signora rientra nel suo mulino, arriva la camionetta della polizia, e il nuovo ispettore Laurenç Sérénac, circondato dai suoi colleghi, tra cui si distingue Sylvio Bénavides. Questi due sono una bella coppia. Sono da tenere d’occhio. Tanto istrionico il belloccio Sérénac, tanto riservato e ricco di intuizioni geniali Bénavides. Sono due opposti che lavorano splendidamente insieme.

Le indagini partono, e già subito in salita. Cosa ci fa un oftalmologo, per giunta ricco e stimato, con sede a Parigi, a Giverny, e a testa in giù nello stagno più impressionista del mondo? C’entra qualche marito geloso, stufo di vederlo ronzare intorno alla propria consorte? Oppure un regolamento di conti, nato dalla passione smodata per l’arte (e soprattutto per le ninfee di Monet) del suddetto professionista? Eh, sì, perché l’intraprendente Morval intraprende tanto con le donne e tanto con l’arte. Non avendo scrupoli in nessuno dei due ambiti, provoca danni… uno anche a se stesso, quello peggiore, a giudicare dalle apparenze.

Ma non è finita qui.

Accanto alla pista dei mercanti e del mercato d’arte non troppo pulito, l’ispettore Laurenç non trascura la pista della gelosia maritale. E quasi subito la sua attenzione (e molto altro) viene catturata dalla bellissima Stéphanie Dupain, maestra elementare dall’aspetto e dalle movenze di fata, che molti indizi dipingono come una delle amanti dell’assassinato. Il marito, Jacques Dupain, è un agente immobiliare di scarso successo a Vernon, il paese vicino, ed è noto per la sua gelosia e il suo attaccamento alla bellissima Stéphanie.

Caso chiuso? No, dove sono le prove?

E poi non ci sono solo loro. L’introduzione parlava di tre donne. Due le abbiamo già incontrate, la vecchia strega e la giovane fata. Ora manca la bambina, Fanette, di straordinario talento artistico, padre sconosciuto e madre iper-protettiva, nonché impegnatissima a crescerla da sola con il poco che ha e che riesce a fare. Va a scuola, dipinge, ha talento, due amici che la adorano, Vincent e Paul, un’amica lamentosa, e un insopportabile saccentone, Camille. Ha gli occhi sognanti e un cervello sveglio in fermento, Fanette. Vuole partecipare ad un prestigioso concorso di pittura, L’International Young Painters Challenge, organizzato da una potente fondazione americana, che porterebbe il vincitore a frequentare una scuola di pittura di elevatissimo livello in America, con una borsa di studio. Che occasione d’oro, per questa piccola preziosa Fanette, così ansiosa di spiccare il volo sulle sue ali di velo!

Perché una bambina talentuosa e sognatrice dovrebbe essere importante per questa storia? Perché ha undici anni come il destinatario di una cartolina di auguri trovata nella tasca di Morval. Potrebbe essere la figlia non voluta?

Laurenç cerca l’undicenne, senza avere idea che si potrebbe trattare di una bambina. Non c’è alcun nome sulla cartolina, solo auguri e il numero 11. Che rompicapo!

Un delitto che avrebbe potuto essere abbastanza semplice da risolvere, si rivela un labirinto. Laurenç quasi ci perde la testa, se non fosse per Bénavides… perché il suo coinvolgimento diventa troppo personale e poco professionale. Ma non solo. Questa storia ha tantissimi fili, seppur pochi personaggi (niente a che fare con l’esercito di Stephanie Mailer), e tanti finiscono in nodi senza uscita. Sullo sfondo, le ninfee di Monet, i colori di Giverny, i musei e gli esperti che si contengono la palma per lo studio più accurato e veritiero della luce e dei colori di un pittore inimitabile, l’ansia di essere qualcuno di una ragazzina con le idee e la volontà troppo forti, la violenza brutale di un ottuso innamoramento che vuole possedere e ingabbiare.

Farà chiarezza Laurenç? Sì. Pagandola molto cara.

Sapremo noi com’è morto Morval e perché? Sì. E la soluzione ci coglierà impreparati, ci lascerà a bocca aperta e poi diremo: ah, quel Bussi. Me l’ha fatta alla grande.

E posso assicurare che è molto più grande di quanto posso averla raccontata io adesso.

2 commenti:

  1. Mi riconosco in pieno nella tua bella recensione, mi sono innamorata di questo libro così particolare e rileggerlo dopo aver visitato Giverny mi ha dato ancora più soddisfazione. Un gioiello, un perfetto meccanismo a incastro che si legge con avidità la prima volta, travolti dalla trama e dai personaggi, e che si centellina dalla seconda lettura in poi, quando il velo è caduto e il mistero si è sciolto, e il lettore si gode fino in fondo la maestria di Bussi e, come dici giustamente tu, la bravura del traduttore. Ce ne fossero più spesso di libri così! Buone cose! :-D

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    1. Che bello che hai potuto visitare Giverny! A me piacerebbe andarci, perché quella parte della Francia mi ha sempre attratto, e ora, dopo questo romanzo, ancora di più. Penso che lo rileggerò, come hai fatto tu, sai? Leggerlo una volta sola è poco, e la maestria di Bussi merita sul serio un esame approfondito. Buone cose anche a te!

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