Continua la voce di Marzia a raccontarci il secondo volume della trilogia dedicata a Merlino.
Potevo resistere al richiamo di Merlino?
No, anche se è maschilista come lo ricordavo; dice a Morgause, desiderosa di
“imparare la magia”, qualcosa come: <<è una cosa da uomini, una donna non
può portare un peso simile>>. A Merli’,
ti voglio bene ed hai ragione a non volere tra i piedi una serpe del genere, ma
vorrei darti un calcione!
Ho tirato giù gli altri libri. La
materia di cui sono fatti i sogni, già. Ed il mio sogno continua, anche se
inizia con le tinte fosche e minacciose dell’incubo.
Un mistico cristiano parlò de “la notte
oscura dell’anima”: un uomo di Dio all’improvviso non percepisce più la sua
presenza. Credo ogni comune mortale sperimenti questa sensazione, quale che sia
la religiosità. Fa parte del nostro essere: siamo sospesi tra il tutto ed il
nulla nelle difficoltà della vita e della storia.
Merlino, uomo di Dio, è solo e si sente
abbandonato nelle tenebre. Non ci sono più sogni, fiammate, né visioni, né rombi
di tuono o sussurri gentili nella brezza.
Il vuoto.
Dubbi e tormenti lo molestano finché non
sistema il piccolo Artù al sicuro, presso la sua vecchia balia.
<<Perché
hai quell’aria, Merlino? Ti ho visto quella stessa espressione poco fa. Che
cos’è?>>
<<Non
lo so…>> Parlai lentamente, gli occhi fissi sull’ultimo scintillio del
fuoco. <<Ho fatto quello che ho fatto perché Dio – qualunque dio egli sia
– mi ha spinto a farlo. All’improvviso mi ha detto che il figlio che Uther
avrebbe generato da Ygraine quella notte sarebbe stato il re di tutta la
Britannia, sarebbe stato grande e forte(…). Non ho fatto niente per mia volontà,
ma solo per questo, che la Britannia non precipitasse di nuovo nelle tenebre.
Mi è venuto così, dal silenzio e dal fuoco, e come una certezza. Poi non ho più
visto niente e non ho più udito niente>>.
La magia cresce come il grano sotto la
coperta di neve. Il sogno cresce, nonostante il divino silenzio. Anzi, quel
silenzio a volte può diventare un altro dono: ammettiamolo, Dio può essere un
po’ ingombrante! Lo stesso mago cresce.
Nel momento in cui Merlino è “solo” un
uomo, può dedicarsi a se stesso. Viaggia in Oriente, conosce altri popoli,
altre culture.
Il dono torna e può seguire a distanza
il futuro re, mentre si dedica alla ricerca della mitica spada da collocare al
posto giusto per il momento opportuno. E poi in incognito si avvicina ad Artù,
per prepararlo al futuro luminoso, ma gravoso, che lo attende.
Provo una tenerezza immensa per questo
Merlino: vede così lontano, ma gli sfuggono le piccole cose che ha sotto gli
occhi; pur avendo vissuto sulla sua pelle l’esperienza di un bambino senza
padre, non ricorda che un ragazzino ignaro vede un possibile genitore in un
nobile straniero, un valoroso soldato di passaggio o perfino uno studioso
musicista e cantastorie…
Era
come se non riuscisse a vedermi bene o come se mi stesse vedendo per la prima
volta e non riuscisse a mettermi a fuoco. Era uno sguardo sconfortante, e io
non mi lascio sconfortare facilmente.
<<Credevo
che tu fossi mio padre>>.
Era
come affrontare la spada di un avversario e scoprire che spada e nemico sono
semplici illusioni, ma nello stesso tempo accorgersi che il terreno su cui uno
si trova è solo un’infida palude.
(…)
Come tutti i bambini – come avevo fatto io – aveva detto poco ma aveva
aspettato, ponendosi continue domande.
Artù
doveva sapere. Andai subito al sodo e gli dissi la semplice verità. (…)<<Tutto
ciò che ti ho insegnato o detto è sintetizzato in te, proprio in te>>.
Alla
fine mi fermai e bevvi un sorso di vino. Egli fu pronto ad alzarsi e, prendendo
la caraffa, me ne versò dell’altro nel calice. Quando lo ringraziai, si chinò e
mi baciò.
<<Tu>>
disse piano <<tu, fin dall’inizio. Sono tuo quanto del re>>.
Allo stesso modo, non vede l’adolescente
Artù, “carico” dopo la vittoria della battaglia al fianco del re, pronto per la
trappola di Morgause. Potrà soltanto farne tesoro.
Dissi,
calmo: <<Artù. Sta’ fermo, adesso, e ascolta. Ti ho detto che quello che
è fatto, è fatto, e che gli uomini devono imparare ad accettare le conseguenze
delle loro azioni. Adesso ascoltami. Un giorno, presto, sarai il Sommo Re, e
come sai, io sono il profeta del re. Perciò stai a sentire la prima profezia
che io faccio per te. Quello che hai fatto, l’hai fatto in innocenza. (…) Ogni
uomo ha in sé il seme della propria morte e tu non sarai più che uomo. Avrai
ogni cosa, ma non puoi avere di più; e a ogni vita deve esserci un termine.
Quello che è accaduto stanotte è che tu stesso hai stabilito quel termine. Che
cosa potrebbe volere di più un uomo, che determinare la propria morte? Ogni
vita contiene una morte, come ogni luce un’ombra. Accontentati di stare alla
luce e lascia che l’ombra cada dove vorrà>>.
Ed un piccola rivincita con Morgause,
infuriata per essere stata allontanata.
<<Tu
non sei niente, Merlino, non sei niente, e alla fine sarai solo un’ombra ed un
nome>>.
Mi
fece sorridere. <<Pensi di spaventarmi? Vedo più lontano di te, credo, e
non sono niente, sì; sono aria e tenebre, una parola e una promessa. (…)Il mio
nome sarà solo una parola per canzoni dimenticate ed una logora saggezza; il
tuo nome, Morgause, sarà solo un sibilo nelle tenebre>>.
ehm...
RispondiEliminaquanto tempo ho per leggere il terzo libro?
non mi aspettavo di trovarmi già qua!
seriamente: dovresti rileggerlo, Loredana.
E' come ritrovare un vecchio amico...
Tutto il tempo che vuoi! :-)
EliminaAvevo pensato a parlare della trilogia, insieme ai libri di Marion Zimmer Bradley, perché tra le ossessioni del blog mancava quella per il ciclo arturiano. Penso che dovrò rimandare ancora un po' l'incontro...
Bellissimo!
RispondiEliminaAntonella