Confesso: ho preso il terzo libro con un
vago senso di nausea. Non ricordavo bene i dettagli e temevo di ritrovarmi
anche Lancillotto fra i piedi.
Ho sempre odiato il tizio e tutte le
manfrine da “amor cortese” a cui lo collego.
Mirabilia: Lancillotto non c’è! Sì, va
be’, Artù è cornuto e contento anche qua, ma sua maestà è felice: l’amico
d’infanzia consola l’adorata moglie, mentre è in “altre faccende affaccendato”…
chi sono io per intromettermi? E poi a me interessa Merlino, che ha appena
incoronato Artù.
<<Questa
non è una profezia.>>
<<Te
ne dispiace, Merlino?>>
Era
il re che me lo chiedeva, un uomo saggio quanto me; un uomo che sapeva guardare
oltre i problemi che lo assediavano e indovinare che cosa potesse significare
per me aggirarmi nell’aria morta laddove il mondo era stato un tempo un
giardino colmo del dio.
Riflettei
un poco prima di rispondergli. <<Non ne sono sicuro. Ci sono stati tempi
come questo prima d’ora, tempi passivi, il riflusso della marea; ma mai quando
ci trovavamo ancora prima di grandi avvenimenti. Non sono abituato a sentirmi
impotente e riconosco che non può piacermi. Ma se una cosa ho imparato negli
anni in cui il dio è stato con me, è di fidare in lui. Adesso sono abbastanza
vecchio per camminare tranquillamente, e quando ti guardo so di esser stato
esaudito. Me ne starò in cima ai monti e ti guarderò compiere l’opera per me. È
questa la ricompensa della vecchiaia.>>
<<Vecchiaia?
Parli come fossi canuto! Quanti anni hai?>>
<<Sono
abbastanza vecchio. Quasi quaranta.>> (scusate, ma qua
Amanita Marzia si sveglia: io sono ultra “quarampana”…a Merli’,
aripijate, eh!)
<<Ma
allora, per amor di Dio?...>> (appunto! E non mi citate il famoso
“nel mezzo del cammin di nostra vita” e relativo salmo a cui s’ispira.)
Così,
ridendo, superammo quel momento critico.
Avevo dimenticato parecchi particolari,
ma l’essenziale è rimasto impresso nell’anima e viaggia con me. Questo Merlino
non è “solo” un grande mago. È un grande uomo.
Per
la prima volta, dai giorni lontani in cui, seduto ai piedi del maestro, avevo
imparato l’arte della magia, avevo visto qualcuno che avrebbe potuto degnamente
imparare da me. Non come avevano desiderato imparare altri, per conquistare il
potere o perché lo trovavano stimolante, non per portare avanti qualche inimicizia
o soddisfare qualche personale avidità; ma perché aveva visto, oscuramente con
gli occhi di un bambino, che gli dei si spostano con i venti, parlano con il
mare e dormono con le erbe profumate, e che Dio è il compendio di tutto quello
che si trova sulla superficie della bellissima terra. La magia è la porta
attraverso la quale a volte può passare il mortale per trovare l’accesso a
quell’altro mondo. Io avrei potuto aprirgli quella porta e lasciargliene la
chiave.
Un uomo consapevole di un dono. Ed il
dono non è una proprietà privata. Forse per questo amo la versione della
Stewart: Niniane, Nimuë o la Dama, non è un’ambiziosa strega che raggira il
vecchio mago, ma l’erede scelta ed amata.
<<Prendila
così: quando la mia vita finirà, la tua deve cominciare. Andremo alla grotta,
ma alla fine del nostro viaggio. Prima di arrivare lì avremo viaggiato in lungo
e in largo, avremo visto molti luoghi e molte cose. Voglio che tu veda i luoghi
dove ho trascorso la vita e veda le cose che ho visto. te le ho raccontate per
quanto potevo; adesso devi vedere tutto ciò che sarò in grado di mostrarti.
Capisci?>>
<<Credo
di sì. Vuoi darmi la sintesi della tua vita, sulla quale costruire la
mia.>>
<<Proprio
questo.>>
Un Merlino così non muore. In alcune
zone a Sud Ovest della Gran Bretagna si tramanda che il mago si sia
“semplicemente” dissolto: torna ad essere parte degli elementi.
Un
alito notturno, come un sospiro, è scivolato in mezzo agli alberi festonati di
brina. Nella sua scia, flebilmente, non come un suono ma come l’ombra di un
suono, è giunto dall’aria un sommesso, dolce riecheggiare. Ho alzato la testa,
ricordando ancora una volta il bambino che, di notte, era stato in ascolto
tentando di sentire la musica dei corpi celesti, ma senza mai riuscirci. Adesso
eccola, tutt’intorno a me, una musica dolce, incorporea, come se la montagna
stessa fosse un’arpa per la brezza.
E qua ho pianto senza vergogna. La
“Liturgia delle Ore” della chiesa cattolica chiude la giornata dei religiosi con
Compieta: l’ultima preghiera, prima del Grande Silenzio, è il Nunc Dimittis (“Ora lascia, o Signore,
che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola…” Luca 2,29ss). Così nella
parte finale de l’Ultimo Incantesimo Merlino racconta:
Il
dio, che era Dio, in effetti aveva congedato il suo servo e lasciava che se ne
andasse in pace.
Ci sono sogni che svaniscono all’alba.
Altri sogni diventano leggenda.
Marzia
Marzia
Bella segnalazione !
RispondiEliminadetto da te suona come un gran complimento
Eliminagrazie!