Inizio a dire che non amo molto la poesia. I libri di
raccolte di poesie sono le ultime cose che leggo, e solo quando sono costretta.
Ritengo di non essere lirica d’animo a sufficienza per apprezzarle, nonostante
mi lasci colpire spesso e volentieri dalle emozioni. Questo libro, che
rappresenta la seconda tappa del Giro d’Italia Letterario, mi sta insegnando
una nuova definizione di poesia. E’ una poesia che percepisco nello stile
semplice e suggestivo e nel soggetto principale del libro, la montagna. Il sottotitolo
racchiude già l’essenza dello scritto: Quaderno di montagna. La voce narrante,
che con tutta probabilità appartiene allo stesso Paolo Cognetti, parte a
raccontare di un momento in cui anche lui, come un illustre compatriota vissuto
secoli prima, si ritrovò nel mezzo di cammin di sua vita, ché la diritta via
era smarrita. Trent’anni o poco più, sfibrato da una vita in corsa sempre
uguale, con voglia di progetti rasente lo zero, con troppe zavorre alle
caviglie, Paolo decide di ascoltare un’antica passione, un’antica voce che urla
rauca nel suo essere, che lo spinge fuori dalla città per piombarlo in un amore
provato da sempre, quello per la montagna e la sua vita. Ha una discreta somma
di risparmi, tanti libri da leggere, un desiderio lancinante di ritrovare la
voglia di scrivere andata persa sotto pensieri e preoccupazioni da logorio
della vita moderna. Apre la porta di una baita chiusa da diverso tempo, ed
entra in una nuova dimensione, fatta di silenzio innaturale di notte,
innumerevoli rumori e fruscii di vita durante il giorno, altri ritmi,
apparentemente lenti e misurati, rapporti umani stringati ma molto intensi con
i suoi occasionali vicini di casa (per modo di dire: non ci sono vie lastricate
di marciapiedi, palazzi combacianti e appiccicati l’uno all’altro, ma valli e
vallette, piccoli boschi o crinali a separarli), e rapporti sui generis persino
con gli animali che ogni tanto si fanno vivi nei suoi dintorni: una lepre
occasionale, i cani pastore delle mandrie, qualche cerbiatto predatore di erba
fresca. Ho letto questo libro in
silenzio. E non mi riferisco solo al silenzio esterno (niente radio,
televisione o brusio umano da pullmann/treno), ma anche a quello interno.
Capita, ogni tanto, che il libro che si sta leggendo faciliti altre riflessioni
in sottofondo, poiché la nostra mente fantastica è in grado di ospitare milioni
di pensieri, immagini e ricordi tutti in una volta. In questo caso, mi sono
disposta ad ascoltare e basta. Tutte le domande o le riflessioni che nascevano,
venivano zittite e rimandate ad altro momento: durante la lettura era
importante per me, cogliere lo spirito di quelle parole semplici e rotonde, di
quei sentimenti calmi e corroboranti al tempo stesso. L’autore parla di un
tormento, di un blocco nella sua vita, che riesce a sciogliere piano piano, pur
sentendosi sconfitto, immergendosi in un’altra vita e nel mettersi continuamente
alla prova sullo sfondo di un ambiente che non fornisce tanti aiuti, che è
meraviglioso ma esige una conoscenza approfondita ed elastica per poterci
sopravvivere e per poterne godere. Se amate la montagna, e ogni volta che
potete vi immergete nei suoi silenzi, troverete un fratello in questo libro. Altrimenti,
potrebbe essere un po’ difficile apprezzarne la mancanza di azione
(spericolata, almeno) e le descrizioni profonde e molto sentite di paesaggi,
animali e piccola vita apparentemente semplice.
hai colto proprio nel segno: questo Quaderno, un intimo diario ricco di poesia. E scrivere in modo così spontaneamente semplice ma di profondo spessore, è uno dei pregi dell'autore che tu hai saputo cogliere nella sua essenzialità.
RispondiEliminabuon inizio di settimana
Simonetta
Grazie, anche a te! Penso che ogni tanto lo rileggerò, soprattutto come antidoto alle brutture che quotidianamente vedo arrivare nel mio spazio vitale grazie a tg, o articoli che istigano alla depressione e alla rabbia. Il potere curativo dei libri sta anche nella capacità di farti vedere il lirismo dell'animo umano, che tanto spesso va perso o inosservato.
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